sabato 4 maggio 2013

Per Laura Boldrini. Contro il razzismo della guerra tra i sessi


Ha detto bene Laura Boldrini: è necessaria una battaglia culturale, una guerra alla guerra contro le donne. Alle contumelie si può replicare con l’ironia o con il gettito nella spazzatura,  alle violenza fisiche di cui purtroppo sono piene le  cronache si deve rispondere con l’educazione preventiva, e, se questa non basta, con  la repressione. Il fatto è che l’uomo ignorante e rozzo d’animo vive il rifiuto da parte della donna, di qualsiasi donna cui aspiri, come una frustrazione intollerabile, come una lesione della propria identità maschile che, secondo un modo di pensare primitivo e irrazionale, dovrebbe essere prevalente ed esercitare diverse forme di supremazia sulla femmina umana.
Se poi questa è di aspetto più che gradevole, di stile sobrio ed elevato  e per giunta di successo, come è l’attuale presidente della Camera dei deputati, il bruto, ossia il maschio brutale, non ha nessuna possibilità di contattarla se non minacciandola e turbandola. Non conosco personalmente la Boldrini, ma so per esperienza che con donne di tale levatura, il contatto umano, quello reale, è possibile solo dando prova di intelligenza, magari non senza genio, di sensibilità, delicatezza, cultura, capacità e altre doti del genere. Chi non le ha, eppure desidera tali creature, urla, sbraita, offende, minaccia, talvolta colpisce. Credo del resto che più in generale tutte le donne, o quasi, vengono impressionate positivamente dalle doti caratteriali dell’uomo, quando ci sono. Ricorrono alla violenza quelli che non hanno niente di buono e di bello da offrire.

Sbagliava Cesare Pavese scrivendo che è sciocco chi pensa di attirare una donna con lo spettacolo dell’intelligenza[1], o affermando che "sono un popolo nemico, le donne, come il popolo tedesco"[2]. Falsa affermazione dalla quale  si capisce quanto di razzistico c’è nell’odio per l’altro sesso Sono i maschi violenti e frustrati che le rendono nemiche le donne.
Questo scrittore misogino e suicida è emblematico della frustrazione sessuale che porta a odiare le femmine umane, ed è un epigono di una tradizione di antifemminismo che risale a Esiodo[3] e al mito di Pandora, il “bel malanno”[4], o a quello di Eva. Lunga è la fila degli scrittori, per altri versi anche bravi, che hanno decretato l’inferiorità delle donne, la loro malizia, perfidia e via dicendo. E’ la paura della vitalità e della naturalezza della donna che porta a tali conclusioni.

Vediamone alcuni esempi:

La paura della donna suggerisce  a Catone alcune parole  sulla  necessaria sottomissione della femina  al fine di tenere sotto controllo una natura altrimenti riottosa e sfrenata.
Così si esprime il Censore quando parla, nel 195 a. C., contro l'abrogazione della lex Oppia  che, dal 215, imponeva un limite al lusso delle matrone[5] le quali erano scese in piazza proprio per manifestare a favore dell'annullamento della legge: "Maiores nostri nullam, ne privatam quidem rem agere feminas sine tutore auctore voluerunt, in manu esse parentium, fratrum, virorum... Date frenos impotenti naturae et indomito animali et sperate ipsas modum licentiae facturas… Omnium rerum libertatem, immo licentiam , si vere dicere volumus, desiderant… Extemplo simul pares esse coeperint, superiores erunt"[6], i nostri antenati non vollero che le donne trattassero alcun affare, nemmeno privato, senza un tutore garante, e che stessero sotto il controllo dei padri, dei fratelli, dei mariti... Allentate il freno a una natura così intemperante, a una creatura riottosa e sperate pure che si daranno da sole un limite alla licenza... Desiderano la libertà, anzi, se vogliamo chiamarla  con il giusto nome la licenza in tutti i campi… Appena cominceranno a esserci pari, saranno superiori.
Le usanze come quella che una moglie non doveva essere più vecchia del marito, né di posizione sociale superiore, né più colta, tradiscono la convinzione che gli uomini non sono in grado di competere con le donne a livello di parità; le carte vanno prima truccate, l'uomo deve ricevere un vantaggio.
Come in una corsa a handicap dove l'handicappato è l'uomo.
Lo afferma apertamente Marziale[7] nella clausula di un suo epigramma: "Inferior matrona suo sit, Prisce, marito: / non aliter fiunt femina virque pares"[8], la moglie, Prisco, stia sotto il marito: non altrimenti l'uomo e la donna diventano pari.

Non mancano nella letteratura alta personaggi che arrivano a concepire la fantasia contro natura di mettere al mondo dei figli senza le donne, a partire da Ippolito di Euripide che dice:
"O Zeus perché ponesti nella luce del sole le donne, ingannevole male per gli uomini (
kivbhdlon ajnqrwvpoi~ kakovn)?  Se infatti volevi seminare la stirpe umana, non era necessario ottenere questo dalle donne, ma bastava che i mortali mettendo in cambio nei tuoi templi oro e ferro o un peso di bronzo, comprassero la discendenza dei figli, ciascuno del valore del dono offerto, e vivessero in case libere, senza le femmine. Ora invece appena ci accasiamo con  quel malanno, sperperiamo la prosperità della casa" (Ippolito, vv. 616-626).
Tanta malevolenza non si trova solo nella “mia” letteratura antica.
Nell'Orlando furioso[9] di Ludovico Ariosto troviamo echi di questo risentimento contro le donne, messi in bocca al personaggio di Rodomonte, scartato da Doralice.
Prima il "Saracin" biasima l'instabilità e la perfidia delle donne: "Oh feminile ingegno, - egli dicea - / come ti volgi e muti facilmente[10], / contrario oggetto a quello della fede! / Oh infelice, oh miser  chi ti crede!" (27, 117).
Quindi Rodomonte aggiunge il motivo esiodeo della femmina umana imposta come punizione all'umanità maschile: "Credo che t'abbia la Natura e Dio / produtto, o scelerato sesso, al mondo / per una soma, per un grave fio / de l'uom, che senza te saria giocondo: / come ha prodotto anco il serpente rio / e il lupo e l'orso, e fa l'aer fecondo / e di mosche e di vespe e di tafani, / e loglio e avena fa nascer tra i grani" (27, 119). Infine l'amante infelice rimprovera la Natura, come fanno Ippolito e Giasone[11], poiché costringe gli uomini a mescolarsi con le donne per la riproduzione: "Perché fatto non ha l'alma Natura, / che senza te potesse nascer l'uomo, / come s'inesta per umana cura / l'un sopra l'altro il pero, il sorbo e 'l pomo? / Ma quella non può far sempre a misura: / anzi, s'io vo' guardar come io la nomo, / veggo che non può far cosa perfetta, / poi che Natura femina vien detta"(27, 120).

Nel Cimbelino[12] di Shakespeare, Postumo, che si crede tradito da Imogene, impreca contro le donne e la necessità di mettere al mondo i figli con loro: “Is there no way for men to be, but women - Must be half-workers? We are all bastards ,- And that most venerable man, which I - Did call father, was I know not where - When I was stamp’d” (II, 4), non c’è modo per gli uomini di esserci, senza che le donne facciano metà del lavoro? Noi siamo tutti bastardi, e quell’uomo rispettabilissimo che io chiamavo padre, era chissà dove, quando io fui coniato.
Cimbelino continua maledicendo le femmine umane e attribuendo loro tutti i vizi: “That tends to vice in man, but I affirm - It is the woman’s part: be it lying, note it, - The woman’s: flattering, hers; deceiving, hers: - Lust, and rank thoughts, hers, hers; revenges, hers; -Ambition, covetings, change of prides, disdain, - Nice longing, slanders, mutability; - All faults that name, nay, that hell knows, why, hers - In part, or all: but rather all.” Quello che spinge l’uomo al vizio, io affermo, deriva solo dalla donna: sia esso il mentire, notate, è della donna: la lusinga è sua, l’inganno è suo: la lussuria, i pensieri immondi, suoi, suoi; le vendette, sue; ambizione, bramosie, superbie variabili, disprezzo, bizzarri desideri, calunnie, volubilità; tutte colpe che hanno un nome, anzi che l’inferno conosce, ebbene sono sue, in parte o in tutto: ma piuttosto in tutto.

La fantasia snaturata di fare figli senza impiegare le donne  si trova anche nel Paradise Lost (1658-1665) del "puritano d'incrollabile fede"[13] John Milton (1608-1674). In questo poema  Adamo si chiede perché il Creatore, che ha popolato il cielo di alti spiriti maschili, ha creato alla fine sulla terra questa novità, questo grazioso difetto di natura (this fair defect [14] of Nature) e non ha riempito subito il mondo con uomini simili ad angeli senza il femminino, o non ha trovato un altro modo per generare l'umanità ("or find some other way to generate Mankind?", X,  888 e sgg.).
Questo desiderio del maschio deluso è stato realizzato per sé dal Dio biblico che crea il mondo senza alcuna presenza femminile, come fa notare Fromm: "Il racconto non ha inizio con le parole: "In principio era il caos, in principio era l'oscurità", bensì, "In principio Dio creò..." - dunque lui solo, il dio maschile, senza intervento né partecipazione da parte della donna, cielo e terra. Dopo l'interruzione di una frase in cui risuonano ancora le antiche concezioni, il racconto prosegue: "E dio disse: "sia la luce", e la luce fu (Gn. 1, 3). Qui in tutta chiarezza compare l'estremo della creazione solamente maschile, la creazione per mezzo esclusivo della parola, la creazione attraverso il pensiero, la creazione attraverso lo spirito. Non si ha più bisogno del grembo materno per generare, non più della materia: la bocca dell'uomo che pronuncia una parola ha la capacità di creare la vita direttamente e senza bisogno d'altro (...) Il pensiero che l'uomo sia in grado di creare esseri viventi soltanto con la sua bocca, con la sua parola, dal suo spirito, è la fantasia più contronatura che sia immaginabile; essa nega ogni esperienza, ogni realtà, ogni condizione naturale, spazza via ogni vincolo posto dalla natura per raggiungere quell'unico scopo: rappresentare l'uomo come assolutamente perfetto, come colui che possiede anche la capacità che la vita sembra avergli negato: la capacità di generare"[15].
E meno male che poi "il Signore Dio disse: "Non è bene che l'uomo sia solo: gli voglio fare un aiuto che gli sia simile" (Genesi, 2, 23).

Può completare  il quadro il mito greco della dea Atena che nasce uscendo dalla testa di Zeus.

Ma ora, è già tempo, arriviamo a una conclusione.
Secondo me lo sbaglio è la contrapposizione tra i sessi. E’ una forma di razzismo, odiosa come ogni razzismo. Le persone andrebbero valutate per il loro carattere, la loro onestà, intelligenza, cultura e simili doti, non per il sesso o il colore della pelle. Bene ha fatto Cécile  Kyenge a dire: “Io non sono di colore, io sono nera e ne sono fiera”.
La storia delle quote rosa è razzista. Sarebbe come se un pesarese chiedesse una quota di Pesaresi o un fanese un certo numero di Fanesi in parlamento. E perché no quelli di Senigallia o di Osimo? Che cosa hanno fatto di male?
E i discendenti da quegli abitanti di  Sodoma che furono risparmiati dal fuoco celeste[16] quali nefandezze hanno commesso, per non avere una quota prestabilita di loro rappresentanti nei posti di comando?
Nel mondo e in parlamento ci sono donne buone e brave, e pure donne che non sono buone né brave, esattamente come tra i deputati ci sono uomini per bene e ci sono i farabutti.
A Laura Boldrini che stimo, e ho già apprezzato in un intervento precedente, consiglio di non curarsi dei mascalzoni e degli imbecilli che, frustrati dalla irraggiungibilità della sua bella persona cercano di offenderla. Almeno finché si tratta solo di contumelie, offese verbali, io le ignorerei.
La violenza fisica, lo ripeto, va prevenuta con l’educazione, e se questa non basta va duramente repressa. Fossi nei panni della Boldrini darei maggiore importanza al fatto che incomparabilmente più numerosi sono gli estimatori  e le estimatrici  del suo stile  e della sua persona. Una persona bella e fine. Così del resto mi comporto io stesso nei confronti dei miei estimatori e  detrattori che, pur nel mio piccolo, non sono pochi. La persona significativa, quella che non ripete a pappagallo i luoghi comuni della volgarità corrente, sono segni di contraddizione, come Gesù Cristo[17].
Giovanni Ghiselli [18]


[1] “31 agosto 1940. Non c’è idea più sciocca che credere di conquistare una donna offrendole lo spettacolo del proprio ingegno. L’ingegno non corrisponde in questo alla bellezza, per la semplice ragione che non provoca eccitamento sensuale; la bellezza sì” (Il mestiere di vivere).
[2] Il mestiere di vivere , 9 settembre 1946.
[3] VII sec. a, C
[4] kalo;n kakovn "(Teogonia , 585).
[5] Vietava tra l'altro di indossare vesti multicolori o di girare per Roma su un cocchio a doppio traino di cavalli.
[6] Tito Livio, Storie , XXXIV, 3, 2.
[7] 40 ca-104 d.C.
[8] VIII, 12, 3-4
[9] Del 2532.
[10]
Cfr. "varium et mutabile semper/femina " diVirgilio (Eneide , IV, 569-570).
[11]
:"
Crh'n ga;r a[lloqevn poqen brotou;"-pai'da" teknou'sqai, qh'lu d j oujk ei\nai gevno": -cou{tw" a]n oujk h\n oujde;n ajnqrwvpoi" kakovn" ( Euripide, Medea, vv. 573-575), bisognerebbe in effetti che gli uomini da qualche altro luogo/generassero i figli e che la razza delle femmine non esistesse:/e così non esisterebbe nessun male per gli uomini. Insomma il male è la femmina.
[12] Del 1610.
[13] C. Izzo, Storia della letteratura inglese, p. 517.
[14] Cfr. questo nesso ossimorico con il citato sopra kalo;n kakovn, bel malanno, sempre riferito alla donna da Esiodo nella Teogonia ( v. 585).
[15] E. Fromm, Amore sessualità e matriarcato , trad. it. Mondadori, Milano, 1997. p. 104 e 105.
[16] Cfr. Proust, Sodoma e Gomorra, epigrafe al IV volume della Ricerca.
[17]
Cristo è stato  signum cui contradicetur,
shmei`on ajntilegovmenon (Luca 2, 34), segno di contraddizione, ed è venuto ut revelentur ex multis cordibus cogitationes, e perchè siano svelati i pensieri di molti cuori.
[18]
g.ghiselli@tin.it blog:
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3 commenti:

  1. Bel pezzo che mi illumina con una carrellata di informazioni sulla misoginia dei millenni, secoli, anni passati. Sappiamo per fortuna che negli stessi millenni, secoli e anni ci sono stati grandissimi estimatori delle donne tra gli uomini e degli uomini tra le donne.
    So che tu sei tra questi perché da vari anni vedo come ti comporti con le donne, ossia esattamente come con gli uomini (tolto il fatto che ti innamori e sei attratto esclusivamente dalle prime). Questa cosa mi è sempre piaciuta: essere trattata come pari.
    Il fatto delle quote rosa - che peraltro ricollegherei alla presunta esigenza di portare più giovani nelle istituzioni più importanti - è chiaramente una cosa perversa! Ma pur essendo perplessa, io non la vedo così male, perché in questo paese si nota come per i giovani e soprattutto per le donne ci siano più ostacoli per raggiungere i posti di potere; un po' come dicevi di Catone e Marziale, con la differenza che almeno loro lo affermavano apertamente. Io questa cosa la noto, la noto personalmente nelle piccole associazioni di cui faccio parte, la noto nelle istituzioni più importanti seguendo le vicende di amiche brave e oneste che però vengono "tenute a bada" e a volte superate dal collega meno valido ma maschio. Già, purtroppo succede ancora, qui...
    Termino parafrasando una nota frase: "E' triste quel paese che ha bisogno di quote rosa", perché non vorrei che invece di migliorare la situazione rischiassero di inasprire un conflitto maschio/femmina che sarebbe bene finisse, nonché di permettere l'introduzione in parlamento di donne purchessia, non di valore, ma "rosa".
    Vorrei anche io la parità vera tra i sessi: quella dei diritti politici (quella psico-biologica, no, quella è bene che rimanga una meravigliosa diversità).
    Maddalena

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  2. bel pezzo. Anche a me è simpatica la Boldrini
    alessandro

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  3. Caro Gianni, conoscevo il tuo pensiero sulle quote rosa e vorrei ribadire alcune obiezioni che ti ho già fatto a voce. Io trovo che nel tuo ragionamento la conclusione sia contraddittoria proprio con le argomentazioni che adduci , sostenendole per di più con una notevole quantità di citazioni. Ma come! Sei ben consapevole dell’esistenza di una cultura millenaria che sottovaluta e sottomette la donna e non ti rendi conto che, proprio per questo, è impossibile che la donna possa competere alla pari con l’uomo nei diversi settori della vita civile. O credi forse che basti che alcune persone colte, come te, considerino la donna non inferiore all’uomo perché questa diventi una verità assodata nell’opinione diffusa? Quella cultura millenaria è ben radicata nell’opinione diffusa (a livello conscio e inconscio) e non si sradica in quattro e quattr’otto. Del resto basta guardarsi attorno, o anche farsi raccontare dalle donne che cosa succede nei luoghi di lavoro per rendersi conto che, nella maggioranza dei casi, le donne sono discriminate e, se pure sono capaci, vengono sopravanzate da uomini che valgono molto meno di loro – ma sono uomini! Dico “nella maggioranza dei casi”, perché, certamente, esistono anche donne che riescono a raggiungere i più alti livelli: ma sono eccezioni, che, per raggiungere quei livelli, devono lottare e valere dieci volte di più degli uomini dello stesso livello.
    Dunque, secondo me, ha pienamente ragione Maddalena quando dice, parafrasando Brecht, “felice quel paese che non ha bisogno di quote rosa!”. Perché è vero, in astratto, le quote rosa sono una cosa perversa, una forma di razzismo al rovescio, ma in concreto, se non ci sono, gli uomini si accaparrano ben più della metà del cielo, e non per meriti ma perché viviamo in una società maschilista. Non è una gara alla pari quella che si fa, ma una gara ad handicap, dunque le quote rosa sono la condizione per eliminare, o ridurre, quell’handicap di partenza.
    Voglio pensare che quella sulle quote per i pesaresi o i fanesi, o anche i sodomiti, non sia più che una battuta. Non mi risulta che ci sia un handicap di partenza per queste categorie, e invece è proprio di questo che stiamo parlando nel caso delle donne.
    In conclusione, capisco e giustifico le quote rosa, almeno in quella che io chiamerei una “fase di transizione”, da quella cultura millenaria ad una cultura diversa, veramente consapevole, teoricamente e praticamente, della pari dignità fra i sessi . Una fase di transizione (che speriamo non debba durare troppo a lungo) in attesa – come diceva Marx, seppure parlando d’altro - che finisca la preistoria dell’umanità e cominci finalmente la storia.
    Marcello Tartaglia
    marcellotartaglia@tin.it

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