mercoledì 24 settembre 2025

Dare a un detto sibillino un significato evidente legato alla vita vissuta e ai libri letti.


L’eroe della tragedia, secondo Kierkegaard, come per Aristotele, non è del tutto colpevole. Ha commesso un errore piuttosto che un crimine.

Ma l’attenuazione della colpa non riduce la pena: “La pena è più profonda poiché la colpa ha l’ambiguità estetica (Enten-Eller , Il riflesso del tragico antico nel tragico moderno,   Tomo Secondo, p. 30). Ci entra la bellezza.

 

Penso alla mia complicità con le adultere che prima mi hanno allietato poi mi hanno lasciato con pena mia e forse anche loro.

Nell’adulterio con una donna dotata di bellezza c’è della colpa, poi della pena quando l’amante avvenente se ne va, quindi l’ambiguità estetica della colpa che approfondisce la pena. Tanto meno bella è la donna tanto minore è la colpa e tanto più superficiale è la pena. Così mi piace rendere concreta e realistica l’affermazione aerea del filosofo.

Se devo restare nelle tragedie di Sofocle, la colpa di Edipo è ambigua: non sapeva di essere figlio di Laio assassinato da lui e di Giocasta che poi aveva sposato.

L’estetica sta nel fatto che il parricida incestuoso salva la città di Tebe dalla Sfinge e sta nella bellezza delle due tragedie su Edipo. La pena profonda sta nell’acciecamento, punizione auto inflitta, nel suicidio di Giocasta, nell’esilio, nel vagabondaggio da mendicante, nell’odio verso i figli maschi e verso il cognato-zio Creonte. Poi alla fine della seconda tragedia, nel boschetto delle Eumenidi a Colono,  il riscatto cui tanto faticoso dolore era volto fin da quando venne destinato a morire sul Citerone dai genitori con le caviglie forate e salvato dalla compassione di un servo: le figlie lo amano e lo aiutano; gli dèi che lo hanno abbattuto lo risollevano.

 

Pesaro 24 settembre 2025 ore 18, 17 giovanni ghiselli

p. s.

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