martedì 25 aprile 2017

recensione di "Il fiume di Eraclito. Poesie" di Adriana Pedicini. V parte

Ho impiegato tante parole perché l’esecrazione dello sfoggio e dello spreco mi è congeniale

Ecco allora che l’anima
Vive nella libertà di deserti intatti
Che di poco o niente si compiace
E di ciel s’appaga, nella gioia sacra del dono
Che non attende la sua resa
Non olezzante di denaro lordo

Il denaro è spesso lordo non solo dal punto di vista estetico, come si è detto, ma pure da quello etico, ossia è spesso sporco di sangue.
Seneca nel De ira ricorda che i re incrudeliscono e compiono rapine e distruggono città costruite con lunga fatica di secoli per cercare oro e argento dentro le ceneri delle città:"reges saeviunt rapiuntque et civitates longo saeculorum labore constructas evertunt ut aurum argentumque in cinere urbium scrutentur " (III, 33, 1).
Virgilio nell'Eneide considera la brama dell'oro come il motore di efferati delitti:" Polydorum obtruncat et auro/ vi potitur. Quid non mortalia pectora cogis, /auri sacra fames! ", massacra Polidoro e con violenza si impossessa dell'oro. A cosa non spingi i cuori umani, maledetta fame dell'oro! (III, 55-57).
 Faccio solo un esempio tra i moderni: Shakespeare nelTimone di Atene definisce l'oro "uno schiavo giallo" che "cucirà e romperà ogni fede, benedirà il maledetto e farà adorare la livida lebbra, collocherà in alto il ladro e gli darà titoli, genuflessioni ed encomio sul banco dei senatori", e, subito dopo: "Maledetta mota, comune bagascia del genere umano che metti a soqquadro la marmaglia dei popoli"(IV, 3).
Concludo tornando alla poesia di Adriana
I fiumi di champagne non puliscono l’anima dalle sue macchie che nemmeno l’Oceano può detergere[1]
L’anima:
 “non mette guardie a difesa dei suoi averi
ma tutti in sé li porta di virtù fatti e di pensiero
che a giustizia mira e ad amore eterno”


fine

giovanni ghiselli



[1] Nel Macbeth il protagonista, dopo che ha assassinato il re, fa:" Will all great Neptune's Ocean wash this blood clean from my hand?, tutto l'oceano del grande Nettuno potrà lavar via questo sangue dalla mia mano? No, piuttosto questa mia mano tingerà del colore della carne le innumeri acque del mare facendo del verde un unico rosso (II, 2).
Il modello di questo passo si trova nella Fedra dove Ippolito, sentendosi contaminato dalla matrigna, dice:" quis eluet me Tanais aut quae barbaris/Maeotis undis pontico incumbens mari?/Non ipse toto magnus Oceano pater tantum expiarit sceleris, o silvae, o ferae! " (vv.715-718), quale Tanai mi laverà o quale Meotide che con le barbare onde preme sul mare pontico? Nemmeno il grande padre mio con tutto l'Oceano potrebbe espiare un delitto così enorme. O foreste, o fiere!

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