Era notte. Dimitri sapeva che Katiuša dormiva sola nella stanza della servitù. Uscì e si avviò sulla neve verso quella la finestra.
Il cuore gli martellava così forte che lo sentiva. Il respiro era affannato. Presagiva che si avviava a compiere un’azione che avrebbe inciso nella sua carne viva oltre che in quella della ragazza.
Vide Katiuša che “sedeva al tavolo, pensosa e guardava davanti a sè” (p. 62). Dimitri la osservava da fuori attraverso il vetro. La ragazza a un tratto sorrise, tentennò la testa, quasi a rimproverarsi, poi posò di scatto le due mani sul tavolo e fissò lo sguardo nel vuoto.
Dimitri osservava il viso di Katiuša tormentato da una lotta interiore e provava pietà per lei, una strana pietà che accresceva la sua bramosia.
Una pietà spietata, come quella di Enea.
Bussò alla finestra, la ragazza si avvicinò e sorrise con paura. Katiuša si voltò verso la porta, l’uomo si allontanò dalla finestra. Si sentì il canto dei galli che usciva dalla nebbia.
Nel Satyricon il canto del gallo è un segno di sventura:
“Haec dicente eo gallus gallinaceus cantavit. qua voce confusus Trimalchio vinum sub mensa iussit effundi lucernamque etiam mero spargi. immo anulum traiecit in dexteram manum et:"non sine causa" inquit" hic bucinus signum dedit; nam aut incendium oportet fiat, aut aliquis in vicinia animam abiciat. longe a nobis! itaque quisquis hunc indicem attulerit, corollarium accipiet". dicto citius de vicinia gallus allatus est, quem Trimalchio iussit, ut aeno coctus fieret. laceratus igitur ab illo doctissimo coco, qui paulo ante de porco aves piscesque fecerat, in caccặbum est coniectus" (74, 1-4), mentre quello parlava così un gallo cantò. Trimalchione turbato da questo verso ordinò che si versasse del vino sotto la tavola e che anche la lucerna fosse spruzzata di vino. Per giunta fece passare l'anello[1] nella mano destra[2] e disse:"non senza motivo questo trombettiere ha dato il segnale; infatti ci deve essere un incendio o qualcuno nei dintorni deve lasciare la vita. Lungi da noi! Perciò chiunque porterà questo iettatore, riceverà una mancia". In men che non si dica fu portato un gallo dai paraggi e Trimalchione ordinò che venisse cotto in una casseruola. Tagliato dunque a pezzi da quel cuoco sapientissimo che poco prima aveva ricavato da un porco uccelli e pesci, fu gettato in pentola.
Qui i galli sono più di uno e cantano due volte; segno erotico e segno di doppia sventura. Fuori c’è nebbia, una sorta di correlativo meteorologico dello stato d’animo di questi due amanti poco chiari a se stessi
Dimitri tornò alla finestra poi andò a bussare alla porta. Lei uscì e lui la abbracciò senza dire parola. Poi il bacio. Lui era pieno di un tormentoso desiderio. Si sentì la voce della cameriera: chiamava Katiuša che si svincolò e tornò nella stanza. Dimitri si tolse le scarpe per non fare rumore e si accostò all’uscio di Katiuša sussurrandone il nome.
La ragazza provò a ricusarsi “ma tutto il suo essere gridava. “Sono tutta tua!”.
Avviene il momento in cui la riottosità della donna è chiaramente simulata per mettere alla prova la risolutezza del corteggiatore.
Dimitri lo aveva capito. Non aveva invece capito che mostrandosi irrisoluto poteva indurre lei a farsi avanti propositiva e probabilmente il rapporto sarebbe stato più sereno.
“Su apri un minutino” disse lui. E lei aprì.
“La sventurata rispose” aveva scritto Manzoni, un’espressione che trovo ridicola.
Credo che nell’amore tra un uomo e un donna che si piacciono non possa esserci sventura, non certo mentre lo fanno. La sventura può venire dopo se i due si aspettano un seguito che non può esserci, improvvidi di un avvenir malfido
Dimitri la sollevò e la portò in camera sua.
“Ah che fate?” bisbigliò lei. Una domanda retorica.
Poi un ultimo tentativo di resistenza poco pertinace: “No, no, non sta bene, lasciatemi, -disse ma intanto si stringeva a lui” (p. 64).
Segue un pudica aposiopesi segnalata da una trentina di puntini
Cela il rapporto sessuale tra i due. Più avanti leggeremo che la ragazza è rimasta incinta.
Compiuto quello che volevano entrambi, la ragazza se ne andò “tremante e silenziosa” e Dimitri “uscì sul terrazzino cercando di capire il significato di quanto era successo”.
Il rapporto evidentemente è andato male perché quando dà soddisfazione ci riempie di gioia, si elevano inni di gratitudine agli dèi che ci hanno favoriti.
Quindi il dilemma che, come ho già scritto, nell’amore è falso perché nel dubbio la risposta è sempre la peggiore, la più dolorosa.
Un altro brutto segno: “la luna calante gettava una luce fosca su qualcosa di nero e di pauroso”.
Ibant obscuri sola sub nocte per umbram
perque domos Ditis vacua set inania regna;
quale per incertam lunam sub luce maligna
est iter in silvis, ubi caelum condidit umbra
Iuppiter er rebus nox abstulit atra colorem” (Virgilio, Eneide, VI, 268- 273), andavano nelle tenebre, sotto la notte deserta, in mezzo all'ombra,
e per la dimore vuote di Dite e i regni del nulla,
quale per luna incerta sotto una luce maligna
c'è un passaggio tra i boschi, quando Giove ha sepolto il cielo
con l'ombra e la notte nera ha portato via il colore alle cose.
Assoluto servo di un despota Virgilio e pure grande maestro di scrittura dal punto di vista formale.
Andavano dunque verso i regni del nulla anche questi due amanti. Dimitri si pentirà come Enea e chiederà scusa all’amante abbandonata e vilipesa.
Sentiamo infine lo pseudo dilemma di Nechliùdov: “Che cosa è questo? Una grande fortuna o una grande disgrazia?- si chiedeva fra sé- E’ sempre così, son tutte così”, concluse poi, e andò a dormire” (p.64)
Pesaro13 settembre 2025 ore 10, 09 giovanni ghiselli
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