domenica 10 giugno 2018

Lucrezio, "De rerum natura". V libro. parte 7

il "pius Enea" visto da Raffaello
particolare dell'affresco "Incendio di Borgo"



Che cosa è la pietas (cfr. quella pelosa di Enea)
Devozione non è mostrarsi spesso con il capo velato
 Nec pietas ullast velatum saepe videri né nel rivolgersi a una pietra vertier ad lapidem (1199), visitare tutti i templi, gettarsi a terra, cospargere le are di molto sangue di animali, nec votis nectere vota, intrecciare le offerte votive sed mage pacata posse omnia mente tueri (1203)
Temptat enim dubiam mentem rationis egestas” (1211) travaglia la mente dubbiosa la carenza di ragione
Bastano tuoni e fulmini a spaventare gli sprovveduti. Quelli pieni di sensi di colpa hanno sempre paura.
Perfino il comandante di una flotta induperator classis (1227) se viene colto da una tempesta nel mare si riempie di terrore.
L’arcaismo induperator vuole dare dignitas allo stile.

Sentiamo Quintiliano: “dignitatem dat antiquitas. Namque et sanctiorem et magis admirabilem faciunt orationem, quibus non quilibet fuerit usurus… sed utendum modo, nec ex ultimis tenebris repetenda” ( Institutio oratoria, VIII, 3, 24) non bisogna cercare le parole fin nelle tenebre più lontane.

Usque adeo res humanas vis abdita quaedam
Obterit et pulchros fascis saevasque secures
Proculcare ac ludibrio sibi habere videtur (1232-5), fino a tal puntouna forza nascosta calpesta le cose umane e sembra schiacciare e tenere a proprio ludibrio i bei fasci e le scuri crudeli.
Questa vis sconosciuta che calpesta le umane cose è la forza della natura.

Foscolo “e una forza operosa le affatica/di moto in moto, (Dei Sepolcri 19-20)
Foscolo ha scritto Della poesia, dei tempi e della religione di Lucrezio.
E Leopardi: Omai disprezza-te, la natura, il brutto poter che, ascoso, a comun danno impera” (A se stesso).

Quando ci sono i terremoti Denique sub pedibus tellus cum tota vacillat- concussaeque cadunt urbes dubiaeque minantur (1237), infine quando tutta la terra vacilla e squassate cadono le città e restano in bilico minacciose, allora non c’è da meravigliarsi se i mortali spregiano se stessi (se temnunt mortalia saecla) e lasciano il mondo all’immaginario grande potere degli dèi.

Quindi le scoperte
 aes atque aurum ferrumque repertumst
Et simul argenti pondus plumbique potestas (1241-2)
Con il fuoco videro che questi metalli potevano essere liquefacta calore (1262) e forgiati e prendere le forme volute di vari arnesi e ornamenti.

Le credenze mitologiche attribuivano a Efesto l’invenzione della metallurgia, ad Atena quella della tessitura, mentre l’epicureo Diogene di Enoanda dirà che hanno dato origine alle arti aiJ creĩai kai; periptwvseiς meta; cronw/, i bisogni e le circostanze nel tempo.

Nei tempi antichi il bronzo aes adatto agli sforzi violenti era il metallo più pregiato e l’oro giaceva negletto Nam fuit in pretio magis aes aurumque iacebat- propter inutilitatem, hebeti mucrone retusum (1273-4) smussato nelle deboli punte.
 Nunc iacet aes, aurum in summum successit honorem
Sic volvenda aetas commutat tempora rerum così la storia che scorre cambia i turni delle cose
Quod fuit in pretio, fit nullo denique honore (1275-7)

Le armi e la guerra

Antiche armi:
arma antiqua manus ungues dentesque fuerunt
Et lapides et item silvarum fragmina rami pezzi di ramo
Et flamma atque ignes, postquam sunt cognita primum (1283-5) appena furono scoperti
Prima del ferro fu trovato il bronzo che è più duttile e più abbondante.
Con il bronzo dissodavano il suolo e facevano la guerra, poi trovarono il ferro.

Cfr. Erodoto il ferro è stato inventato per il male dell'uomo: "ejpi; kakw'/ ajnqrwvpou sivdhro" ajneuvrhtai" (I, 68, 4).
 Ovidio[1] nel I libro delle Metamorfosi[2] descrive un’ età prossima alla nostra [3], un’età non più redimibile, quella del male integrale, quando omne nefas , ogni empietà, irrompe nel genere umano:
"fugitque pudor verumque fidesque;/in quorum subiere locum fraudesque dolusque/insidiaeque et vis et amor sceleratus habendi./effodiuntur opes, inritamenta malorum/ iamque nocens ferrum ferroque nocentius aurum/ prodierat: prodit bellum, quod pugnat utroque,/sanguineaque manu crepitantia concutit arma./ Vivitur ex rapto; non hospes ab hospite tutus,/non socer a genero, fratrum quoque gratia rara est [4]./Imminet exitio vir coniugis, illa mariti;/lurida terribiles miscent aconita novercae;/filius ante diem patrios inquirit in annos./Victa iacet pietas, et Virgo caede madentes,/ultima caelestum, terras Astraea reliquit" (I, 129-131 e 140-150) e fuggì il pudore la sincerità, la fiducia; e al posto di questi valori subentrarono le frodi, gli inganni, le insidie e la violenza e l'amore criminale del possesso…si estraggono dalla terra le ricchezze, stimolo dei mali; e già il ferro funesto[5] e, più funesto del ferro, l'oro[6] era venuto alla luce : venne alla luce la guerra, che combatte con l'uno e con l'altro, e con mano sanguinaria scuote ordigni che scoppiano. Si vive di rapina; l'ospite non è al riparo dall'ospite, non il suocero dal genero, anche l'accordo tra fratelli è poco frequente. Il marito minaccia di rovina la moglie, questa il marito; mescolano squallide pozioni velenose le terrificanti matrigne; il figlio scruta la morte anzi tempo negli anni del padre. Giace sconfitta la pietas e la Vergine Astrèa, ultima dei celesti, ha lasciato le terre sporche di strage.


CONTINUA


[1] Vedi anche 13. 2.
[2] Poema epico di quindici libri in esametri. Narra la storia del mondo dall'origine all'età contemporanea attraverso racconti che hanno in comune il tema della metamorfosi. Fu composto fra l'1 e l'8 d. C.
[3] “L’età ferrea non siamo noi, data che questa umanità sarà poi cancellata dal diluvio (cfr. v. 188: diversamente Esiodo, Op. 175). L’effetto di romanizzazione è accompagnato dall’eco di un passo del carme 64 di Catullo (397 sgg.) sulla decadenza che segue all’età eroica e da echi più generici della tematica delle guerre civili e delle proscrizioni a Roma. I tempi narrativi accompagnano questa illusione di “presentizzazione” del mito, dato che a partire dal v. 140 una sequenza di perfetti e piuccheperfetti cede il passo a un blocco di verbi al presente; cfr. Landolfi 1996, pp. 84 e 88 sg. Nonostante tutti questi indizi concomitanti, il poeta non dice, come Esiodo, di vivere nell’età ferrea, mentre più tardi ammetterà di essere parte della razza “pietrosa”, iniziata dopo il diluvio (cfr. v. 414 sg.)”, Alessandro Barchiesi (a cura di) Ovidio Metamorfosi, volume I, p. 172. Noi siamo un genus durum experiensque laborum, una razza dura e rotta alle fatiche, in quanto nati dalle pietre lanciate da Deucalione e Pirra (Ovidio, Metamorfosi, I, 411-415). In questo modo i due vecchi “non sostenendo, come erano sconfortati e disdegnosi della vita, di dare opera alla generazione… restaurarono la specie umana” (Leopardi, Storia del genere umano).
[4] Lucrezio afferma che gli uomini, credendo di sfuggire al terrore della morte, gonfiano gli averi col sangue civile, e ammassano avidi le ricchezze, accumulando strage su strage, godono crudeli dei tristi lutti fraterni, e odiano e temono le mense dei consanguinei "et consanguineum mensas odere timentque " (De rerum natura , III, 73).
[5]E' un topos antitecnologico che risale a Erodoto :" ejpi; kakw'/ ajnqrwvpou sivdhro" ajneuvrhtai, ( Storie, I, 68) , il ferro fu scoperto per il male dell'uomo. Euripide nelle Fenicie attribuisce alla strage un cuore di ferro:"sidarovfrwnfovno" " (vv. 672-673). Del resto, anche il ferro, come l’oro e altri metalli può avere significati diversi, persino contrastanti: “nos e terrae cavernis ferrum elicimus, rem ad colendos agros necessariam, nos aeris argenti, auri venas penitus abditas invenimus et ad usum aptas et ad ornatum decoras” (Cicerone, De natura deorum, 2, 151), noi estraiamo dalle cavità sotterranee il ferro, attrezzo necessario per coltivare i campi, noi troviamo vene di bronzo, d’argento, di oro nascoste in profondità appropriate per l’uso e confacenti all’abbellimento.
[6] Si può pensare a quello nero: il petrolio per il quale si è versato tanto sangue. Che il ferro e l'oro creino discordia tra gli uomini portando differenziazioni economiche e sociali lo afferma anche Platone nelle Leggi (679b).

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