Fine del viaggio. L’eterno ritorno della desolazione. La necessità della reazione.
Il baccanale si stava esaurendo. Rimasi fuori dal treno, insonne come Temistocle.
Pensavo: “anche io ho sbagliato stupidamente ma non innocentemte quando ho trascurato gli affetti e gli amori per potenziarmi nel sapere libresco il sofovn, lontano oltretutto dalla sapienza. Questa, la sofiva, potevo magari raggiungerla occupandomi delle donne che mi avevano amato, curandomi di loro. Invece studiavo e imparavo per fare colpo su quelle creature, poi, ottenuto quanto volevo, ogni volta guardavo oltre, mirando altre prede. Via via le ho perdute tutte e, ora passati i 36 anni, che cosa è rimasto nelle reti e nelle trappole dove ho fatto cadere e sono pure caduto? Mi resta l’amore dell’insegnamento, il gusto di propagare cultura tra gli adolescenti, la stima e la benevolenza della maggior parte di loro. Ho ancora tanti ragazzi da educare, parecchi libri da leggere e un libro da scrivere bene per insegnare ad amare, a evitare i miei errori. Sì, devo educare un popolo intero mostrando le idèe della bellezza e della bontà, rivelando quella kalokajgaqiva che mi è apparsa incarnata in alcune delle mie amanti, o in una sola: Elena ragazza madre ”.
Tornai dentro lo scompartimento. Ifigenia dormiva, odorosa nei riccioli neri, nel seno prosperoso e compatto, nelle cosce sode e tornite, nella snella pienezza, aulentissima e fresca nonostante le scarpe rosse sotto il mio naso.
Teneva la mano destra sulla lampo dei calzoncini per indicare, speravo solo a me, e celare invece agli altri il taglio dell’indumento come fa la Madonna del parto di Monterchi allungando la mano destra e infilando il pollice nello squarcio della sua lunga veste azzurra.
A mezzogiorno il treno partì. Al tramonto arrivò a Pesaro. Il sole non prolungava più il suo corso oltre la schiena del colle San Bartolo visibile dalla stazione. Ero assai stanco. Salutai Ifigenia che proseguiva fino a Bologna. Stremata anche lei. A casa trovai la notizia poco allietante che avevo avuto la sede definitiva dovuta al mio ruolo non in uno dei licei classici di Bologna, il Minghetti o il Galvani, ma in quello di Imola: il Benvenuto Rambaldi dove avevo iniziato sei anni prima
Regredisco e ricomincio da zero”, pensai. Non erano nemmeno le otto di sera ma l’oriente era già ottenebrato come quando arrivai a Debrecen nel 1966, desolato e spaventato. Era necessaria una reazione ancora una volta. Dovevo pensare cosa come fosse necessario agire peri; tou` mevllonto~, già dal giorno seguente
Bologna 8 febbraio 2025 ore 11, 30 giovanni ghiselli
p. s
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