sabato 5 maggio 2018

Giovani innamorati nel Mondo antico. Parte 3



-453 konivh/si=ionico epico per konivai".
La polvere kovni" -koniva

La polvere nella letteratura antica è segno di aridità, sterilità e morte.
Nell'Agamennone di Eschilo la polvere è definita "assetata sorella del fango" (vv. 494-495) . Platone attribuisce alla polvere e all'aridità significati negativi: nel mito di Er della Repubblica le anime che vengono dal viaggio millenario sottoterra sono "mesta;" aujcmou' te kai; kovnew"" (614d), piene di squallida aridità e di polvere.
Pure nell'Oedipus di Seneca il morbo del cielo (Fecimus coelum nocens , abbiamo reso funesto il cielo, si autoaccusa Edipo, v.36) si riflette nell'aridità della terra:"Deseruit amnes humor atque herbas color,/aretque Dirce; tenuis Ismenos fluit,/et tingit inopi nudă vix undā vadă-"(41-44), l'acqua ha abbandonato i fiumi e il colore le erbe, e Dirce è secca; come un rigagnolo scorre l'Ismeno e con l'onda senz'acqua bagna a stento il letto vuoto.

La polvere è il simbolo negativo della sterilità e della morte: prefigura l'inevitabile esito della nostra vita:"what is this quintessence of dust? " (Amleto, 2, 2), che cosa è per me questa quintessenza di polvere? domanda il principe di Danimarca. Naturalmente l'uomo, e pure la donna dei quali Amleto non si prende alcun piacere.
 "Alexander died, Alexander was buried, Alexander returned into dust" (Amleto, 5, 1), Alessandro morì, Alessandro fu sepolto, Alessandro ridivenne polvere.

Un canto funebre del Cimbelino “non devi temere più la vampa del sole, né gli aspri furori dell’inverno, hai assolto il tuo cpmpito nel mondo, sei andato a casa e hai avuto la paga.
Golden lads and girls all must/as chimney-sweepers, come to dust” ( IV, 2), ragazzi e fanciulle d’oro tornano tutti alla polvere come chi spazza i camini
Nell'Agamennone di Eschilo l'Araldo che viene ad annunciare l'arrivo del vincitore è accompagnato dal segno negativo della diyiva kovni" (v. 495), l'assetata polvere, sorella vicina del fango

Nella Waste land di Eliot si legge:"I will show you fear in a handful of dust " (v. 30), in un pugno di polvere vi mostrerò la paura.
E più avanti:"Qui non c'è acqua ma soltanto roccia/Roccia e non acqua e la strada di sabbia/La strada che serpeggia lassù fra le montagne/Che sono montagne di roccia senz'acqua (vv. 331-334)...Vi fosse almeno acqua fra la roccia (v. 338)...Non c'è neppure silenzio fra i monti/Ma secco sterile tuono senza pioggia/Non c'è neppur solitudine fra i monti(vv. 341-343)...Ma non c'è acqua (v. 358)".
D'Annunzio ambienta il dramma La città morta (del 1898) "Nell'Argolide "sitibonda" presso le rovine di Micene "ricca d'oro" dove Bianca Maria "tenendo tra le mani un libro aperto-l'Antigone di Sofocle- legge con voce lenta e grave" (I, 1).
Fine polvere



Ettore dunque è immerso nella civiltà di vergogna e fa gran conto della sua reputazione di eroe che del resto è pure la sua identità: egli, come Achille, come Aiace, cerca l'onore (timhv ) la cui perdita per il campione omerico è la tragedia massima.
Il compenso che il prode si aspetta in cambio dell'ajrethv dimostrata obbedendo a obblighi impegnativi fino al sacrificio, è un riconoscimento in termini di onore: la timhv negata è una tragedia per il valoroso che si è distinto in battaglia: Achille si rifiuta di combattere constando che l'uomo codardo e il valoroso sono tenuti nello stesso onore:" ejn de; ijh'/ timh'/ hjme;n kako;" hjde; kai; ejsqlov""[1]. Allora sua madre implora Zeus di onorargli il figlio:"tivmhsovn moi uiJovn"[2], onora mio figlio-prega-, poiché è di vita più breve degli altri, e il signore di genti Agamennone lo disonorò ("hjtivmhsen"[3]) : gli ha preso il suo dono e lo tiene. Achille per reazione allo scarso onore resogli da Agamennone arriva a provocare, sia pur involontariamente, la morte dell'amico Patroclo. Aiace giunge addirittura a uccidersi "per disdegnoso gusto". Ettore in effetti conserverà l'onore acquistato versando sangue per la patria fino alla chiusa dei Sepolcri di Foscolo e oltre.
Generoso come difensore troiano è stato il figlio di Priamo e pure buon marito che rispetta e ama la moglie.
Meno rispettoso della sua è Agamennone il quale, sempre nell' Iliade, afferma di preferire a Clitennestra Criseide in quanto la schiava-amante non le era inferiore "per il corpo né per la figura né per la mente né per le opere" (I, 115).
Nell'Agamennone di Eschilo anzi pare che sia stato questo amore ancillare troppo elogiato a mettere in moto il risentimento della moglie legittima:"kei'tai gunaiko;" th'sde lumanthvrio", -Crushivdwn meivligma tw'n uJp j jIlivw/"(vv. 1438-1439), “giace a terra il distruttore di questa donna,/la delizia delle Criseidi sotto Ilio” , grida Clitennestra dopo l'assassinio dello sposo. Non bassa comunque è la situazione della sposa troiana.

Odissea
Particolarmente significativo dell'alta condizione della donna nell'epos omerico, è il consiglio che Nausicaa dà a Ulisse nel VI canto: il naufrago deve chiedere aiuto non al re ma alla regina sua madre se vuole vedere il dì del ritorno (vv. 310-315).
"La posizione sociale della donna non fu mai più, presso i Greci, così elevata come sul declinare del periodo cavalleresco omerico.
Arete, la consorte del principe dei Feaci, è onorata dal popolo come una dea. Ne compone i litigi col suo presentarsi e determina le decisioni del marito col suo intervento o col suo consiglio[4]. Per ottenere di ritornare ad Itaca con l'aiuto dei Feaci, Odisseo, dietro suggerimento di Nausicaa, non si rivolge in primo luogo al padre di lei, al Re, ma abbraccia implorando le ginocchia della sovrana, ché decisiva è la benevolenza di questa per far esaudire la preghiera[5].
Quanta sicurezza nel contegno della stessa Penelope, così sola e abbandonata, di fronte allo sciame dei pretendenti che tumultuano protervi: ella infatti può sempre contare sul rispetto assoluto della sua persona e della sua dignità di donna[6]. I modi cortesi dei nobili signori con le donne del loro ceto è prodotto di un'annosa cultura e di un'alta educazione sociale. La donna è rispettata e onorata non solo quale essere socialmente utile, come nella famiglia contadina secondo l'insegnamento d'Esiodo[7], né solo quale madre della prole legittima, come nella borghesia greca posteriore, per quanto anche per i nobili, appunto, fieri del proprio albero genealogico, la donna debba avere importanza quale genitrice di un'eletta stirpe[8].
Essa è la rappresentante e la custode d'ogni elevato costume e tradizione. Questa sua dignità spirituale influisce anche sul comportamento amoroso dell'uomo. Nel primo canto dell'Odissea , che rappresenta in tutto idee morali più raffinate che le parti più antiche dell'epopea, troviamo un tratto notevole quanto alla relazione tra i due sessi. Quando Euriclea, la fida e onorata servente, scorta con la fiaccola Telemaco sino alla stanza da letto, il poeta, al modo epico, ne narra brevemente la vita. Il vecchio Laerte la comperò un giorno, quand'era una bella fanciulla, a carissimo prezzo. Per tutta la vita la tenne nella sua casa in onore pari a quello in cui era la nobile consorte, ma, per riguardo a questa, senza mai divider con essa il letto"[9].


CONTINUA



[1]Iliade , IX, 319
[2]Iliade , I, 505
[3]Iliade , I, 507
[4]h 71-74.
[5]Per il suggerimento di Nausicaa, v. z 310-315. Cfr. h 142 sgg. Anche Atena parla a Ulisse della riverenza di Alcinoo e dei suoi figli per Arete: h 66-70.
[6]a 330 ss.; p 409-451; s 158; f 63 ss.
[7]La casa, il bove e la moglie sono i tre elementi fondamentali della vita del contadino in Esiodo, Opp. 405 ( citato da Aristotele, Pol. I 2, 1252 b 10, nella sua famosa trattazione economica). In tutta la sua opera Esiodo considera l'esistenza della donna da un punto di vista economico, non solo nella sua versione della storia di Pandora, con cui vuole spiegare l'origine del lavoro e della fatica tra i mortali, ma anche nei precetti sull'amore, il corteggiamento e il matrimonio (ib. 373, 695 ss.; Theog. 590-612).
[8]Il "medio evo" greco, mostra, più chiaramente che altrove, il proprio interesse a questo lato del problema nella abbondante produzione poetica in forma di catalogo dedicata alle genealogie eroiche delle antiche famiglie, e più di tutto nei cataloghi di eroine famose, da cui quelle derivavano, del tipo delle jHoi'ai, giunteci col nome di Esiodo.
[9]Jaeger, Paideia 1, pp. 63-64.

1 commento:

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