“Da allora, per tre anni, Nechliùdov non rivide Katiùša.
Era diventato ufficiale e fece una capatina dalle zie mentre andava al fronte. Era diventato un uomo diverso rispetto a tre anni addietro.
“Allora era un giovane onesto, altruista, pronto a dare se stesso per ogni buona causa; adesso era un corrotto e raffinato egoista, solo amante del suo piacere. Allora il mondo di Dio gli appariva come un mistero che cercava di decifrare con gioia; adesso tutto era semplice e determinato dalle condizioni di vita in cui si trovava. Allora era importante e necessaria la comunione con la natura, con i poeti e con i filosofi; adesso erano necessarie e importanti le istituzioni umane e la società. Allora la donna era un essere misterioso e affascinante per il suo mistero; adesso era uno dei migliori strumenti di piacere già sperimentato. Allora non spendeva nemmeno un terzo del denaro che gli passava la madre; adesso non gli bastavano i 1500 rubli che riceveva. Allora considerava il proprio essere spirituale come il suo vero io; ora considerava tale il suo sano, robusto, animalesco io”.
Seguono parole nelle quali riconosco una mia degenerazione avvenuta tra i 19 e i 22 anni, e forse anche molti di voi lettori ci si ritroveranno
“E tutto questo strano mutamento si era compiuto in lui soltanto perché aveva cessato d’aver fede i sé e aveva cominciato ad aver fede negli altri”.
Avere fede negli altri significa credere nelle fanfaronate, nelle menzogne, nelle propagande, nelle mode. Riferisco a me stesso per farmi capire. Prima ero sano: studiavo, facevo sport, non fumavo diversamente dai più che non mi accettavano per la mia stranezza. Finito il liceo, per farmi accettare, imitavo gli altri goffamente, contro voglia rendendomi spregevole agli occhi di tutti compresi i miei stessi occhi.
Torno a Dimitri: “ Avendo fede in sé, si esponeva sempre a essere condannato dagli uomini; avendo fede negli altri riscuoteva l’approvazione di coloro che lo circondavano”.
Il più delle volte non si riceve nemmeno questa.
La pagina che ho riferito (49) è una delle più educative che abbia mai letto. La lessi per la prima volta quando insegnavo al ginnasio. Ero malvisto dai miei colleghi perché studiavo e insegnavo autori non canonici secondo loro, perché già in quinta ginnasio traducevo e commentavo l’ Edipo re di Sofocle entusiasmando gli studenti per giunta e invogliandoli a studiare il greco.
Allora avevo capito già da tempo che dovevo credere in me stesso se volevo sopravvivere e fare qualcosa per il bene comune. Continua
Pesaro 9 settembre 2025 ore 15, 39 giovanni ghiselli.
p. s.
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