NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

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lunedì 10 aprile 2017

Il potere. VII parte

Sir Lawrence Alma-Tadema
Phidias showing the Parthenon Frieze to his Friends

Nella Politica Aristotele afferma che dove le leggi non sono sovrane appaiono i demagoghi, in quanto allora diventa sovrano il popolo. Un popolo del genere diventa dispotico in quanto non è governato dalla legge. In questa situazione sono reputati gli adulatori, e una democrazia di tale fatta corrisponde alla tirannide tra le forme monarchiche. Infatti le decisioni dell’assemblea corrispondono agli editti del tiranno e il demagogo corrisponde all’adulatore. Il popolo è sovrano di tutto, il demagogo lo è dei sentimenti del popolo. Dunque ha ragione chi dice che tale democrazia non è una costituzione, poiché non c’è costituzione dove non comandano le leggi ( o[pou ga; r mh; novmoi a[rcousin, oujk e[sti politeiva, 1292a). Nella democrazia radicale c’è l’oppressione sui migliori attraverso i decreti (yhfivsmata) che prevalgono sulle leggi (novmoi). Così nella tirannide gli editti ejpitavgmata prevalgono sulle leggi.
Nella Costituzione degli Ateniesi, scritta negli ultimi anni di vita, il filosofo di Stagira (384 - 322 a. C.) passa in rassegna gli 11 regimi che si sono succeduti ad Atene e nota gli errori seguiti alla riforma di Efialte che abbatté il potere dell’Areopago: da allora il governo commise più errori a causa dei demagoghi dia; th; n th'~ qalavssh~ ajrchvn (41, 2), per il potere sul mare. Poi ci fu la costituzione dei Quattrocento e la tirannide dei Trenta, quindi, con la restaurazione democratica, il popolo si è reso padrone assoluto di ogni cosa: “aJpavntwn ga; r aujto; ~ auJto; n pepoivhken oJ dh'mo~ kuvrion” (41, 2). Anche il filosofo di Stagira preferisce un governo affidato al ceto dei possidenti.

Contro l’impero marittimo
“Aristotele nella Costituzione degli Ateniesi fa derivare il processo di radicalizzazione della democrazia ateniese fino al tipo della dominazione di massa, dall’evoluzione di Atene a potenza marittima[1]… Platone è d’accordo con Aristotele e col vecchio Isocrate in questo atteggiamento negativo di fronte all’impero marittimo ateniese, come sul punto della costituzione mista[2]... Da Aristotele, inoltre, la formazione della potenza navale ateniese e la diminuzione dell’autorità dell’Areopago vengono poste in relazione scambievole e date come causa della degenerazione della democrazia[3]. Anche questa idea fa parte della critica, di stampo conservatore, allo stato pericleo, alla democrazia imperialistica e marinara, anzi è possibile rintracciarla anche in età più antica. Già nei Persiani di Eschilo…appare che il destino dei barbari sia stato definitivamente segnato solo con la battaglia terrestre di Platea[4]. Platone va più in là e ricusa di riconoscere importanza decisiva alla battaglia navale di Salamina, che era il gran titolo della gloria nazionale ateniese. Erano state le disfatte persiane a Maratona e a Platea, le battaglie salvatrici della libertà della Grecia[5][6].
Nelle Leggi di Platone, l’Ateniese cita Omero: nell’Iliade Odisseo insulta Agamennone quando il capo, essendo l’esercito in difficoltà, ordina di spingere le navi in mare (Iliade XIV, 82 - 102). Dunque Odisseo capiva che è un male la presenza in mare delle triremi (kako; n ejn qalavssh/ trihvrei~, 707a) in aggiunta agli opliti. Poi l’Ateniese sostiene che la salvezza dai Persiani iniziò a Maratona (490) e si concluse a Platea (479) e resero i Greci migliori, mentre le battaglie navali dell’Artemisio e di Salamina non li resero migliori (707c).

Nella Costituzione degli Ateniesi pseudosenefontea il dialogante A biasima la democrazia come prepotenza del popolo, e sostiene che essa è la conseguenza dell’impero marittimo: la canaglia ha preso il potere e ha reso forte la città o{ti oJ dh'mo; ~ ejstin oJ ejlauvnwn ta; ~ nau'~ (1, 2), in quanto è il popolo che fa andare le navi.

Del resto non mancano in letteratura critiche alla Costituzione e all’educazione degli Spartani
Tipi odiosi sono gli Spartani, soprattutto nell'Andromaca che risale ai primi anni della grande guerra del Peloponneso[7], ed è un concentrato di malevolenza e maldicenza antispartana.
La stessa protagonista lancia un anatema contro la genìa dei signori del Peloponneso, chiamati yeudw'n a[nakte~: " o i più odiosi (e[cqistoi) tra i mortali per tutti gli uomini, abitanti di Sparta, consiglieri fraudolenti, signori di menzogne, tessitori di mali, che pensate a raggiri e a nulla di retto, ma tutto tortuosamente, senza giustizia avete successo per la Grecia (vv. 445 - 449).
Dal canto suo Peleo, il nonno di Neottolemo, esecra le Spartane e i loro costumi: neppure se lo volesse potrebbe restare onesta[8] ("swvfrwn", v. 596) una delle ragazze di Sparta che insieme ai ragazzi, lasciando le case con le cosce nude ("gumnoi'si mhroi'"", v. 598) e i pepli sciolti, hanno corse e palestre comuni, cose per me non sopportabili " (Andromaca, vv. 595 - 600).
Nelle Leggi di Platone, l’Ateniese ricorda allo Spartano che l’ideale guerriero della sua città non si cura abbastanza di esercitare la capacità di resistenza al piacere, e aggiunge che non sarebbe difficile per chi volesse difendere le leggi di Atene criticare le norme spartane indicando la licenza delle loro donne: “deiknu; ~ th; n tw`n gunaikw`n parj uJmi`n a[nesin “(637c).

The Andromache, written early in the Peloponnesian War, shows a loathing of Spartan arrogance and cruelty and deviousness[9], l’Andromaca, scritta nei primi anni della guerra del Peloponneso, mostra un disgusto per l’arroganza, la crudeltà e la tortuosità degli Spartani.
Nel dialogo tucidideo tra Melii e Ateniesi questi biasimano i loro nemici con minore virulenza: “ I Lacedemoni fanno uso della virtù soprattutto verso se stessi e le istituzioni del loro paese. Ma verso gli altri, pur potendo uno dire molte cose su come si comportano, riassumendo al massimo, si potrebbe dimostrare che essi nel modo più evidente tra quelli che conosciamo, considerano il piacevole bello e il conveniente giusto" (Storie, V, 105, 4). Cfr. Trasimaco.



CONTINUA


[1] Arist. jAqhn. Pol. C. 27, 1
[2] Isocrate ragionò più fondo questa teoria più tardi, nel Panatenaico, ma mentre Platone vede realizzato in Sparta l’ideale della costituzione mista (Legg. 692a), Isocrate lo riporta nell’antica Atene, già da lui elevata a modello nell’Areopagitico.
[3] Arist. J Aqhn. Pol. c, 27, 1
[4] Aesch. Pers. 800 s.
[5] Leggi 707b - c.
[6] Jaeger, Paideia 3, p. 423.
[7] 429 a. C.
[8] Plutarco dà un'interpretazione non malevola dello stesso fatto: il legislatore volle che le fanciulle rassodassero il loro corpo con corse, lotte, lancio del disco e del giavellotto.. per eliminare poi in loro qualsiasi morbidezza e scontrosità femminile, le abituò a intervenire nude nelle processioni, a danzare e a cantare nelle feste sotto gli occhi dei giovani (Vita di Licurgo, 14). E' interessante il fatto che Erodoto (I, 8) viceversa fa dire a Gige: "la donna quando si toglie le vesti, si spoglia anche del pudore".
[9] Moses Hadas and John McLean, with an introduction by Moses Hadas, Ten plays by Euripides, Bantam Books, New York, 1966, p. VIII - IX

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