Sir Lawrence Alma-Tadema Phidias showing the Parthenon Frieze to his Friends |
Nella Politica
Aristotele afferma che dove le leggi non sono sovrane appaiono i demagoghi, in
quanto allora diventa sovrano il popolo. Un popolo del genere diventa dispotico
in quanto non è governato dalla legge. In questa situazione sono reputati gli
adulatori, e una democrazia di tale fatta corrisponde alla tirannide tra le forme
monarchiche. Infatti le decisioni dell’assemblea corrispondono agli editti del
tiranno e il demagogo corrisponde all’adulatore. Il popolo è sovrano di tutto, il
demagogo lo è dei sentimenti del popolo. Dunque ha ragione chi dice che tale
democrazia non è una costituzione, poiché non c’è costituzione dove non
comandano le leggi ( o[pou ga; r mh; novmoi
a[rcousin, oujk e[sti politeiva, 1292a). Nella democrazia radicale c’è
l’oppressione sui migliori attraverso i decreti (yhfivsmata)
che prevalgono sulle leggi (novmoi).
Così nella tirannide gli editti ejpitavgmata
prevalgono sulle leggi.
Nella Costituzione
degli Ateniesi, scritta negli ultimi anni di vita, il filosofo di Stagira (384
- 322 a. C.) passa in rassegna gli 11 regimi che si sono succeduti ad Atene e
nota gli errori seguiti alla riforma di Efialte che abbatté il potere
dell’Areopago: da allora il governo commise più errori a causa dei demagoghi dia; th; n th'~ qalavssh~ ajrchvn (41, 2),
per il potere sul mare. Poi ci fu la costituzione dei Quattrocento e la
tirannide dei Trenta, quindi, con la restaurazione democratica, il popolo si è
reso padrone assoluto di ogni cosa: “aJpavntwn
ga; r aujto; ~ auJto; n pepoivhken oJ dh'mo~ kuvrion” (41, 2). Anche il
filosofo di Stagira preferisce un governo affidato al ceto dei possidenti.
Contro l’impero marittimo
“Aristotele nella Costituzione
degli Ateniesi fa derivare il processo di radicalizzazione della democrazia
ateniese fino al tipo della dominazione di massa, dall’evoluzione di Atene a
potenza marittima[1]… Platone
è d’accordo con Aristotele e col vecchio Isocrate in questo atteggiamento
negativo di fronte all’impero marittimo ateniese, come sul punto della
costituzione mista[2]...
Da Aristotele, inoltre, la formazione della potenza navale ateniese e la
diminuzione dell’autorità dell’Areopago vengono poste in relazione scambievole
e date come causa della degenerazione della democrazia[3].
Anche questa idea fa parte della critica, di stampo conservatore, allo stato
pericleo, alla democrazia imperialistica e marinara, anzi è possibile
rintracciarla anche in età più antica. Già nei Persiani di Eschilo…appare che il destino dei barbari sia stato
definitivamente segnato solo con la battaglia terrestre di Platea[4].
Platone va più in là e ricusa di riconoscere importanza decisiva alla battaglia
navale di Salamina, che era il gran titolo della gloria nazionale ateniese. Erano
state le disfatte persiane a Maratona e a Platea, le battaglie salvatrici della
libertà della Grecia[5]”[6].
Nelle Leggi di
Platone, l’Ateniese cita Omero: nell’Iliade
Odisseo insulta Agamennone quando il capo, essendo l’esercito in difficoltà, ordina
di spingere le navi in mare (Iliade
XIV, 82 - 102). Dunque Odisseo capiva che è un male la presenza in mare delle
triremi (kako; n ejn qalavssh/ trihvrei~,
707a) in aggiunta agli opliti. Poi l’Ateniese sostiene che la salvezza dai
Persiani iniziò a Maratona (490) e si concluse a Platea (479) e resero i Greci
migliori, mentre le battaglie navali dell’Artemisio e di Salamina non li resero
migliori (707c).
Nella Costituzione
degli Ateniesi pseudosenefontea il dialogante A biasima la democrazia come
prepotenza del popolo, e sostiene che essa è la conseguenza dell’impero
marittimo: la canaglia ha preso il potere e ha reso forte la città o{ti oJ dh'mo; ~ ejstin oJ ejlauvnwn ta; ~ nau'~
(1, 2), in quanto è il popolo che fa andare le navi.
Del resto non mancano in letteratura critiche alla
Costituzione e all’educazione degli Spartani
Tipi odiosi sono gli Spartani,
soprattutto nell'Andromaca che risale
ai primi anni della grande guerra del Peloponneso[7],
ed è un concentrato di malevolenza e maldicenza antispartana.
La stessa protagonista lancia un anatema contro la genìa dei
signori del Peloponneso, chiamati yeudw'n
a[nakte~: " o i più odiosi (e[cqistoi)
tra i mortali per tutti gli uomini, abitanti di Sparta, consiglieri fraudolenti,
signori di menzogne, tessitori di mali, che pensate a raggiri e a nulla di
retto, ma tutto tortuosamente, senza giustizia avete successo per la Grecia (vv.
445 - 449).
Dal canto suo Peleo, il nonno di Neottolemo, esecra le
Spartane e i loro costumi: neppure se lo volesse potrebbe restare onesta[8]
("swvfrwn", v. 596) una
delle ragazze di Sparta che insieme ai ragazzi, lasciando le case con le cosce
nude ("gumnoi'si mhroi'"",
v. 598) e i pepli sciolti, hanno corse e palestre comuni, cose per me non
sopportabili " (Andromaca, vv. 595
- 600).
Nelle Leggi di Platone,
l’Ateniese ricorda allo Spartano che l’ideale guerriero della sua città non si
cura abbastanza di esercitare la capacità di resistenza al piacere, e aggiunge
che non sarebbe difficile per chi volesse difendere le leggi di Atene criticare
le norme spartane indicando la licenza delle loro donne: “deiknu; ~ th; n tw`n gunaikw`n parj uJmi`n
a[nesin “(637c).
“The Andromache, written
early in the Peloponnesian War, shows a loathing of Spartan arrogance and
cruelty and deviousness”[9],
l’Andromaca, scritta nei primi anni
della guerra del Peloponneso, mostra un disgusto per l’arroganza, la crudeltà e
la tortuosità degli Spartani.
Nel dialogo tucidideo tra Melii e Ateniesi questi biasimano i loro
nemici con minore virulenza: “ I Lacedemoni fanno uso della virtù soprattutto
verso se stessi e le istituzioni del loro paese. Ma verso gli altri, pur
potendo uno dire molte cose su come si comportano, riassumendo al massimo, si
potrebbe dimostrare che essi nel modo più evidente tra quelli che conosciamo, considerano
il piacevole bello e il conveniente giusto" (Storie, V, 105, 4). Cfr. Trasimaco.CONTINUA
[1] Arist. jAqhn. Pol. C.
27, 1
[2] Isocrate ragionò più fondo questa
teoria più tardi, nel Panatenaico, ma
mentre Platone vede realizzato in Sparta l’ideale della costituzione mista (Legg. 692a), Isocrate lo riporta
nell’antica Atene, già da lui elevata a modello nell’Areopagitico.
[3] Arist. J Aqhn. Pol.
c, 27, 1
[4] Aesch. Pers. 800 s.
[5] Leggi 707b - c.
[6]
Jaeger, Paideia 3, p. 423.
[7]
429 a. C.
[8] Plutarco dà un'interpretazione non malevola dello
stesso fatto: il legislatore volle che le fanciulle rassodassero il loro corpo
con corse, lotte, lancio del disco e del giavellotto.. per eliminare poi in
loro qualsiasi morbidezza e scontrosità femminile, le abituò a intervenire nude
nelle processioni, a danzare e a cantare nelle feste sotto gli occhi dei
giovani (Vita di Licurgo, 14). E' interessante il fatto che Erodoto (I, 8) viceversa
fa dire a Gige: "la donna quando si toglie le vesti, si spoglia anche del
pudore".
[9] Moses Hadas and
John McLean, with an introduction by Moses Hadas, Ten plays by Euripides, Bantam Books, New York, 1966, p. VIII - IX
Giovanna Tocco
RispondiEliminamolto interessante