giovedì 3 luglio 2025

Ifigenia CCXXIII. La ricerca delle fonti per l'opera che mi aspettava. Autori di stragi chiamati “magni”.

Dovevo e volevo scrivere la storia delle mie storie d’amore dunque, tale che fosse anche una storia della scuola, del costume, della cultura e della politica italiana e magari pure europea. Per alcuni eventi disponevo di appunti, altri invece dovevo ricostruirli avvalendomi solo della memoria, lo scrigno del mio sapere e la cassaforte della mia intelligenza. Era necessario che mi impegnassi a lungo, cominciando dal reperimento degli appunti, i commentarii sulla mia lotta contro il dolore, durante l’eterna ricerca della felicità. Le prime note risalivano alla metà degli anni sessanta ed erano sparse tra diari e libri; perciò non mi trovavo nel vuoto di cose interessanti da fare, non rischiavo di sparire nell’abisso  del caos dove si sarebbe persa la mia stessa identità; anzi, avevo bisogno di tutte le ore libere per realizzare il grande progetto: raccontando gli amori falliti a causa della pochezza morale mia e delle amanti o della scarsa congenialità e attrazione reciproca, avrei dato un insegnamento ai lettori, allargato la cerchia delle persone influenzate da me, e avrei indagato me stesso giungendo a conoscermi meglio.

Se il mio demone buono avesse reso ricche, strane e non prive di effetto le mie parole, forse avrei anche potuto riconquistare Ifigenia, rivitalizzare l’amore mortificato dall’uso. Con lei o con un’altra più simile a me. Se fossi tornato ad amare dopo avere compreso, non mi sarei più lasciato ingannare da lusinghe ingannevoli, né attirare da scopi fallaci. Avrei saputo digerire e assimilare la rinnovata felicità senza farne indigestione e poi rigettarla con disgusto. Intanto, lasciandomi quando aveva bisogno di me, Ifigenia mi aveva confutato, speravo per sempre, l'iniqua teoria, inculcatami in testa da gente stupida, cattiva e disgraziata, secondo la quale solo la donna vergine non è disonesta in partenza e indegna di essere sposata, mentre l’uomo può avere frequentato pure prostitute e cinedi rimanendo un grand'uomo, come Giulio Cesare (16) per esempio, o Alessandro il cosiddetto Magno. Due personaggi che hanno sporcato di sangue la terra con innumerevoli stragi. Grandi solo nel male dunque.

Nel novembre del 1978, quando era entrata per la prima volta in camera mia e si era spogliata sorridendomi senza malizia, irradiandomi della sua luce, Ifigenia mi aveva fatto sentire la gioia di vivere, la felicità di essere riamati dalla vita cui avevo sempre proteso gli acuti tirsi dei desideri e la delicatezza dei sentimenti, ricevendone fino allora un contraccambio solo mensile e peregrino. Quella ragazza venticinquenne, radiosa, era lo stesso sole incarnato che si era degnato di entrare nel mio appartamento, di stendersi nel mio letto, e mi aveva offerto di fondermi con la sua luce sovrumana.

Il 15 marzo del 1981 il dio era oscurato da nuvole grosse e buie, ma io avevo la confortante coscienza che dietro le nubi acquose il suo volto santo c'era pur sempre, e presto o tardi sarebbe riapparso ancora più bello e radioso. Potevo indurre l’immagine visibile della Mente dell’ universo a farsi vedere di nuovo. Queste furono le riflessioni della mattina.

 

Nota

16 Catullo lo chiama Cinaede Romule (...) impudicus et vorax et aleo (29, 5 e 10), Romolo invertito (…) libidinoso vorace e biscazziere, e anche, sia pure, forse, con ironia Caesar magnus (11,10), Cesare grande. Un altro magnus, uno dei tanti.

 

Pesaro 3 luglio 2025 ore 17, 54,  giovanni ghiselli

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