lunedì 19 febbraio 2018

Lucrezio, "De rerum natura". IV libro. parte 15


Esiodo, Semonide, Euripide, Leopardi, Schopenhauer, Weininger.

Esiodo dal quale parte la considerazione malevola delle donne, (VII secolo) riconosce che l'uomo ha bisogno di questa creatura complementare e che, se non sbaglia la scelta della compagna, può evitare i dolori infiniti. Nella Teogonia definisce la donna "bel malanno" (kalo;n kakovn v. 585) e "inganno scosceso" (dovlon aijpuvn v. 589), un malanno che Zeus inflisse agli uomini per controbilanciare il potenziamento ricavato dal fuoco, dono di Prometeo: aujtivka d j ajnti; puro;" teu'xen kako;n ajnqrwvpoisi (570).
Poi però afferma che comunque chi evita le nozze e le opere tremende delle donne ("mevrmera e[rga gunaikw'n, v. 603) arriva alla funesta vecchiaia con la carenza di uno che si prenda cura di lui, e, quando muore, la sua ricchezza se la dividono i lontani parenti. Del resto chi sceglie una buona moglie, saggia e premurosa, compensa il male con il bene (v. 609), chi invece si imbatte in una donna di stirpe funesta, vive con un'angoscia costante nel petto, nell'animo e nel cuore e il suo male è senza rimedio (vv. 610-612).
Nel poema agricolo l'autore torna sull'argomento e aggiunge che l'uomo non può fare migliore acquisto di una moglie buona, come non c'è nulla di più raccapricciante di una sposa cattiva (Opere, vv. 702-703).

Su questa linea si trova Semonide di Amorgo autore (nei primi anni del VI secolo) di un Giambo sulle donne (fr. 7 D), una tra le più famose espressioni dell'antifemminismo greco. Questo autore fa derivare le femmine umane di vario carattere da altrettante bestie: il primo tipo discende dal porco irsuto (ejx uJo;" tanuvtrico", v. 2, dal lungo pelo): sta non lavata in vesti sporche a ingrassare in mezzo al luridume (aujth; d j a[louto" ajpluvtois j ejn ei{masin- ejn koprivh/sin hJmevnh piaivnetai, vv. 5-6).

Poi il tipo che deriva dalla volpe[1] maliziosa (ejx ajlitrh'" ajlwvpeko"), esperta di tutto, non le sfugge niente, sovverte le categorie morali ed è varia d'umore oJrgh;n d j a[llot j ajlloivhn e[cei (11)

Un’altra deriva dal mare ejk qalavssh" (27). Questa alterna risate a scenate da pazza (maivnetai, 33). Allora, come una cagna con i cuccioli, è implacabile (ajmeivlico") con tutti ed è spiacevole pe tutti, (pa'si kajpoqumivh) per gli amici e per i nemici
 Insomma è come il mare, spesso calmo, non fa danni, anzi è cavrma nauth/sin mevga (38), grande fonte di gioia per i marinai, d’estate qevreo" ejn w[rh/ (39), ma spesso si infuria pollavki" de; maivnetai, sballottandosi con onde dal cupo fragore. Insomma una bufera di femmina.
In conclusione è cangiante come il mare.
"Varium et mutabile semper/femina ", come aveva già detto Virgilio [2].

Un’altra deriva dalla cagna. Questa vuole adscoltare tutto, sapere tutto, e non puoi farla tacere nemmeno se la prendi a sassate

La figlia della terra, è pigra e pesante.

Poi c’è quella che deriva dalla cavalla,
E’ morbida e adorna di una folta criniera. Non sopporta i lavori domestici e si fa amico l'uomo solo per necessità (ajnavgkh/ d j a[ndra poiei'tai fivlon, 62). Questa è la donna narcisista e parassitaria che passa il tempo a pettinarsi, truccarsi, profumarsi. Una creatura del genere è uno spettacolo bello a vedersi per gli altri, ma per chi se la tiene in casa è un male (kalo;n me;n w\n qevhma toiauvth gunhv-a[lloisi, tw'/ d j e[conti givgnetai kakovn, 67-68) , a meno che sia un despota o uno scettrato che di tali vezzi si gloria nell'animo.
Tale è dunque la donna adatta ai tiranni che nella cultura greco-latina sono paradigmi negativi. Costoro hanno fama di violentare le donne come abbiamo visto nella descrizione che Otane fa del mouvnarco" nel dibattito sulla migliore costituzione (Erodoto, III, 79-84).

Quella che deriva dalla scimmia è brutta e ripugnante.

 La derivata dall'asina, scostumata, sessualmente vorace.

 La discendente dalla donnola, sciagurata, disgustosa e ladra

Ultimo tipo, e unico raccomandabile, è quello che deriva dall'ape ("ejk melivssh"", v. 83). Questa ha tutte le caratteristiche della buona sposa e chi se la prende è fortunato. A lei sola infatti non siede accanto il biasimo (mw'mo"), grazie a lei fiorisce la prosperità, invecchia cara con lo sposo che l'ama[3] dopo aver generato una bella prole, diviene distinta tra tutte le donne, la circonda grazia divina (qeivh... cavri", v. 89) e non si compiace di star seduta tra le donne quando parlano di sesso (oud j ejn gunaixivn h[detai kaqhmevnh o[kou levgousin ajfrodisiouv" lovgou" , 90-91)

Leopardi traduce questi versi (90-91) così: "né con l'altre è solita/goder di novellari osceni e fetidi".
Del resto A Silvia la natura negò le conversazioni gentili e delicate con altre ragazze: "né teco le compagne ai dì festivi/ragionavan d'amore" (vv. 47-48).

Dunque una possibilità di non essere cattiva per la donna c'è secondo Esiodo, Semonide e Lucrezio.

Molto più radicale nella negatività e nella certezza di non poter trovare una buona moglie è l'Ippolito di Euripide il quale vorrebbe che i figli si potessero generare in altro modo che passando attraverso le donne: "O Zeus perché ponesti nella luce del sole le donne, un male ingannatore per gli uomini? Se infatti volevi seminare la stirpe umana, non era necessario ottenere questo dalle donne , ma bastava che i mortali mettendo in cambio nei tuoi templi oro e ferro o un peso di bronzo, comprassero discendenza di figli, ciascuno del valore del dono offerto, e vivessero in case libere, senza le femmine. Ora invece quando dapprima stiamo per portare in casa quel malanno, sperperiamo la prosperità della casa" (vv. 616-626).

Tra i classici dell'antifemminismo assoluto possiamo aggiungere qualche parola di Schopenhauer: "Le donne sono adatte a curarci e a educarci nell'infanzia, appunto perché esse stesse sono puerili, sciocche e miopi, in una parola tutto il tempo della loro vita rimangono grandi bambini: esse occupano un gradino intermedio fra il bambino e l'uomo, che è il vero essere umano... le donne rimangono bambini per tutta la vita, vedono sempre soltanto ciò che è vicino, rimangono attaccate al presente, scambiano l'apparenza delle cose con la loro sostanza, e preferiscono inezie alle questioni più importanti... le donne, in quanto sesso più debole, sono costrette dalla natura a far ricorso non già alla forza ma all'astuzia: di qui deriva la loro istintiva scaltrezza e la loro indistruttibile tendenza alla menzogna... per la donna una sola cosa è decisiva, vale a dire a quale uomo essa sia piaciuta... Il sesso femminile, di statura bassa, di spalle strette, di fianchi larghi e di gambe corte, poteva essere chiamato il bel sesso soltanto dall'intelletto maschile obnubilato dall'istinto sessuale: in quell'istinto cioè risiede tutta la bellezza femminile. Con molta più ragione, si potrebbe chiamare il sesso non estetico... Nel nostro continente monogamico, sposare significa dividere a metà i propri diritti e raddoppiare i doveri... Nessun continente è così sessualmente corrotto come l'Europa a causa del matrimonio monogamico contro natura"[4].

In questa stessa linea il Leopardi di Aspasia, frustrato da Fanny Targioni-Tozzetti sui sentimenti della quale precedentemente si era illuso al punto che gli sembrava di errare "sott'altra luce che l'usata"[5]. Dopo la morte del poeta, Ranieri disse a Fanny che quella donna era lei ma ella protestò dichiarando di non aver mai dato "la menoma lusinga a quel pover uomo" e anzi precisò, ogni volta che il Leopardi accennava a cose d'amore, "io m'inquietavo, e non volevo, né anco credevo vere certe cose, come non le credo ancora, ed il bene che io gli volevo glielo voglio ancora tal quale, abbenché ei più non esista"[6]. Vediamo dunque la vendetta dell'innamorato deluso. Rispetto al solito: diventerai vecchia e brutta, qui la variante è: sei scema come tutte, quasi tutte le donne. Riporto alcuni versi di Aspasia :"Raggio divino al mio pensiero apparve,/donna, la tua beltà[7]...
Vagheggia/il piagato[8] mortal quindi la figlia/della sua mente, l'amorosa idea/che gran parte d'Olimpo in se racchiude, /tutta al volto ai costumi alla favella/pari alla donna che il rapito amante/vagheggiare ed amar confuso estima./or questa egli non già, ma quella, ancora/nei corporali amplessi, inchina ed ama./ Alfin l'errore e gli scambiati oggetti/conoscendo, s'adira; e spesso incolpa/la donna a torto. A quella eccelsa imago/sorge di rado il femminile ingegno;/e ciò che inspira ai generosi amanti/la sua stessa beltà, donna non pensa,/né comprender potria. Non cape in quelle/anguste fronti ugual concetto. E male/al vivo sfolgorar di quegli sguardi/spera l'uomo ingannato, e mal richiede/sensi profondi, sconoscuti, e molto/più che virili, in chi dell'uomo al tutto/da natura è minor. Che se più molli/e più tenui le membra, essa la mente/men capace e men forte anco riceve" (vv. 33 e ss.). Quel "di rado" invero lascia qualche speranza.


CONTINUA



[1]Si ricorderà "son volpi vezzose" de Le nozze di figaro.
[2]Eneide, IV, 569-570.
[3]G. Leopardi traduce"In carità reciproca... ambo i consorti dolcemente invecchiano".
[4]Parerga e paralipomena Tomo II, p. 832 e ss.
[5]G. Leopardi, Il pensiero dominante , v. 104.
[6] Citazione tratta da Giacomo Leopardi, Canti , p. 231.
[7]Nota il platonismo.
[8]Nota il tovpo" della ferita amorosa.

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