lunedì 28 agosto 2017

Max Pohlenz, "La Stoa". Lettura commentata. XI parte


La mantica (p.214)
Dio è presciente del futuro e ne mette al corrente gli uomini con dei segni. La mantica spiega i segni che gli dèi ci inviano. Si vedono nelle viscere degli animali o nei voli degli uccelli.
Non che queste creature alate conoscano il futuro, “sed volatus avium dirigit deus”[1]. Del resto l’Amleto di Shakespeare dirà: “There is special Providence in the fall of a sparrow (Hamlet, V, 2)

Zeus (p. 2017)
Platone chiamava il principio di ogni vita “idea del bene, o Dio”
Gli Stoici chiamano il logos anche Zeus. Cleante ha scritto in Inno a Zeus poiché la fredda prosa scientifica non basta quando si voglia celebrare la maestà di Zeus. L’invocazione è a Zeus dai molti nomi: logos, pronoia, physis, heimarmene. Se l’uomo è aberrante, Dio sa inquadrare nel tutto anche le aberrazioni. Dio sa raddrizzare ciò che è storto. Ciò che è brutto nelle mani di Dio diviene bello, ciò che è nemico si consegna all’amore
Cleante chiedeaZeus di togliere dall’anima l’oscurità della stoltezza

L’etica (p.222)
L’etica greca è eudaimonistica.
Ogni pianta e animale ha un destino e lo realizza se porta a maturazione le proprie doti innate. Questa è la sua eujdaimoniva: raggiungere lo stato migliore possibile per lui. E’ altra cosa da eujtuciva, il successo esteriore
C’è eujdaimoniva quando abbiamo la coscienza di compiere una missione assegnata da Dio. Come Socrate quando va a morire (Fedone, 58e)
Fedone racconta a Echecrate che Socrate mentre stava morendo “eujdaivmwn moi ajnhvr ejfaivneto”, mi appariva un uomo felice.
Dobbiamo sapere in modo esatto qual è il tevlo", lo scopo della vita.
L’uomo non è più animale politico ma viene considerato pittosto quale individuo
Nel V secolo Antifonte[2] aveva individuato la vera natura dell’uomo negli impulsi egoistici. Epicuro trovò l’eudaimonia in una pace interiore non turbata da inquietudini né da dolori (p. 227).
Seneca scrive che per ogni cosa esistente c’è un bene caratteristico al quale è predisposta dalla natura: per il cane il fiuto, per l’uomo la ragione
 In homine quid est optimum? Ratio: hāc antecedit animalia, deos sequitur”(Ep. 76, 9).
 Zenone scrisse sulla natura dell’uomo che ha la percezione esterna e connessa a questa una sunaivsqhsi", una compercezione interna. Sente in sé quell’essere che gli è proprio (oijkei'on) e del quale si appropria con la oijkeivwsi" (appropriazione appunto). Alla percezione di sé si accompagna un senso di compiacimento eujarevsthsi" che è un innato amore di sé, l’istinto di conservazione.
Il primo istinto è diretto a sviluppare e conservare la nostra essenza naturale: l’anatroccolo appena uscito dal guscio arranca verso l’acqua (cfr, Cic. Fin. V, 42) Fanno parte della nostra essenza la bellezza e la forza, la salute, la memoria, l’intelligenza. Queste sono ta; prw'ta kata; fuvsin, le prime cose secondo natura. Il bambino scopre subito che è utile e buono quanto conserva la sua esistenza, mentre cattivo è quanto la danneggia. Con lacrescita la oijkeivwsi" si indirizza verso il logos che è l’essenza caratteristica dell’uomo. L’animale estende la oijkeivwsi" fino alla prole che sente simile a sé, mentre l’uomo arriva ad abbracciare tutta l’umanità in quanto in ogni essere razionale noi riconosciamo un nostro congiunto. L’uomo è un koinwniko;n zw'/on, un essere comunitario.
 Lo spirito associativo ce l’hanno anche le api e le formiche ma solo l’uomo può agire moralmente. Kalovn moralmente buono è quanto corrisponde alla natura umana, aijscrovn è qello che la contrasta. Agire moralmente significa operare per l’utile della collettività. Movnon to; kalo;n ajgaqovn, solo ciò che è morale è bene e procura eudaimonia, la eu[roia bivou, il dolce fluire della vita.
Il fine dell’uomo è la vita coerente oJmologoumevnw" zh'n . Vivere conformemente al logos che deve mantenersi ritto ojrqov" lovgo" di fronte a qualsiasi lusinga. Il logos non è distinto dalla fuvsi" e dunque si deve oJmologoumevnw" th'/ fuvsei zh'n (Cleante) E Crisippo ajkolouvqw" th'/ fuvsei zh'n. Vivere secondo natura era per i Greci la cosa più ovvia fin dai tempi remoti.
I due aspetti della natura umana quello animale e quello razionale. Nel bambino prevale quello animale (p. 239)

I valori. Il bene assoluto e i beni relativi 241
ajxiva è il valore positivo ajpaxiva ciò che contrasta la vita. Il bene non va separato dall’utile, Bene è ciò che aiuta l’uomo a raggiungere il fine della sua vita, ciò che sviluppa il logos. Bene è ciò che fa buono l’uomo. Quod bonum est bonos facit. L’eudaimonia non viene pregiudicata da circostanze estene contrarie. Essa è assicurata dal bene morale. La felicità non deve dipendere da cose esterne che non sono in nostro possesso. Il bene si trova nel proprio intimo, poi nella comunità degli esseri razionali, nell’amicizia degli uomini buoni. Quanto non contribuisce alla felicità né all’infelicità è un ajdiavforon, cosa indifferente. La salute non dà l’eudaimonia da sola, ma contribuisce al suo raggiungimento. Del tutto indifferente è se il numero dei capelli sia pari o dispari. Ma tra gli ajdiavfora alcuni hanno ricevuto dalla natura un rilievo positivo: quelli conformi alla nostra natura che sono prohgmevna, preferiti, entre quelli contrari alla natura sono ajpoprohgmevna, respinti. La salute è preferita alla malattia anche dal saggio ma non deve essere inconciliabile con il bene morale. L’eudaimonia comunque non viene intaccata dalle cose esterne (p.248)

La condotta della vita. Moralità assoluta e moralità relativa (250)
L’uomo ha per natura la tendenza al bene morale ma non è facile sottrarsi ai cattivi influssi. La ajrethv è la teleivwsisi" il compimento di ogni natura ma dagli influssi cattivi può derivare la diastrofhv la perversione.
Cìè una piqanovth" tw'n fantasiw'n, un potere di seduzione delle rappresentazioni, dei cattivi educatori, dell’ambiente che opera una kathvchsi", (cfr, hjcevw, risuono e causativo fccio risuonare) una dottrina la quale suggerisce beni fallaci come potere, denaro e così via.
Allora il buon seme viene sopraffatto dalle erbacce. L’antidoto è la buona educazione filosofica.
La lingua greca non possiede una parola corrispondente a volontà.
Omero se un eroe decide di agire, scrive “allora pensò altro” (e[nq j au\t j a[ll j ejnovhse, Odissea, II, 382) e segue l’azione. Si tratta di Atena che prende l’aspetto di Telemaco per aiutarlo
 Il greco non fa appello alla volontà ma alla conoscenza.
Cfr.però quanto dice Fedra nell’Ippolito di Euripide: " il bene lo conosciamo e riconosciamo,/ma non lo costruiamo nella fatica, alcuni per infingardaggine,/alcuni anteponendogli qualche altro piacere./ E sono molti i piaceri della vita:/lunghe conversazioni, l'ozio, diletto cattivo, e l'irrisolutezza"(vv. 380 - 385).
Del resto “velle non discitur”, a volre non si impara (Seneca, Ep. 81, 13)

Cleante definisce la virtù come tovno" la tensione che conferisce al logos la forza necessaria per mantenersi saldo di fronte agli allettamenti esterni. La swfrosuvnh, la temperanza tiene gli istinti in armonia con il logos. La frovnhsi", assennatezza, regola le nostre azioni. Le virtù uno smh'no" ajretw'n, uno sciame di virtù, hanno una correlazione ajntakolouqiva e presuppongono tutte la scienza del bene e del male. Aristone, discepolo di Zenone disse che esiste una sola virtù, la scienza del bene e del male. Chi arriva a conoscere la virtù ne riceve un character indelebilis. L’ojrqo;" lovgo" produce il katovrqwma, l’azione retta. La maggior parte degli uomini non ci arriva: oiJ fau'loi ouj duvnantai katorqou'n, agire rettamente, Cadono negli ajmarthvmata, le azioni peccaminose. Ci sono anche le azioni medie, indifferenti. Mangiare e bere sono necessari per il funzionamento del logos. Sono azioni convenienti kaqhvkonta secondo natura, non sono azioni virtuose né viziose.



CONTINUA




[1] Amminano Marcellino, Storie, XXI, 1, 9, ma è Dio che dirige i voli degli uccelli.
[2] Antifonte di Ramnunte èl’oratore e l’uomo pplitico, tra gli ideatori e i promotori del colpo di stato ologarchico del 411. Venne condannato a a morte con la restaurazione della democrazia
Antifonte di Ramnunte è, tra i due Antifonti, l’oratore e l’uomo politico, tra gli ideatori e i promotori del colpo di stato ologarchico del 411. Venne condannato a a morte con la restaurazione della democrazia

1 commento:

Il caso Vannacci e la doverosa difesa della parresia.

  Sono in disaccordo su tutto quanto dice,   scrive e forse pensa il generale Vannacci, eppure sostengo la sua libertà di parola, come...