Mentre la Màslova procedeva con la scorta, spossata dalla lunga camminata, verso l’edificio della Corte d’assise, il nipote delle sue protrettrici, il principe Dimitrij Ivànovič Nchljùdov, colui che l’aveva sedotta, giaceva ancora nell’alto letto a molle, sul materasso di piume, e, sbottonato ancora il collo della candida camicia da notte, di tela d’Olanda con le piegoline stirate sul petto, fumava una sigaretta. Poi si fece la doccia. Qui inondò d’acqua il bianco corpo muscoloso e pingue”. Questi due aggettivi accostati formano un ossimoro come ossimorici tra loro sono diventati i due ex amanti di qualche anno prima. Fanno vite antitetiche tra loro.
“Tutte le cose che egli adoperava, tutti gli accessori di toeletta, la biancheria, i vestiti, le scarpe, le cravatte, le spille, i bottoni, tutto era di primissima qualità, fine, semplice, solido e costoso”
L’aggettivo semplice segnala il buon gusto del principe e pure il fatto che il suo agire contorto, disonesto con Katjuša adolescente possa tornargli indigesto.
Quindi il principe legge una lettera della principessina Korčàghina che era una sua pretendente.
Nechliùdov si rannuvolò. “Il biglietto era la continuazione dell’abile intrigo che da due mesi la principessina andava tessendo intorno a lui e che consisteva nel legarlo sempre più con fili invisibili” (p. 15)
Il principe era renitente a queste nozze e non per la storia della ragazza sedotta che non ricordava più, ma perché aveva una relazione con una donna maritata che gli ripugnava sempre più, eppure gli stava addosso impegnandolo. “Nechliùdov era molto timido con le donne e proprio questa sua caratteristica aveva destato nella donna maritata il desiderio di soggiogarlo ed egli non aveva avuto il coraggio di rompere la relazione senza il suo consenso”.
Trovandosi irretito e disgustato da tali consumate volpi, il rivedere la ragazza innocente sedotta e mandata in rovina da lui avrebbe provocato uno sconvolgimento nel suo animo, un bisogno assoluto di chiarimento.
E’ la mancanza di chiarezza che rende ambigui, complicati e dolorosi i rapporti umani.
Così come quelli politici e geopolitici aggiungo. Cito a questo proposito alcune parole di Tomaso Montanari che ho letto nell’inserto il venerdì di Repubblica di oggi e mi sono piaciute: “Un genocidio fatto anche da noi: un evento sconvolgente anche sul piano dei princìpi e dei valori, capace di segnare il nostro mondo morale per tutta la vita. Per questo l’ Ora d’arte non riesce a parlare d’altro. Del resto l’arte parla della condizione umana”.
Il pensiero di questo massacro che seguita ogni giorno e ci viene mostrato perseguita le coscienze umane e non possiamo eliminarlo. Lo stesso accadrà al principe seduttore della ragazza: il caso o il destino gliela farà incontrare di nuovo, diventati rispettivamente giudice e imputata, e lui non potrà più liberarsi dal pensiero di lei e dal rimorso del male che le ha fatto.
Pesaro 5 settembre 2025 ore 20, 36 giovanni ghiselli
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