Dimitri continua a ripetere : “Che vergogna che schifo!”. Aveva vergogna e schifo di sé stesso. “Nella sostanza sapeva di essersi impegna”to con Missy; ciò nondimeno tutto il suo essere gli diceva adesso che non poteva sposarla”.
Entrato in casa provò avversione per il servo e rifiutò la cena.
Voleva rimanere subito solo. Pensò alla madre morta e gli apparvero innaturali e disgustosi i suoi ultimi rapporti con lei. Ricordò che nel tempo della malattia estrema le aveva addirittura augurato la morte. Aveva detto a se stesso che lo faceva per risparmiarle altre sofferenze mente voleva risparmiarne la vista a se stesso. Pensò a tutti i falsi rapporti che aveva e desiderava liberarsene. Dalla fidan,zata dall’ambiente di lei, dall’amante Màrja Vasìlievana. Anche dall’eredità. Voleva andare a Costantuìinopoli, poi a Roma (p. 100).
“Si sentiva invischiato da ogni parte nella pania di una vita insulsa, vuota, senza scopo, meschina. E non vedeva nessun modo di uscirne, anzi il più delle volte non voleva nemmeno uscirne”. Una volta si era imposto di dire la verità ed era stati infatti veritiero per qualche tempo; ora invece “viveva in mezzo alla menzogna, alla più terribile menzogna.
Era diventato come gli altri degli ambienti che frequentava dove le sue menzogne erano prese per verità.
Cfr. Nietzsche: “Chi lotta coi mostri deve guardarsi dal diventare un mostro anche lui. E se tu guarderai a lungo in un abisso, anche l’abisso vorrà guardare te” (Nietzsche, Di là dal bene e dal male , Aforismi e interludi, 146.)
Dimitri non vedeva una via d’uscita. Era un uomo fangoso con altra gente in un pantano e con l’animo offeso.
Come troncare le relazioni con Màrja Vasìljevna e con suo marito in modo da non vergognarsi davanti a quell’uomo e ai suoi figli? Come sciogliere senza menzogna le relazioni con Missy e i suoi simili?
Il fatto è che la fidanzata non gli garbava più.
Già Odisseo soffriva da quando gli era venuta a noia Calipso, l’amante che non gli piaceva più. Come risolvere la contraddizione tra il suo essere latifondista e il pensiero che aveva dell’illegittimità della proprietà terriera ereditata dalla madre? Come riparare i torti verso Katiùša?
Evidentemente i problemi grossi provengono dai suoi rapporti con le donne.
Si vergognava ricordando “come aveva fatto scivolare il denaro dentro il seno di Katiùša ed era scappato via da lei. Ah ah che schifo! -Esclamò ad alta voce- soltanto un farabutto, un vigliacco poteva agire così!”
Quindi si accusa di viltà anche verso l’amante e suo marito. Giudica oziosa e turpe tutta la sua vita “E a coronare il tutto, quel che hai fatto a Katiùša! Vigliacco, farabutto!” Non smette di fustigarsi con le autoaccuse.
“Gli altri mi giudichino pure come vogliono, li posso ingannare, ma non posso ingannare me stesso” (p. 102). Capì che lo schifo provato per il prossimo “era schifo di se stesso”.
Viceversa quando uno è contento di se stesso guarda con benevolenza anche il prossimo.
Era giunto il tempo della “pulizia dell’anima”, di sgombrare tutti i rifiuti accumulati dentro di sé.
L’aveva già fatto, ma ogni volta le lusinghe del mondo lo avevano irretito di nuovo. “Così si era purificato e rialzato tante volte”.
Ma ora la lezione della povera ragazza da lui sedotta è risolutiva.
Da giovani sogniamo attrici e principesse per il nostro martirio, come Totò Merumani di Gozzano, ma poi ci si accontenta della cuoca diciottenne e si giace con lei come Marte con Afrodite: “beato e resupino”.
Dimitri cntinuava a formulare buoni propositi: prima di tutto quello di essere veritiero.
“Dirò la verità s Missy, ledirò che sono un dissoluti e che non posso sposarla e l’ho illusa, e lo dirò anche a Mària, anzi lo dirò a suo marito. A Katiùša dirò che sono un vigliacco, che sono colpevole dinanzi a lei, e farò tutto quello che sta in me per alleviare la sua sorte. Sì, andrò a trovarla e le dirò di prdonarmi”. Io credo che la verità di queto pentimento sta nel fatto che Katiùša gli piaceva più delle due altre e l’aveva amata molto più di qualsiasi altra
Dunque: “Sì, le chiederò perdono, come lo chiedono i bambini. La sposerò, se necessario”.
Si tiene comunque una grossa riserva: sposarsi non è mai necessario.
Quindi una preghiera: “Signore, aiutami, insegnami, vieni e scendi in me, e purificami di tutte le lordure”.
Il commento di Tolstoj meno scettico del mio: “Dio, che viveva in lui, si era destato nella sua coscienza. Lo sentiva e perciò sentiva non solo la liberà , la forza e la gioia di vivere, ma tutta la potenza del bene. Tutto, tutto il meglio che l’uomo può fare, egli si sentiva adesso capace di farlo”.
Nemmeno Tolstoj considera del tutto buono questo pentimento.
“Aveva le lacrime agli occhi ed erano lacrime buone e cattive: buone perché erano lacrime di gioia per il risveglio dell’individuo spirituale che tutti quegli anni aveva dormito in lui; cattive perché erano lacrime di intenerimento su se stesso e la propria virtù”
Non manca in questa autoflagellazione una comonente scenica che si evidenzia ancora di più nelle ultime parole di Nechliùdov: “ Com’è bello, com’è bello, Dio mio, com’è bello!”diceva, pensando a quel che aveva nell’anima” (p, 104)
Un personaggio comunque simpatico a Tolstoj e a me.
Pesaro 26 settembre 2025 ore 17, 38 giovanni ghiselli
p. s.
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