Già docente di latino e greco nei Licei Rambaldi di Imola, Minghetti e Galvani di Bologna, docente a contratto nelle università di Bologna, Bolzano-Bressanone e Urbino. Collaboratore di vari quotidiani tra cui "la Repubblica" e "il Fatto quotidiano", autore di traduzioni e commenti di classici (Edipo re, Antigone di Sofocle; Medea, Baccanti di Euripide; Omero, Storiografi greci, Satyricon) per diversi editori (Loffredo, Cappelli, Canova)
NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica
Ciclo di incontri alla biblioteca «Ginzburg». Protagonisti della storia antica
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domenica 26 agosto 2012
Elogio della bicicletta - di Giovanni Ghiselli
Luoghi comuni, conformismo e paura della libertà. Festival rossiniano e Festival della parola.
“Non c’è nulla che mi faccia perdere la calma come vedere venire avanti uno con un luogo comune insignificante, quando io parlo con il cuore in mano” .
Il parlare per luoghi comuni è un orribile difetto, anzi è un vizio che deriva da mancanza di intelligenza, coraggio e buon gusto. E’dunque un segno di stupidità, un predicato di viltà e volgarità.
“Il bruto è il più tenace servo dell’assuefazione” .
Quali sono oggi i luoghi comuni più comuni?
Quelli che tolgono valore all’educazione, alla cultura, agli affetti, alla salute, alla bellezza: insomma all’anima e al corpo dell’uomo. Il modo di pensare più diffuso potrebbe essere definito “anti-umanesimo”. Unici valori per i più, a partire dai politici, cattivi maestri, latori di pessimi esempi, e dalla televisione che è la loro cassa di risonanza, sono il denaro e i connessi “vendere, comprare, sviluppo”. Uno “sviluppo” che Pasolini contrapponeva al “progresso” come valore morale.
Uno sviluppo privo di carità.
Adesso, mentre ci spellano con le tasse, parlano in continuazione di necessaria “crescita” e con questa intendono esclusivamente l’ aumento del PIL. La gente deve comprare perché crescano la produzione e il lavoro.
La crescita in termini culturali, morali, estetici, ossia nei termini effettivamente umani di sapere, di onestà e di bellezza non viene nemmeno considerata.
Se parte della popolazione non sa più parlare, se non è in grado di esprimere sentimenti, e un poco alla volta perfino di averli, se ha la testa vuota di idee, se muore di cancro per l’inquinamento, se viene decimata dalle macchine, non ha importanza: quello che conta è che il PIL cresca, che si vendano più automobili, motociclette, telefonini e così via.
Faccio degli esempi tratti da quanto ho avuto sotto gli occhi in questo periodo.
Mi trovo a Pesaro, la mia città di origine, dove rimarrò tutto il mese di agosto, per fare qualche nuotata, alcune letture anche impegnative, un poco di corsa e di bicicletta. Con impegno pure l’esercizio fisico, l’ascesi somatica.
Insomma credo nelle auree parole di Giovenale “mens sana in corpore sano”. Anche questo è un luogo comune, ma è positivo in quanto favorisce vita. A Pesaro abito in centro: vicinissimo al mare e alla piazza del Popolo, quella dei discorsi di Mussolini sulla lira e, recentemente, del “buon” Napolitano su non so che cosa.
Ebbene, nel centralissimo Viale della Vittoria, dove dimoro d’estate, vanno e vengono, non uomini e donne che parlano di Rossini, bensì motociclette a ogni ora del giorno e della notte, lanciate a tutta velocità con rumori spesso assordanti. Nessuna limitazione o sanzione viene mai imposta all’orda barbarica di questi disturbatori scatenati. Sanzionare tali molestie pesanti oggi non è di moda. In compenso, se si sorride a una donna o le si dice: “sei bella e fine!”, si rischia di andare in galera.
Sul finire dell’estate qui a Pesaro è esplosa una caccia alle streghe contro le scorrettezze dei ciclisti indisciplinati, che vengono multati da guardie molto solerti, attenti esaminatori delle biciclette, e implacabili repressori di chi pedala “mettendo in pericolo le vite di automobilisti e motociclisti” (sic!). Questo è l’allarme rosso.
Pattuglie di vigili attenti aspettano il vento da poppa, cioè il via del questore e scattano rapida mente. Il furto delle biciclette invece poco ci manca che venga incoraggiato, qui come a Bologna dove me ne rubano ogni anno tre, a dir poco.
La bicicletta, dovunque vada, non inquina e non ammazza nessuno, anzi fa bene a chi la usa e andrebbe incentivata come mezzo di trasporto e veicolo delle vacanze. Sono anni che faccio le ferie di luglio pedalando per quindici giorni con tre amici.
Facciamo centinaia di chilometri in due settimane.
In Grecia, nel Peloponneso: a Olimpia per i frontoni mirabili del tempio di Zeus e per la grazia di Prassitele, poi sulle montagne, fino al tempio di Apollo Epicurio e al Taigeto, quindi a Epidauro per vedere l’Antigone, o l’Alcesti recitate in greco, e a Micene per osservare la cupa rocca di Agamennone e pensare alla vita umana come problema.
Oppure pedaliamo nella Grecia centrale, verso Atene per l’acropoli e i Musei, poi andiamo al santuario di Delfi a pregare, e scaliamo il monte Parnaso sacro alle Muse; oppure sbarchiamo a ovest e andiamo a Dodona per consultare l’oracolo più antico e scrutare il destino, quindi ci indirizziamo a nord, nella veneranda valle del Peneo, base bellissima dell’Olimpo, terra colma di prosperità e di florida fertilità , quindi scaliamo l’Olimpo stesso in una nobile gara benefica per la salute, un agone patrocinato dagli dèi . Dappertutto ci sono dèi e noi li sentiamo vicini, e li preghiamo, sapendo che se gli dèi sono più umani, gli uomini sono più divini. Per questo Cristo si è fatto uomo.
Sappiamo che negare gli dèi è odiosa sapienza . E’ il sapere miope dei tecnocrati che negando la carità e la compassione, negano dio.
Oppure percorriamo la costa dell’Asia minore colonizzata dai Greci: andiamo a Smirne, a Efeso, a Pergamo e a Troia per commuoverci sulla sorte di Ettore e delle care Troiane prigioniere di guerra della tragedia di Euripide. Del resto siamo andati anche in Ungheria, a Budapest, poi fino a Debrecen, cittadina universitaria cara alla mia gioventù, attraverso la puszta, la pianura senza alberi dove il sole cala di sera come un uccello stanco del volo.
Facciamo questo da molti anni e ne andiamo fieri. Non ce ne stanchiamo. E’ un’esperienza dopo la quale, automobili, motociclette e motorini appaiono quali strumenti per gente debilitata o malata. Del resto la bici è terapeutica: fa bene a chiunque la usi, e pure i poco sani, di corpo e di mente, ne trarrebbero grande beneficio.
Il giorno di ferragosto sono andato in bicicletta da Pesaro a Sansepolcro, come sempre privo di telefonino, per onorare i miei morti e rivedere i quadri di Piero della Francesca. Ho percorso in solitudine l’itinerario della pietà, una strada piuttosto sconnessa, molto calda e pressoché deserta, quasi un santuario del silenzio. Ma non avevo paura. Nemmeno verso sera, quando alle spalle ho sentito latrati sinistri di cani infuriati che mi hanno inseguito a lungo, senza raggiungermi.
Avevo e sentivo la protezione dei miei morti: loro sono vissuti per me.
Io ci credo.
Credere nell’immortalità dell’anima infatti è un rischio bello , dice Socrate nel Fedone.
Dovevo arrivare al cimitero di Sansepolcro, prima che lo chiudessero.
Alla tomba dei miei cari e dei miei antenati, un altare per me.
Il giorno dopo ho allungato la via pietatis, salendo, sempre in bici, sulla Verna, il “crudo sasso intra Tevero e Arno” dove Francesco prese da Cristo l’ultimo sigillo, ossia ricevette le stimmate.
Il santo di Assisi amava la vita e non aveva bisogno di cose non necessarie per sentirsi in sintonia con la bellezza del creato.
Ma ora l’amore per la vita, l’armonia con il cosmo, l’attenzione per gli altri uomini e per la natura sono ritenute stravaganze sospette, se non addirittura colpevoli aberrazioni. Perfino rispondere al sorriso di un bambino può essere pericoloso. La pubblicità inculca nelle povere teste, nelle teste dei poveri in primis, l’idea che la felicità consiste nel comprare sempre di più, riempire la propria dimora, magari un antro malsano, di cose prevalentemente inutili, o addirittura nocive.
Nessun libro, ma diversi televisori e telefonini. Più sono frustrati, più sprecano.
Se ci fosse maggiore simpatia tra gli esseri umani, come ricordo c’era negli anni Settanta (ora è un vecchio che scrive, uno pieno di anni, che pedala lieto, nuota, corre, studia e ama tuttavia ) la povera gente non cadrebbe nella trappola delle menzogne e pubblicitarie piene di calunnie nei confronti della vita. Tutte falsità che hanno presa sui cervelli bolsi o malsani. Propaganda malata di un mercato malato che si rivolge a gente malata. Presto imploderà.
I mezzi di informazione diffondono la paura e divulgano tra il volgo più sprovveduto e ignorante il messaggio che l’uomo è lupo per l’uomo.
Calunniando i lupi oltretutto. Sono meno feroci dei cani ammaestrati, da padroni violenti, che, per difendere la loro misera roba, li aizzano ad ammazzare chiunque capiti a tiro, compresi i viandanti. E i ciclisti, sempre esposti ad ogni violenza.
Più in generale: il vero vetitum ora è la simpatia tra gli umani, mentre l’imperativo è “temere il prossimo come potenziale nemico”, e “comprare le cose”, anzi vendere se stessi per comprare le cose.
Diffidare comunque di uomini e donne, perfino dei bambini, ma fidarsi del mercato e della pubblicità.
“Sono uomo ma tutto ciò che è umano non mi riguarda”. Potrebbe essere il motto antiumanistico dei nostri tempi. Oppure: “sono qua sulla terra non per amare e fare del bene ma per consumare”.
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Altra considerazione: il difettoso rispetto della mente e dell’anima si stampa in caratteri grossi sul corpo che è la dimora terrena della psiche.
La spiaggia è piena di obesi, uomini soprattutto, ma anche donne e perfino bambini. Teste svigorite e vuote. Parole insignificanti. Corpi enfatici, gonfi.
La gente depressa sente un vuoto interiore. Vuoto di umanità, di affetti, di amore, e cerca di riempirlo con il mangiare, il consumo più a portata di mano. Stanno ore e ore in automobile, magari con il telefonino all’orecchio, atto pericoloso e proibito che mai viene sanzionato dai vigili in questo caso per niente attenti e solerti. Poi mangiano a dismisura. Sulla riva del mare c’è una mostra continua, non di ostensori con immagini belle e sante, ma di pance vergognose, simili a quelle dei porci.
Sconcio in greco equivale a non somigliante . Sconcio è infatti l’uomo che non assomiglia a se stesso, all’essere umano che è.
Ancora una riflessione. Pesaro è la città di Rossini, un onore per noi Pesaresi. In agosto qui c’è un festival, rossiniano appunto, di alto livello. Ebbene, il teatro e l’Arena Adriatica si riempiono di spettatori, ma tra questi, gli Italiani sono una minoranza. In compenso si vedono tanti Orientali e stranieri in genere.
Il ROF è comunque una cosa bella, un vanto per Pesaro.
Bello era anche il Festival della parola che l’anno scorso riunì studiosi di valore nella nostra cittadina e fece girare parole significative e idee lontane dai luoghi comuni delle teste vuote o mal fatte. Quest’anno l’amministrazione non ha concesso il denaro necessario al convegno filologico.
La cultura non si mangia, l’arte nemmeno, diceva un ministro ignorante e imbecille della nostra repubblica.
L’arte infatti si oppone ai luoghi comuni della volgarità vigente: “Ogni grande libro spira questo amore per i destini dei singoli individui che non si adattano alle forme che la collettività vuole loro imporre… per di più una poesia col suo mistero trafigge da parte a parte il senso del mondo, attaccato a migliaia di parole triviali, e ne fa un pallone che se ne vola via. Se questo, com’è costume, si chiama bellezza, allora la bellezza dovrebbe essere uno sconvolgimento mille volte più crudele e spietato di qualunque rivoluzione politica! ".
Credo che ci siano ancora non poche persone in grado di capire e condividere quanto scrivo. Ma il conformismo plumbeo che opprime la gente, ne schiaccia l’intelligenza e la volontà: sicché un poco alla volta vanno perdute la capacità di pensare con la propria testa e la volontà di reagire con sdegno. I poveri che sono tanti, sempre di più, si vergognano di essere tali, e invece di contestare il sistema che li umilia, che non dà le stesse opportunità a tutti, che non consente di studiare ai loro figli anche se sono capaci e desiderosi di farlo, i poveri dunque e i quasi poveri, la maggioranza oramai, cercano di scimmiottare quelli meno poveri, mentre vengono spinti da una propaganda odiosa ad aborrire e a differenziarsi da quelli più poveri. Magari si indebitano per mandare i figli a scuola di equitazione, sperando che gli odiosi vicini li considerino, con invidia, emuli di Alessandro Magno. Dilaga lo snobismo, ossia la maleducazione per cui si vuole apparire più ricchi e importanti di quello che si è.
Del resto alcuni delitti li ha resi onesti il successo, agli occhi dei più.
Lo vedeva già Seneca : “honesta quaedam scelera successus facit ” (Fedra, 599).
Il filosofo che cercò di educare Nerone, invano, si intendeva degli arcana imperii. Il segreto del potere è sempre quello di spaventare e dividere per comandare: abolire la solidarietà tra gli uomini per assoggettarli. Aizzare i penultimi a odiare gli ultimi inoculando il germe della paura di perdere quel pur misero posto nella graduatoria dei disgraziati.
L’onesto Francesco non si vergognava di essere figlio del mercante Pietro Bernardone, però scelse di non condividerne la ricchezza e volle stare con gli ultimi. Si parva licet componere magnis , se si possono paragonare le cose piccole con le grandi, mi metto anche io da quella parte.
Adesso la depressione vera è innanzitutto quella morale, poi quella culturale e quella estetica. Se il logos, l’etica e il senso del bello verranno annientati dalla tirannide del mercato e degli strozzini, tale annichilimento distruggerà a sua volta chi l’ha programmato: non funzionerà più niente, nemmeno le banche e le macchine. Monti, i suoi complici e i suoi mandanti hanno già tutta l’aria degli apprendisti stregoni.
Giovanni ghiselli g.ghiselli@tin.it
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