sabato 17 febbraio 2018

Shakespeare, "Riccardo III". Parte 2

il tiranno Ezzelino III da Romano


Sh. suggerisce anche il tono all’attore quando Bruto accusa Cassio di avere affermato di essere miglior soldato di lui e Cassio risponde
You wrong me every way; you wrong me, Brutus/I said an elder soldier, non a better:/did I say better?” (Giulio Cesare, IV, 3)
L’uomo teme di essersi lasciato trasportare dall’ira e la battuta contiene il tono con cui va pronunciata
Poi l’Ah soldier! di Charmian al soldato romano che, vista Cleopatra morente, ha rivolto l’ottusa domanda: “Is this well done?” (V, 2). L’ancella amica risponde: “It is well done, and fitting for a princess-descended of so many noble kings.-Ah soldier!” Anche Carmiana è morente ma il suo ultimo fiato acquista un tono di disprezzo: che cosa puoi capire tu degli alti sensi di Cleopatra!
Del resto queste parole si trovano già in Plutarco.

Riccardo parla con la regina Margherita, della quale ha ucciso il marito Enrico VI e il figlio Edoardo e affetta ingenuità e rifiuto del potere: dice di essere troppo puerilmente ingenuo per questo mondo too childish-foolish for this world (I, 3) e piuttosto che re I had rather a pedlar! Far be it from my heart, the thought thereof, preferirei essere un venditore ambulante, lontano dal mio cuore un pensiero del genere!

Cfr. Ifigenia in Aulide di Euripide
Agamennone ha scritto una lettera ingannevole a Clitennestra, ed è pentito.
L’a[nax Invidia un vecchio servo che passa una vita ajkivndunon, priva di rischi, rimanendo ajgnw;~ ajklehv~ (v. 18) sconosciuto e oscuro.
Meno invidiabile è la vita di chi sta ejn timai`~, tra gli onori.

Superiorità della vita privata
Nelle tragedie di Euripide ricorre spesso la fuga dai luoghi e dai tempi, insomma dalla storia quale "favola mentita".
Il drammaturgo prefigura il lavqe biwvsa~ di Epicureo.
Ione sostiene la superiorità della vita ritirata su quella impegnata o tesa al potere che viene smontato[1]: "del potere lodato a torto/l'aspetto è dolce, ma dentro il palazzo/c'è il dolore (tajn dovmoisi de;- luphrav): chi infatti è felice, chi fortunato/se, temendo e guardando di traverso (dedoikw;" kai; parablevpwn), trascina/il corso della vita? Preferirei vivere/da popolano felice piuttosto che essendo tiranno ("dhmovth" a]n eujtuch;"-zh'n a]n qevloimi ma'llon h] tuvranno" w[n"),/il quale si compiace di avere amici malvagi,/mentre odia i generosi per paura di attentati " (Ione, vv. 621-628).
Si apre la strada all’Ellenismo[2]: nel mito[3] di Er della Repubblica di Platone, l'anima di Odisseo, capitata nel sorteggio per ultima, dovendo scegliersi un'altra vita "guarita da ogni ambizione per il ricordo degli antichi travagli, andò in giro a lungo cercando la vita di un uomo privato e disimpegnato"( bivon ajndro;~ ijdiwvtou ajpravgmono~, 62Oc). Agamennone del resto sceglierà di rinascere come aquila[4]

Il topos prosegue con Seneca
"Il tema fondamentale di tutto il teatro senecano…è che potere e regno, condizioni di illusoria felicità soggette a rovinosi cambiamenti di sorte, coincidono con la frode, con l'Erinni familiare, con il furor mentre l'unica salvezza è la obscura quies [5], la serenità del proprio cantuccio, l'esser parte indistinguibile della folla. L'avversione al regno ha come aspetto complementare l'esaltazione della tranquillità di ogni piccolo uomo, uno qualsiasi della massa silenziosa: felix mediae quisquis turbae, come canta un coro dell' Agamennone (v. 103).
Liceat in media mihi/latere turba (Thy. 533 sg,) afferma Tieste prima di cadere nelle lusinghe del potere e nella trappola tesagli da Atreo"[6].
Nell'episodio di Erminia tra i pastori della Gerusalemme liberata un vecchio, pentito delle "inique corti" e fattosi rusticus, spiega a Erminia, giunta in fuga la notte precedente dall'accampamento cristiano sulle rive del Giordano, in quale luogo sereno e lontano dalla guerra si trovi:"O sia grazia del Ciel che l'umiltade/d'innocente pastor salvi e sublime,/o che, sì come folgore non cade/in basso pian ma su l'eccelse cime,/così il furor di peregrine spade/sol de' gran re l'altere teste opprime,/né gli avidi soldati a preda alletta/la nostra povertà vile e negletta.// Altrui vile e negletta, a me sì cara/che non bramo tesor né regal verga,/né cura o voglia ambiziosa o avara/mai nel tranquillo del mio petto alberga./Spengo la sete mia ne l'acqua chiara,/che non tem'io che di venen s'asperga,/e questa greggia e l'orticel dispensa/cibi non compri a la mia parca mensa"[7]. C'è una raccolta di tutti i motivi visti sopra. 

La regina Margherita maledice Riccardo: “the worm -vermis probably al lied to Greek rJovmoς tarlo- of conscience- cum scire- still begnaw thy soul-thy friends suspect-suspicio- for traitors –trado consegno, traditor-while thou liv’st (I, 3) il tarlo della coscienza ti roda continuamente l’anima, sospetta finché vivi dei tuoi amici come trditori.

Il tiranno non ha amici
Cicerone De amicitia:
52. Non si dovranno dunque ascoltare uomini rammolliti dai piaceri, se qualche volta discuteranno dell’amicizia, che essi non hanno conosciuto né nella pratica né in teoria. Infatti chi, in nome degli uomini e degli dei, vorrebbe, a condizione di non amare nessuno e di non essere amato da nessuno, nuotare in ogni genere di ricchezze e vivere nell’abbondanza di tutte le cose materiali?
Questa è infatti, senza dubbio, la vita dei tiranni, ove non può esistere alcuna lealtà, alcun affetto, alcuna fiducia di stabile benevolenza, ove tutto è sempre pieno di sospetto e di ansia, e non c’è posto per l’amicizia.
Haec enim est tyrannorum vita nimīrum, in qua nulla fides, nulla caritas, nulla stabilis benevolentiae potest esse fiducia, omnia semper suspecta atque sollicita, nullus locus amicitiae.

Nell'Agamennone di Seneca, Egisto parlando con Clitennestra fa questo rilievo:"non intrat umquam regium limen fides" (v. 285), la lealtà non entra mai nella soglia di una reggia. La regina ribatte che se la comprerà con i doni, ma il drudo conclude: “pretio parata vincitur pretio fides” (v. 287), la lealtà procurata a pagamento può essere superata da un altro pagamento.

La regina Margherita chiama Riccardo maiale grufolante, schiavo della natura, calunnia della pancia incinta di tua madre, thou slander of thy heavy mother womb (231) rag- rJavkoς- of honour, straccio dell'onore (I, 3, 233)
I, 4
Clarence racconta un sogno al Keeper il guardiano della torre, un sogno prolungato oltre la vita: I pass'd methought, the melancholy- melagcoliva bile nera, follia e melancholĭa- flood, with that sour ferrymen which poets write of (I, 4) mi sembrava di passare il fiume malinconico, con l'arcigno tragettatore di cui parlano i poeti

Virgilio Eneide "Navita sed tristis nunc hos nunc accipit illos" (VI, 315). Cfr. anche le Rane di Aristofane e l'Inferno di Dante.

Brankbury, il luogotenente della torre, dice: "princes have but their titles -titulus-for their glories- i principi hanno da gloriarsi solo dei loro titoli. An outward honour for an inward toil-lat tud in tutŭdi di tundo-tusum- colpire. battere, un onore esterno per un rovello interno
And for unfelt imaginations they often feel a world of restless care, e per fantasie non provate, essi provano spesso un mondo di affanni incessanti (I, 4, 78-81).

Nella prima antistrofe del secondo stasimo dell'Edipo re vediamo che tutte le tirannidi sono zoppe come è zoppo (lamely, I, 1) Riccardo : "la prepotenza fa crescere il tiranno, la prepotenza/ se si è riempita invano di molti orpelli/ che non sono opportuni e non convengono (mhde; sumfevronta) /salita su fastigi altissimi/precipita nella necessità scoscesa/dove non si avvale di valido piede" e[nq j ouj podi; crhsivmw/-crh'tai "(vv. 873-879). Non solo il tiranno è zoppo e scivola, ma anche i suoi decreti. Antigone non obbedisce ai khruvgmata di Creonte, ma alle leggi della coscienza e degli dèi che, viceversa, sono a[grapta kajsfalh' (Antigone, v. 454), non scritti e non vacillanti.

Clarence prega il secondo sicario che ha qualche scrupolo: “a begging prince, what beggar pities not?” (I, 4) quale mendicante non ha compassione di un principe mendico?
Questo secondo sicario prima dice che la sua coscienza si trova nella borsa del duca di Gloucestere (I, 4, 122), poi dopo l’assassinio si pente e lascia tutto il compenso all’altro sicario il quale pugnala Clarence poi lo finisce annegandolo nella botte di malvasia che era nella torre
E l’altro:
take you the fee-pecus-, and tell him (a Riccardo) what I say
For I repent me-me poenitet- that the duke is slain (I, 4, 267-268)
In Madame Bovary, l’anima di Rodolphe, svanita la passione per Emma, si era infossata in questa ebbrezza ed era affogata rattrappita come il duca di Clarence nella botte di Malvasia.


CONTINUA


[1] Il potere verrà demonizzato del tutto da Seneca, " per questo uomo di potere…il potere è un nucleo irriducibile di male-insieme fatto e subìto, avviluppato nelle rispondenze tra violenza oggettiva e angoscia soggettiva" G. Paduano (a cura di), Edipo, p. 9.
[2] Mentre il Pericle di Tucidide aveva detto: “:"movnoi ga;r tovn te mhde;n tw'nde metevconta oujk ajpravgmona, ajll j ajcrei'on nomivzomen" (Storie, II 40, 2), siamo i soli a considerare non pacifico, ma inutile chi non partecipa alla vita politica 
[3] Il mito è sempre una "immagine concentrata del mondo" (Nietzsche, La nascita della tragedia, p. 151).
[4] L'anima sorteggiata per ventesima scelse la vita di un leone: ed era quella di Aiace Telamonio che rifuggiva dal nascere uomo ricordandosi del giudizio delle armi. L'anima dopo questa era quella di Agamennone: anche questa per avversione al genere umano a causa dei dolori sofferti prese in cambio la vita di un'aquila Repubblica, 620b
[5] Fedra 1127.
[6] Gianna Petrone, Il disagio della forma: la tragedia negata di Seneca, "Dioniso" 1981., p. 360.
[7] Gerusalemme liberata, VII, ottave 9-10.

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