NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

Ciclo di incontri alla biblioteca «Ginzburg». Protagonisti della storia antica

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sabato 1 dicembre 2012

Contro la pena di morte - di Giovanni Ghiselli













Ho sentito che al Colosseo c’è
una
 manifestazione contro la pena di
morte.


Sacrosanta adunata di persone per
bene, da approvare senza riserve, da parteciparvi. Voglio prendervi parte con
questo modestissimo contributo da antichista, ricordando espressioni di autori
appunto antichi, eppure più civili, umani e moderni degli attuali fautori della
pena di morte.






Infatti c’è ancora gente  che considera un atto di giustizia il vero e
proprio omicidio che è l’esecuzione capitale. Sono gli stessi uomini disumani
che  plaudono ai bombardamenti sulle
abitazioni civili in nome della democrazia.


Lo
spargimento a terra del sangue umano è un’empietà tra le più terribili. C'è una
simpatia organica che lega tutti i viventi alla madre terra. Questa si offende
se una sua creatura viene ferita: "una
volta caduto a terra nero/sangue mortale di quello che prima era un uomo,
chi/potrebbe farlo tornare indietro cantando?" domanda il Coro dell'
Agamennone di Eschilo (vv.1019-1021).


E
nelle Coefore:" quale lavacro
c'è del sangue caduto nel suolo?" (v. 48).


Alla fine dell’Orestea, Oreste, che pure ha ucciso la propria madre, non viene
condannato a morte, e le Erinni, le dèe della vendetta, sopravvivono come
Eumenidi, cioè le Benevole.


 “Dopo l’intervento razionale di Atena, le Erinni-forze
scatenate, arcaiche, istintive, della natura-sopravvivono: e sono dee, sono
immortali. Non si possono eliminare, non si possono uccidere. Si devono
trasformare, lasciando intatta la loro sostanziale irrazionalità: mutarle cioè
da “Maledizioni” in “Benedizioni”. I marxisti italiani non si sono posti,
ripeto, questo problema”[1]





Quando Caino ebbe
ucciso Abele, Dio gli pose un suo segno perché tutti vedessero che apparteneva
a lui e nessuno lo colpisse. E stabilì che chiunque avesse ucciso Caino avrebbe
subito la vendetta sette volte (Genesi,
4, 23).





La
pena di morte è l’attualizzazione nefanda dei barbarici, orrendi sacrifici
umani.


Contro questi si esprime umanamente  la vecchia regina troiana nell'Ecuba
di Euripide che accusa la disumanità dei vincitori:"forse il
dovere li spinse a immolare un essere umano/presso una tomba, dove sarebbe più
giusto ammazzare un bue? (vv. 254-261).


Ma adesso è di moda l’animalismo
per cui tanti seguaci e servi del modo di pensare dei più, esecrano
maggiormente l’uccisione di un cane che quella di un uomo.


Poco più avanti Ecuba, che ha
visto morire innumerevoli persone in guerra e nell’eccidio di Troia, supplica
Odisseo di non uccidere la figlia Polissena con un verso che è un'alta
espressione di umanesimo in favore della vita: " non ammazzatela: ce ne
sono stati abbastanza di morti (v. 278).


Oggi la vita non viene rispettata
come il valore supremo e chi guida le automobili ha praticamente la licenza di
uccidere ciclisti e pedoni. Non ne sono morti abbastanza?


Perché  nel femminicidio, giustamente esecrato, non
vengono contate le ragazze, le donne incinte e non incinte, le anziane uccise
dalle macchine a centinaia ogni anno?


Nelle tragedie di Seneca che
inorridiva davanti ai circenses dove
l’eterna plebe dell’epoca di Nerone assisteva a veri e propri omicidi, godendone,
 torna l’abominio dei sacrifici umani che
sono gli antecedenti della barbarica pena di morte. L’uomo ha inventato bibbie
e bombe: è stato mostruosamente grande quando ha fatto alcune scoperte, ed è
diventato un mostro facendone un uso omicida.


Nelle Troiane, Agamennone prende
posizione contro lo spietato Pirro che esige il sacrificio di Polissena: "
tutto ciò che può sopravvivere di Troia sconvolta, rimanga: è stato fatto
pagare abbastanza in fatto di pene, e anche troppo. Non sopporterò che la
ragazza figlia della regina muoia, e la sua vita sia donata a una tomba, e  spruzzi di sangue  le ceneri, e 
chiamino cerimonia nuziale il crimine atroce di un assassinio: la colpa
di tutti i misfatti ricade su me: chi non impedisce un delitto, quando può, è
come se lo avesse ordinato (vv.285-291).


Se deve essere fatto un
sacrificio in onore di Achille, continua il dux, "caedantur
greges/fluatque nulli flebilis matri cruor
" (vv. 296-297), si
ammazzino animali del gregge e scorra il sangue che non faccia piangere nessuna
madre umana.


Ma adesso le madri umane vengono
protette meno delle mamme gatte e delle mamme cagne.





Giovanni Ghiselli  g.ghiselli@tin.it











[1]
P. P. Pasolini, Le belle bandiere, p.
54.




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