martedì 14 ottobre 2014

Il perdono dell’adultera nel Vangelo e il topos del "to pàthei màthos" in due commedie di Menandro

Busto di Menandro

Il perdono dell’adultera nel Vangelo e il topos del  tw̃/ pavqei mavqoς in due commedie di Menandro


Carisio, il protagonista degli  jEpitrevponte" [1], di Menandro (342-291 a. C.) è un giovane uomo  che ha ripudiato la moglie Panfile per un  presunto errore sessuale di lei. Tornato da un viaggio, ha saputo da un servo che la donna ha partorito un bambino e lo ha abbandonato. Sicché  Carisio lascia la moglie. 
Quando sente che Panfile  gli manca e gli dicono che lui manca a lei,  il marito ironizza sulla propria innocenza di uomo offeso nell’orgoglio:" ejgwv ti" ajnamavrthto", eij" dovxan blevpwn", io, uno senza peccato, attento alla reputazione (v.588), e comprende che deve perdonare quello che è stato solo un "ajkouvsion gunaiko;" ajtuvchma", un infortunio involontario della donna (v.594).  Panfila infatti era rimasta incinta in seguito alla violenza sessuale subita durante le Tauripolie. Si viene poi a scoprire che oltretutto  la ragazza era stata ingravidata dallo stesso Carisio, senza che i due si riconoscessero, data la confusione della festa notturna. Un esempio di mavqoς , di comprensione, in seguito alla pena della separazione dalla persona amata.

Nel Vangelo di Giovanni (VIII) troviamo, in un contesto non dissimile , lo stesso aggettivo ajnamavrthto",  composto da ajnav, prefisso negativo,  e aJmartavnw, “ commetto uno sbaglio”.
L’episodio è notissimo: mentre Gesù parlava nel tempio ascoltato dal popolo, gli scribi e i Farisei gli portarono una donna còlta in adulterio ( gunaĩka ejpi; moiceiva/ kateilhmmevnhn, mulierem in adulterio deprehensam VIII, 3). Quindi questi provocatori chiesero al Maestro che cosa dicesse a proposito della legge di Mosé che prescrive la lapidazione di tali donne. Costoro parlavano  tentantes eum, ut possent accusare eum (VIII, 6), tentandolo per poterlo accusare. Ma Gesù, chinatosi, si mise a scrivere con un dito in terra. Quelli però continuavano a interrogarlo. Allora il Cristo si rizzò “et dixit eis: Qui sine peccato est vestrum, primus in illam lapidem incidat, " oJ ajnamavrthto" uJmw'n prw'to" ejp j aujth;n balevtw livqon, quello di voi senza peccato scagli per primo la pietra contro di lei, (VIII, 7), Poi, chinatosi di nuovo, riprese a scrivere in terra. Quelli uscirono uno alla volta, a cominciare dai più vecchi. Il Cristo restò solo con la donna rimasta lì in mezzo. Rizzandosi ancora, Gesù disse: Mulier, ubi sunt? Nemo te condemnavit?” E lei “Nemo, Domine”. E Gesù: “Nec ego te condemno; vade et amplius iam noli peccareoujde; ejgw; se katakrivnw: poreuvou kai; ajpo; toũ nũn mhkevti aJmavrtane[2]. Donna dove sono? Nessuno ti ha condannata? –Nessuno Signore-Nemmeno io ti condanno. Vai e non peccare più.
Posto che potesse scegliere, sarà andata dal marito o dall’amante? Nessuno lo sa.

Un esempio  di comprensione in seguito a un dolore, uno dei tanti esempi nella letteratura europea, si trova nel Duvskolo" , un’altra commedia[3] di Menandro dove troviamo di nuovo aJmartavnw : il vecchio Cnemone solitario, scontroso e misantropo, dyskolos appunto,  dopo una caduta in un pozzo dal quale non riesce a uscire se non con il soccorso di due giovani che aveva maltrattato, il figliastro e il pretendente della figlia,  comprende che nessuno   può cavarsela sempre senza l'aiuto del  prossimo, e deve ammettere:" e{n d j i[sw" h{marton[4] o{sti" tw'n aJpavntwn wj/ovmhn-aujto;" aujtavrkh" ti"  ei\nai kai; dehvsesq  j oujdenov"", in una cosa probabilmente ho sbagliato io che ho creduto di essere il solo autosufficiente tra tutti, e di non avere bisogno di nessuno (vv.713-714).
Il vecchio, in seguito alle esperienze avute in precedenza aveva pensato che non esistesse alcun uomo capace di benevolenza verso un altro.
In Menandro dunque rimane vigente la legge tragica per la quale attraverso le proprie sofferenze si può imparare  diventare meno egocentrici.

giovanni ghiselli
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Ieri ho iniziato il mio corso sugli archetipi all’Università Primo Levi di Bologna. Ho trovato dieci allievi adulti molto interessati e motivati a imparare. Ne sono felice.
Le mie fatiche “umanamente spese” non vanno affatto perdute, poiché la terra non è popolata solo da Calibani. Ci sono ancora persone desiderose e caaci di imparare. Io lavoro, con gioia, per loro e per me stesso.





[1] L’arbitrato
[2] Imperativo di aJmartavnw.
[3] Del 317 a. C. Questa è l’unica commedia databile con sicurezza. E’ un’opera giovanile
[4] Aoristo di aJmartavnw appunto

2 commenti:

  1. Ma l'adulterio è solo questione fisica ,o vale anche quello pensato? Giovanna Tocco

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  2. Penso anch'io che vi siano ancora persone, giovani e meno giovani, che anelino ad abbeverarsi al fonte di maestri di vita e di sapienza come Lei professore, che saluto con grande riconoscenza per ciò che mi ha trasmesso e continua a regalarmi con questi preziosi contributi.

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Ifigenia CLVIII. Preghiera al dio Sole. Saluti alla signora e alla signorinella magiare.

  Pregai il sole già molto vicino al margine occidentale della grande pianura. “Aiutami Sole, a trovare dentro questo lungo travagli...