lunedì 15 settembre 2025

Non ho idee preconcette e valuto tutto con il mio spirito critico.


 

Non ho risparmiato critiche anche aspre a questo governo e non ho mancato di rivelare né di rilevare il decadimento della scuola sia nell’istruzione sia nell’educazione. Tuttavia mi capita di trovare che qualche volta anche i miei avversari dicono e fanno quello che farei anche io che frequento scuole da primo ottobre 1950.

Questa mattina ho scritto un post ferocemente satirico nei confronti del ministro Tajani, ora voglio approvare tre provvedimenti annunciati dal ministro dell’istruzione e del merito Giuseppe Valditara che altre volte ho disapprovato anche con toni forti.

Ebbene, sono favorevole al voto di condotta, alla proibizione del cellulare a scuola, all’apprendimento a memoria delle parole belle degli autori bravi.

Il voto di condotta valorizzato serve a restituire alla disciplina il valore che ha nella formazione degli uomini e degli Stati.

Avvaloro queste parole con un paio di citazioni

Il console Tito Manlio Torquato durante la guerra contro i Latini (340-338 a. C.) condannò a morte il figlio che aveva osato combattere contro il suo ordine, di capo e di padre.

 Le parole dell’accusa sono queste:"tu, T. Manli, neque imperium consulare neque maiestatem patriam veritus, adversus edictum nostrum extra ordinem in hostem pugnasti, et,

quantum in te fuit, disciplinam militarem, qua stetit ad hanc diem Romana res  solvisti " (Tito Livio, VIII, 7) tu, Tito Manlio,senza riguardo per il comando dei consoli e per l'autorità paterna, hai combattuto il nemico contro le nostre disposizioni, fuori dallo schieramento, e, per quanto è dipeso da te, hai dissolto la disciplina militare, sulla quale sino ad ora si è fondata la potenza romana.

A proposito della disciplina che tiene in piedi la potenza romana, ricordo anche il discorso che  il genero di Vespasiano, Ceriale, tenne nel 70 d. C. ai Trèviri e ai Lìngoni  riuniti ad ascoltarlo.

C’è la tesi politica della giusta dominazione dell’Urbe signora del mondo.

“Octingentorum annorum fortunā disciplināque compages haec coaluit: quae convelli sine exitio convellentium non potest” (Tacito, Hist. IV, 74). questa mole  consolidata con la fortuna e la disciplina di ottocento anni non può essere abbattuta senza rovina di chi la abbatte.

 

Secondo punto

L’uso del cellulare comporta il disuso della lettura dei libri buoni, dell’attenzione rivolta alle persone presenti, del rispetto che dobbiamo al prossimo osservandolo e ascoltandolo, dando importanza a quanto dice e fa, almeno sino a quando non abbia demeritato. Il telefonino andrebbe draconiamente vietato anche a chi pedala una bicicletta, o guidi un veicolo a motore. Costoro mentre fissano il cellulare diventano potenziali assassini. La scuola con gli studenti che maneggiano quello strumento occultamente o palesemente diventa il paese dei balocchi più quello degli imbroglioni.

Terzo punto: ben vengano: le poesie a memoria. Queste potenziano la forza della memoria che è la cassaforte del sapere, raffinano il gusto messo alla prova nella scelta dei versi più belli che andrebbero concordati tra docenti e discenti volonterosi, e aiutano chi parla dotandolo di citazioni utili esemplificare, a persuadere, a primeggiare nell’agorà.


Nel quotidiano “la Repubblica” di oggi, nelle pagine 22 e 23 c’è un lungo artocolo di Massimo Recalcati intitolato

“A scuola

Tornare indietro

Può insegnarci

A crescere

Le decisioni ministeriali sul divieto di usare il cellulare,

sul voto di condotta e sulle poesie a memoria sono lette

ideologicamente. Ma è in classe che scopriamo il limite”..

 

Troppe parole poco efficaci. Chi sa parlare e sa scrivere dice di più con

 meno parole. Fa centro.

Nessuna citazione che storicizzi e nobiliti il discorso.

Non ha imparato nulla a memoria Recalcati?

Tuttavia l’articolo non è spregevole, anzi ha qualche pregio: mi ha ispirato questa risposta con tanto di correzione. Questa è la mia deformazione professionale

 

Pesaro 15 settembre 2025 ore 17, 32 giovanni ghiselli

p. s.

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