giovedì 4 luglio 2024

Ifigenia CXXXVII. La fame inattenuata di Nauplion.


 

La mattina seguente contammi i denari e constatammo che se si voleva arrivare a Bologna senza chiedere l’elemosina, non potevamo più dormire in un letto né mangiare seduti nemmeno in una bettola infima. Avevamo sessantaduemila lire necessarie quasi tutte per la benzina.

 

A Nauplion l’inedia e il pensiero della nostra carestia non ci tolsero la voglia di fare una nuotata nel mare sfavillante di luce  che diffusa copiosamente dalle mani generose del Sole attraversava l’acqua facendo brillare i sassi del fondo, le schiene iridate del pesci e i dorsi spinosi dei ricci. In queste creature marine a dire il vero vedevo del cibo. Putroppo imprendibile,

 

Il corpo di Ifigenia che guizzava snella e armoniosa come una Nereide stimolò ancora di più la mia voglia di vivanda. “Inattenuata restava la fame crudele, e vigoreggiava implacato l’ardore della gola” [1].

Mi venne in mente il desiderio di cibo dell’empio Erisittone   

Un bisogno naturale, se rimane insoddisfatto a lungo  diventa innaturale.

In parole povere avrei voluto mangiarla, magari dopo averla fiocinata in un modo o in un altro

Quando uscimmo dall’acqua non potei trattenermi dal mordere una delle sue cosce carnose.

Molte sono le cose tremende ma la più tremenda è la fame.

 

Bologna e luglio 2024 ore 10, 38 giovanni ghiselli

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[1] Cfr. Ovidio, Metamorfosi, VIII, 844-845

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