Interno notte Lunedì
quindici giugno dunque, salutata Ifigenia, tornai nello studio e
iniziai questo romanzo. Riempii due facciate di un foglio protocollo a
righe, con la diligenza di un ragazzo che fa un compito per
la scuola. Verso le
dieci di sera risposi al telefono. Era lei. "Hai
cominciato il nostro capolavoro?" domandò conciliante. "Sì
certo. Lo sai che quando ho preso una decisione, non ci ripenso, almeno
non così presto. Ci ho lavorato tutto il pomeriggio:
da quando te ne sei andata, alle sette e mezzo. Poi ho fatto un
giro in bicicletta sul monte Donato. Durerai
eterna nelle mie pagine" “Se non ti assente premio miglior la volontà
de’ fati”, citò 1. Poi
continuò: “gianni, volentieri ascolterei com'è venuto l'incipit della
nostra storia" "Accolgo
il tuo invito: “mi sento dal
contento pieno di gioia il cor” 2, risposi,
procedendo nel nostro duettino
e pure lusingato dalla richiesta, come una madre cui fanno una domanda sul
figlio concepito da poco e aggiungono un’occhiata discreta alla pancia dove
la nuova creatura, sebbene ancora
invisibile, già vive, si nutre e cresce. Gliela
lessi, ma ci rimasi male: mi sembrò meno accettabile di poche ore
prima, quando l'avevo scritta. Nelle intenzioni doveva essere un’ouverture, come quella del Don Giovanni di Mozart, un
preludio che raduna
in sintesi tutti i temi dell'opera, ma di fatto era proprio un compitino
raffazzonato sebbene pretenzioso e saccente. "Dovrò
riscriverla", pensai con rammarico. Non immaginavo quante volte sarei dovuto intervenire, correggere
e limare; quanti anni
sarebbero trascorsi prima di arrivare alla fine. Un tempo molto più
lungo di quello richiesto dalla Smyrna di Cinna 3. Pensa lettore che ora ho compiuto ottanta
anni da otto mesi e mezzo. Però i capelli non mi sono diventati tutti bianchi,
e nel
luglio scorso ho scalato il Taigeto in
bicicletta. Ifigenia disse: "gianni, così io non divento
immortale". "Cosa
c’è che non va?", domandai. "Troppe
citazioni, troppe e male assimilate. Devi trovare uno stile epico tuo
come ne hai elaborato uno drammatico personale, pur mentre seguivi da
vicino la tragedia greca, e Sofocle in particolare. Vedrai che i
dialoghi ti riusciranno bene subito. Ma la narrazione è confusa e frettolosa.
Ricorda che l'epos è ritardante." "Brava - pensai - E' vero, sono tutte cose che ti ho insegnato io, ma quale altro
allievo le ha imparate al pari di te? Se non ti rovinano gli istrioni
o i borghesi ignoranti, tu diventi una donna di raro valore". Capii che
avevo ancora bisogno di lei, che poteva aiutarmi a darle l'immortalità.
Come ispiratrice e consigliera d'arte funzionava discretamente quella
ragazza. Non so se l'abbia capito prima di morire, ma mi ha
insegnato e dato più di quanto lei abbia imparato e preso da me. "Parliamone
guardandoci in faccia, se ti va. Al telefono mi sento poco espressivo", dissi. "Va
bene, però non facciamo tardi: domani mattina dovrò imparare a memoria parecchi
versi dell'Antigone". "D'accordo.
Io dovrò scrivere di nuovo questo foglio, e riempirne un altro
cercando lo stile epico secondo i tuoi suggerimenti. Tu prima mi hai
criticato in modo ottimo, prezioso per il nostro capolavoro.
Anzi, ti faccio una proposta che spero non troverai oscena né
sconveniente. Pensaci, mentre vengo a prenderti. Tu mi aiuti nella
prima parte del romanzo che ci renderà immortali. Dovrai darmi
suggerimenti per un centinaio di
pagine, finché non avrò trovato il ritmo fluviale dell'epos, e io ti darò una mano ad assimilare l'Antigone.
La traduzione precisa e potente, anche recitabile, come piace a te, l'ho già
tutta pronta". "La tua
proposta mi piace e mi conviene. Non devo pensarci”. “Vieni
subito: ti aspetto". Esterno
notte Faceva caldo
nonostante l’ora. Salimmo sul monte Donato con la Bianca Volkswagen
scoperta. Ci sedemmo su una panchina di legno del parco Forte bandiera deserto. Parlammo del
romanzo nostro e dell'Antigone di Sofocle. Ci mettemmo d'accordo sul modo di aiutarci a
vicenda. Ifigenia precisò che dopo avere preso il diploma voleva essere
libera di darsi al teatro e al cinema. "Mi va
bene - risposi - Non ti ho chiesto di tornare con me; io intanto devo
dedicarmi all'opera della mia vita, poi, quando vorrò una donna,
cercherò un amore non solo bello ma anche buono, poiché oramai me ne sento desideroso
e capace. Con te l'altra sera a Riccione ho visto che non mi è concesso
nemmeno sperarlo". "Hai
ragione – confermò – io adesso non voglio l'amore: non ne ho la
disponibilità mentale; l'unica cosa che mi interessa davvero è fare
l'attrice. Questo è lo scopo; il resto è un mezzo più o meno utile e
interessante, ma sempre soltanto uno strumento. Tuttavia, se con tali
limiti può piacermi un uomo, quello sei tu. Adesso anzi mi è venuta
una voglia tremenda di fare l'amore; a te va?" Ce l'avevo
anche io quella voglia ispirata da Eros invincibile o da sua madre . Forse il
nuovo progetto di lavoro comune aveva risvegliato la fiamma amorosa. Oppure era
stato il chiarimento del quale avevamo bisogno entrambi. Si poteva fare
l’amore senza i retropensieri ubbiosi degli anni passati. Del resto Ifigenia
aveva ancora i calzoni corti che le lasciavano
scoperta buona parte delle cosce più
luminose del cielo e pure più seduttive. Fatto sta
che la desideravo con forza. Però non potevo accettare la sua proposta
subito, poiché dovevo salvare la mia dignità di uomo abbandonato
e ripreso probabilmente solo per il capriccio di una sera
sciroccosa. Era bene resisterle almeno un pochino. Pensai che i ruoli dei
due sessi nel corteggiamento si erano invertiti rispetto agli anni
Sessanta ,quando avevo cominciato la carriera amorosa. Ifigenia
intanto mi accarezzava il volto renitente e cercava di baciarmi la
bocca che, pur senza arretrare, restava chiusa. "Ma
Gianni, tesoro, io ti amo!" aggiungeva. Dopo qualche
secondo di quella resistenza mal pertinace 4 con cui volevo salvare la faccia, accettai
le sue iniziative; poi anzi le presi io stesso:
le accarezzai il florido seno, le cosce sode, fin le natiche opime, e
tutta la bella carne che oggi è sparita da questa terra con mio
rimpianto. Già fin da allora del resto era destinata alla putrefazione. Come
la mia. Fra centoventi anni al più tardi nessuno di noi mortali odierni si aggirerà più sulla terra. Il
grande re Serse ne pianse pensandolo
mentre osservava i giovani del suo esercito che passavano l’Ellesponto. Ci stringemmo con forza, poi ci staccammo. Dissi: "Ifigenia
io ti amo ancora, però non ti voglio più bene 5. Il mio non è un amore morale. E'
un'inclinazione estetica e un desiderio
carnale". Avrei
continuato a ripetere il concetto con espressioni prese a prestito,
poiché non riuscivo ad afferrarlo bene con la mente, né a renderlo
intero con poche parole mie; nel pomeriggio infatti avevo scritto una
pagina di tale stile: imitativo e bolso; il correre zoppo di chi non
sa camminare 6. Dovevo
scriverla di nuovo e volevo esercitarmi ancora, parlando. La ragazza
però me lo impedì interrompendomi con giusta impazienza. "Ho
capito – disse – l'ho anche già sentito, almeno da Catullo, ma nella tua testa infarcita ci saranno altri autori che non conosco.
Sei troppo libresco,
non solo quando scrivi ma anche quando stai per fare l'amore. Pensaci più tardi. Adesso andiamo a casa: nel nostro grande
letto. L'amore vince tutto 7”. “Anche tu sei piena zeppa di autori, meravigliosa
istriona! Quando mai siamo stati
naturali noi due?” Mentre ci
stavamo muovendo per andare a scambiarci piacere, Ifigenia
aggiunse, non senza tristezza: "Gianni, però io non vorrei che questo
nostro essere amanti-amici comportasse un calo della tua stima per me". "Non lo
so, non ne sono sicuro, non credo" risposi mentendo solo a metà,
poiché se da una parte il mio apprezzamento di lei dopo la notte di
Riccione era calato, dall'altra mi accingevo a chiudermi in casa per
migliaia di giorni con l'intento di rendere eterna la sua giovinezza
che già cominciava a sfiorire. Dopo tale
pensiero potei baciarla e dirle: "Io comunque ti amo, ti adoro, ti
venero". Il cielo non
era sereno. Le foglie erano mosse da un vento caldo e appiccicoso
che spostavano pure una nuvolaglia dai bagliori giallognoli.
Una torre metallica, forse un'antenna televisiva, stava dritta
davanti a noi, visibile per delle lucine rosse appoggiate sul traliccio di
ferro che si poteva solo immaginare. Sembravano piccoli
fuochi ardenti come la nostra passione riaccesa dalle cattive
emozioni nell'oscurità morale, dove non esisteva o non era percepibile
una solida struttura etica né razionale.
Villa
Fastiggi, 29 luglio 2025 ore 9 giovanni ghiselli
p. s.
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Note 1 Cfr Foscolo, Dei Sepolcri, vv. 246-247 2 Le nozze di Figaro, atto III, scena seconda 3 Cfr. Catullo, Carmi, 95, 1-2: "Zmyrna mei Cinnae nonam post denique messem/quam coepta est nonamque edita post hiemem", la Smirna del mio Cinna dopo nove estati e nove inverni da quando è iniziata, finalmente è venuta alla luce. 4 Cfr. Orazio, Odi , I, 9, 23-24: "pignusque dereptum lacertis/aut digito male pertinaci", e il pegno strappato alle braccia o al dito che de bolmente resiste 5 Cfr. Catullo, Carmi, 72, 7-8: "Qui potis est? - inquis - Quod amantem iniuria talis/cogit amare magis, sed bene velle minus", come è possibile? chiedi. Poiché un'offesa del genere costringe l'amante ad amare di più, ma a voler bene di meno. 6 Cfr. Svevo, Una vita: "Non aveva egli in mano la prova palmare di quella vanità, in quel romanzo, un dettato della vanità in persona, dal concetto generale tronfio e vacuo alla singola frase enfatica, il volo di chi non sa camminare?" Pag.149, Dall'Oglio, Milano, 1938. 7 Cfr. Virgilio, X Bucolica, 69: "omnia vincit Amor, et nos cedamus amori", Amore vince tutto, anche noi arrendiamoci all'amore.
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