Dimitri taceva e la principessa, infastidita dal suo mutisno gli domandò se credesse nell’ereditarietà.
“No, non ci credo”.
Non aveva voglia di parlare. Nella fantasia gli sgorgavano strane immagini: quella dell’atletico e bel Filipp in costume adamitico, Kòlosov nudo con la pancia a popone, la testa calva e le braccia flosce. Quindi le spalle di Sòfia non coperte come erano di seta e di velluto. Ma questa era un’immagine troppo orribile e si affrettò a scacciarla.
L’anziana fiutò l’aria non buona e disse a Dimitri: “Missy vi aspetta. Andate da lei, vuole sonarvi un nuovo pezzo di Grieg, una cosetta molto interessante”.
Grieg non è autore di cosette: ha composto le musiche di scena, intense e profonde, del dramma Peer Gynt di Ibsen (1875).
Nechliùdov sa che Missy non aveva voglia di suonare e pensa: “Che sugo ci trova a raccontare tante bugie?”.
Chi lo fa per abitudine si vergogna di essere come veramente è.
Lo fanno spesso gli adolescenti ancora insicuri della propria identità, lo fanno sistematicamente i falliti integrali.
Quindi Dimitri si alza e va a stringere “la mano diafana, ossuta e coperta di anelli di Sòfia Vasìljevna.
La mano coperta di anelli fa venire in mente Trimalchione del Satyricon e la sua volgarità di liberto arricchito.
Mentre usciva gli venne incontro, a importunarlo Ekaterina Alekséjevna “una zitellona qurantenne slavofila” . Gli disse in francese che i doveri del giurato lo avevano depresso.
Nechliùdov la scansa una prima volta: si scusa dicendo di non essere in vena e di non voler guastare l’umore degli altri.
Un modo educato di dire: “in questo ambiente non mi sento a mio agio e non ho voglia di parlare”.
Dimitri seguita a essere reticente con la “zitellona” che continua a fargli domande. Gli rammenta che una volta aveva sostenuto il dovere di dire sempre il vero.
Manzoni scrive:” il santo Vero/mai non tradir: né proferir mai verbo,/che plauda al vizio, o la virtù derida”[1]. Tuttavia poi nel romanzo I Promessi Sposi presenta i personaggi principali quali incarnazione della sua illusione tradendo il realismo professato. Un esempio: “ Lucia stava stretta al braccio della madre, e scansava dolcemente, e con destrezza, l’aiuto che il giovine le offriva ne’ passi malagevoli (…) vergognosa di sé, anche in un tale turbamento, d’essere già stata tanto sola con lui, e tanto famigliarmente , quando s’aspettava di divenir sua moglie, tra pochi momenti” (capitolo VIII). Alla fine di questo capitolo c’è l’ossimoro che mi pare una bestemmia: “il sospiro del cuore doveva essere solennemente benedetto, e l’amore venire comandato”. Un orrore.
Ma torniamo a Tolstoj
Nechliùdov dunque ribatte che allora, quando affermò il dovere della verità “era un gioco. Per gioco si può fare. Ma nella realtà siamo così cattivi, cioè sono così cattivo che io per lo meno non ho il diritto di dire la verità.
Un modo perentorio ma non volgare per dirle di tapparsi la bocca petulante.
Ma la zitellona non cedette e provò a domandare ancora in che cosa siamo cattivi. A questo punto intervenne Missy chiedendo a Dimitri di seguirla e scacciare il cattivo umore. Ma il “fidanzato” si sentì come un cavallo cui mettono la briglia per fargli tirare la carretta, cosa di cui non aveva voglia. Sicché si scusò e si accomiatò. Questo è realismo.
L’amore può essere suscitato, mai comandato. Suscitato non certo da una gatta morta, una bigotta, né da un’oca che stira il collo giuliva. Manzoni non era figlio de conte che gli ha dato il cognome essendo il marito di sua madre Giulia Beccaria, bensì di Giovanni Verri. Questa sua genesi, se ne era al corrente, deve averlo segnato. Gli ha insegnato l’orrore del sesso.
Missy trattenne la mano di Dimitri più a lungo del solito e gli domandò: “verrete domani?”
“Sarà difficile” rispose il promesso sposo in fuga, “rosso e pieno di vergogna” senza sapere se di se stesso o di lei.
Per evitare tale vergogna non si dovrebbe mai lasciare una donna bensì farsi lasciare evidenziando l’impossibilità dell’amore comandato.
Le due donne rimaste solo congetturarono che questo esito doveva essere stato causato da un amore immondo. Missy pensò di essere stata ingannata poiché, pur senza una promessa esplicita, gli sguardi, gli accenni, i sorrisi l’avevano fatta sperare e in ogni modo “ella lo considerava suo e le sarebbe dispiaciuto molto perderlo”. (p. 99)n
Pesaro 26 settembre 2025 ore 10, 55 giovanni ghiselli
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