venerdì 4 aprile 2025

Ifigenia XV. Azioni e parole tanto liete quanto oneste.


 

Finite le congratulazioni reciproche, ci abbracciammo, poi ci stendemmo longitudinalmente sul lenzuolo scoperto, quindi ci strofinammo a vicenda senza arrivare alla compenetrazione dei corpi né alla fusione delle anime siccome temevo che Ifigenia condividesse la superstizione allora di moda tra certe femministe  per cui la penetrazione, anche se desiderata da entrambi, sarebbe comunque un atto di violenza brutale perpetrata dall’organo  notoriamente guerrafondaio dei maschi.

Ma Ifigenia non era il tipo che seguiva le mode, anzi aveva il coraggio di fare quanto le andava, perciò dopo alcuni minuti di eccitazione controllata e trattenuta con fatica, ruppe ancora una volta gli indugi: “gianni, non credi che sarebbe più bello fare l’amore invece di questa ginnastica da camera?

I preservativi li hai?”

Quel plurale mi garbò molto: la giovane si aspettava una frequenza  almeno iterata da parte mia anche se non ero più un garzoncello né un forosetto,  ma uno studioso del resto non  ingobbito nel corpo e nemmeno nell’anima.

I preservativi li avevo poiché dopo il coitus interruptus foriero di aborto e dolore nel 1974 li avevo  usati ogni volta che con ciascuna delle mie donne si faceva il massimo: ejpravcqh ta; mevgista[1].

 Mentre maneggiavo il  profilattico con attenzione, pensavo comunque che Ifigenia aveva ragione tutte le volte che confutava le mie azioni contorte con la forza della sua diretta semplicità da forosetta bella, lei sì. Sicché il primo novembre dell’anno di nostra salvazione 1978 facemmo l’amore con immensa soddisfazione, alla brutta faccia del buio e di quanti lanciano l’invidioso malocchio sulla gioia della vita terrena calunniandola con la loro impotenza foriera di risentimento. Ripetemmo il tripudio varie volte, e fatti i conti,  puerilmente dicemmo che avevamo raddoppiato la sufficienza fissata a tre: “non meno di tre” avevamo promesso.

So bene che non è elegante scrivere questo ma se posso accampare una scusa lo faccio ricordando tutte le spine che mi avevano ficcato nel cervello i cattivi maestri della mia mala educazione sessuale. Carnefici di tante delle miei gioie.

 Questa volta però eravamo felici entrambi per avere centrato un bersaglio mirato da tempo, per avere compiuto una trasgressione piacevolissima e santa alle regole che volevano soffocare la nostra vita anelante all’amore: avevamo vinto una gara davvero olimpica lasciando dietro di noi, molto indietro, i malevoli, i  sacerdoti non santi, anzi empi calunniatori della bellezza, della libertà, della salute. Lo facevano anche nel nome di Cristo che predicava l’amore e perdonava prima di tutti quelli che avevano amato molto. Donne prima peccatrici, adultere, ragazze madri comprese.

Ifigenia mi domandò se fossi cristiano. “No- risposi-  sono piuttosto cristesco”.  Poi aggiunsi: “l’unico vero cristiano venuto al mondo l’hanno crocifisso”. Eravamo contenti di noi.

Negli agoni seguenti ci saremmo uniti e amati ancora di più, credevamo,  e avremmo trovato altri scopi comuni, più avanzati, e stimolanti a procedere ancora verso mete sempre più nobili e alte. Quindi avremmo potuto educare i nostri simili e non solo a scuola. Io volevo scrivere, lei recitare.

Tali pensieri onesti e lieti ci scambiammo, assai felici di quel pur vago avvenire che avevamo in mente.

Bologna 4 aprile 2025 ore 19, 03  dicembre 2024 ore 18, 25. giovanni ghiselli.

p. s.

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[1] Cfr. Teocrito II idillio, le Incantatrici  (Farmakeuvtriai,  143)

Lisistrata XIX e XX. La Pace.

Aristofane Lisistrata XIX. La resa senza condizioni degli uomini guerrafondai alle donne fautrici di pace.

 

 

Il pritano  chiede all’araldo spartano che i Laconi mandino aujtokravtora" prevsbei", ambasciatori con pieni poteri per la pace.

 

Il corifeo  dice che non c’è belva più insuperabile della donna, neppure il  fuoco,  e nessuna pantera così svergognata-oujde; pu'r, oujd j w|d j ajnaidhv" oujdemiva pavrdali"-  (1015).

 

La corifea domanda al corifeo perché le muova guerra, visto che capisce la forza di lei e che potrebbe farsela amica.

Il vecchio risponde: “wJ" ejgw; misw'n gunai'ka" oujdevpote pauvsomai ” 1018), perché non cesserò mai di odiare le donne.

 

E’ una risposta alla maniera del personaggio Ippolito di Euripide: “misw'n   d j ou[pot j ejmplhsqhvsomai-gunai'ka" ”( Ippolito, 664-665), non sarò mai sazio di odiare le donne.

 

La corifea a questo punto gli fa un piacere infilandogli addosso una tunica e togliendogli un moscerino dall’occhio.

Il vecchio ne trae beneficio: la zanzara ejmpiv" ejfrewruvcei [1]- mi trivellava l’occhio come un pozzo. (1033). La vecchia lo bacia anche, e lui dice che le donne sono qwpikai; fuvsei, adulatorie per natura- qwpeuvw- 1037

Quindi il vecchio che litiga con la vecchia non senza qualche accenno di corteggiamento reciproco, le dice “né con le pesti né senza le pesti” (1039).

 

 

 

Il vecchio corifeo dunque vuole fare la pace ricordando il detto “né con le pesti né senza le pesti” (Lisistrata, 1039) . Insomma, le donne sono un male necessario.

 

Quindi i due semicori uniti  intonano un canto di conciliazione (1043-1071) .

I coreuti vecchie e vecchi proclamano la loro assenza di intenzioni cattive, al contrario vogliono fare solo cose buone: infatti bastano i mali che già ci sono- ijkana; ga;r kai; ta; parakeivmena- 1048. Si potrebbe ricordare a chi vuole il riarmo oggi.

 

Nell’Ecuba di Euripide la vecchia regina supplica Odisseo di non ammazzare la figlia Polissena con un verso che è un'alta espressione di umanesimo in favore della vita:"mhde; ktavnhte: tw'n teqnhkovtwn a{li" " (v. 278), non ammazzatela: ce ne sono stati abbastanza di morti. 

Questa considerazione dovrebbe tenerci lontani dai conflitti reciproci sempre e comunque.

 

I coreuti sono pronti ad aiutare chi è senza denaro. E, se apparirà la pace, chi ha avuto il soccorso di due o tre mine, non dovrà restituirle.

Hanno invitato a pranzo ospiti di Caristo, nell’Eubea che avevano fama di essere gente lasciva. La pace si associa sempre al godimento. C’è da mangiare della polenta  un porcello- delfikovn (1061) sacrificato, e altra roba buona e bella si può gustare per giunta.

La festa è sempre associata al mangiare. Sono invitati gli spettatori naturalmente  purché vengano lavati.

 

Ricorderete che nelle Nuvole Socrate e i socratici sono accusati di scarsa pulizia anche corporea, quale correlativo somatico, oggettivo, della sporcizia mentale.

 

Ripuliti, gli invitati potranno entrare.

L’ultimo verso dei due semicori uniti è un ajprosdovkhton, una contraddizione inaspettata: quindi la porta sarà già stata chiusa- hJ quvra kekleivsetai 1071. Una battuta poco chiara. Forse intende dopo che gli ospiti saranno entrati. Oppure chiusa alla guerra.

 

Arrivano gli ambasciatori plenipotenziari spartani con barba e un porcile intorno alle cosce per nascondere l’erezione.

Lo spartano indica la loro situazione fallica e il corifeo ateniese dice che quel coso sembra essere infiammato di brutto e anche peggio-deinw'" teqermw'sqaiv te cei'ron faivnetai- (1079).

Il Lacone chiese la pace a qualsiasi patto.

Sopraggiungono gli autoctoni ateniesi  con la tunica scostata dal ventre, mostrando l'erezione come lottatori: “questa è una malattia da atleti” commenta il corifeo.

Forse quando si esercitavano per le gare dovevano astenersi dal sesso.

Il corifeo rileva l’erezione e il presidente ateniese  dice che non ne possono più della castità: se le donne procederanno con lo sciopero Kleisqevnh binhvsomen (1092), fotteremo Clistene.

E’ l’ omosessuale infamato già nei Cavalieri (1374) e nelle Nuvole (365).

Oltretutto aggiunge il corifeo c’è il pericolo degli ermocopidi che hanno la mania di tagliare. Un pericolo di castrazione dunque. Allude alla mutilazione delle erme di cui venne accusato Alcibiade alla vigilia della spedizione in Sicilia (415).

Sicché  si rimettono a posto la tunica.

Spartani e Ateniesi dunque si trovano d’accordo sulla necessità di fare la pace.

Sicché le femmine hanno vinto la guerra e ricevono una resa senza condizioni.

Bisogna convocare Lisistrata. Questa esce dall’Acropoli ed entra in scena.   

La donna viene salutata dal corifeo come ajndreiotavth, la più virile: ora bisogna che sia terribile-deinhvn- e mite, buona e cattiva-ajgaqh;n fauvlhn- superba e amabile semnh;n ajganhvn, poluvpeiron, avvalendosi della tanta esperienza (1109.)

Eccoci qua conclude il corifeo, noi oiJ prw`toi tw`n  JEllhvnwn 1110, primi tra gli Elleni, vinti dal tuo fascino affidiamo a te la soluzione delle nostre contese.

Avvertenze: il blog contiene una nota e il greco non traslitterato

 

Bologna 4 aprile  2025 ore 18, 26 giovanni ghiselli

 

 

Aristofane Lisistrata XX. Lisistrata è maestra di Pace. Ricorda le benemerenze reciproche tra Ateniesi e Spartani,

 

Lisistrata dà lezione di buone maniere e di conciliazione a uomini e donne, a Spartani e Ateniesi. E’ la magistra pacis come Diotima nel Simposio platonico è la professoressa dell’amore

 

Lisistrata sostiene che non è difficile risolvere le contese se una ha a che fare con gente matura  che non cerca il cimento degli uni contro gli altri.

Tavca  d j ei[somai. Lo saprò presto.

  Domanda dove sia la Pace pou`  jstin hJ Diallaghv; la riconciliazione (1114);   quindi dall’alto scende con un argano una bella ragazza nuda che la personifica. Lisistrata le chiede di recarsi a Sparta, poi  di ritornare portando con sé gli Spartani, e la prega di farlo mh; caleph`/ th`/ ceiriv non con mano dura e arrogante, né come facevano i nostri uomini da ignoranti- ajmaqw`" 1117 bensì come conviene alle donne- 1116 ajll j wJ" gunai`ka" eijkov" (1119) in modo del tutto affabile- oijkeivw" pavnu, con tutta grazia.

 

Lisistrata biasima la cattiva educazione e la condanna come disdicevole e improduttiva. Il maleducato aggressivo è spesso un ignorante e un frustrato, ed è quasi sempre un debole.

 

 Del resto bisogna agire con decisione. E se qualcuno fa il cane e non ti dà la mano, prendilo per la coda (th'" savqh" a[ge 1119 cfr. saivnw scodinzolo).

Poi  la Pace dovrà portare  lì da Lisistrata anche gli Ateniesi

Quindi Lisistrata cita un verso di Melanippe la saggia di Euripide (fr. 487)

ejgw; gunh; mevn eijmi, nou'" d j  e[nestiv moi  (1124), sono una donna ma ho senno!

 

Queste citazioni dei tragici soprattutto di Euripide, rende l’idea di quanto dovevano essere popolari ossia noti al popolo le tragedie rappresentate.

 

Quindi Lisistrata rimprovera i maschi che vanno a purificare con l’acqua gli altari a Olimpia, alle Termopili, a Delfi, e in altri luoghi che sarebbe lungo elencare, e mentre incombono i nemici barbari con gli eserciti, voi -li apostrofa-  fate morire uomini e città della Grecia  [Ellhna" a[ndra" kai; povlei" ajpovllute (1135).

 

I veri nemici  vuole dire Aristofane sono i Persiani, anticipando l' Ifigenia in Aulide di Euripide di un lustro e Isocrate di vari decenni.

 

Il  Pritano ribatte  sono io che muoio, così arrapato (scappellato)- ejgw;  d j ajpovllumai ajpeywlhmevno" –ajpoywlevw- ywlhv , hJ-è il glande fuori dal rivestimenti.

 

Dovere della gratitudine

Lisistrata ricorda agli Spartani che Cimone portò 4000 opliti  ateniesi in loro aiuto contro i Messeni ribelli e o{lhn e[swse th;n Lakedaivmona (1144), salvò l’intera Sparta (cfr. Plutarco Vita di Cimone, 16;  Tucidide I, 102).

In quel tempo Messene incombeva sopra i voi e anche il dio con le scosse di terremoto-hj de; Messhvnh tovte- ujmi`n ejpevkeito cwj qeo;" seivwn a{ma- 1141-1142 

 

Era il 462 durante la III guerra messenica (464-455). A Sparta ci fu un terremoto che fece cadere anche alcune rocce del Taigeto. Si ribellarono gli iloti della Laconia, della Messenia e un paio di comunità perieciche dell’area montuosa. I Messeni si arroccarono sull’Itome 800 metri.

Cimone dunque portò un contingente atemiese in aiuto degli Spartani ma questi  temettero collusioni tra gli insorti e alcuni Ateniesi, sicché  il contingente di Cimone venne bruscamente rimandato a casa. Atene allora si alleò con Argo, con i Tessali  in senso antispartano e con Megara in funzione anticorinzia. Cimone venne ostracizzato nel 461. L’ostracismo serviva già a regolare i conti tra i partiti.

Ingratitudini reciproche

Lisistrata dunque rinfaccia questo aiuto dell'ateniese Cimone e l’ingratitudine degli Spartani che hanno devastato l’Attica più volte.

 Il Pritano le dà ragione. Lo Spartano ammette il loro torto e ammira il culo della Pace, indicibilmente bello: “ ajdikivome": ajll j oj prwktov" a[faton wJ" kalov" (1148)

Lisistrata poi, per par condicio, rimprovera gli Ateniesi ingrati verso gli Spartani che cacciarono Ippia nel 510 e liberarono la povli" dalla tirannide.

Quindi lo Spartano elogia Lisistrata come la donna più buona e il Pritano dice di non avere mai visto kuvsqon  kallivona 1158 una fica più bella (cfr. cunnus).

 

Ora euripidaristofaneggio, come Cratino.

Tale richiesta di pace si trova anche nelle Fenicie di Euripide rappresentate nello stesso periodo di tempo (tra il 411 e il 409).

Giocasta strappa a Eteocle l’aura eschilea del re preoccupato del bene comune. La madre contrappone all’ambizione del figlio  l’ jisovthς, l’uguaglianza, una norma del cosmo come si vede nella distribuzione di ore di luce e di buio, uguali nel corso dell’anno. La brama del più è invece il principio della discordia. Contro le trame oligarchiche.

 

 Tucidide ricorda che nello stesso governo dei Quattrocento prevalevano invidie e rancori poiché nessuno voleva l’uguaglianza ma ciascuno pretendeva di essere il primo. Tali sforzi portarono alla rovina di una oligarchia nata da una democrazia (VIII, 89, 3).

 

Giocasta dunque professa un atto di fede nella democrazia e nell’uguaglianza e nella pace.

Il più ha soltanto un nome: tiv d’ ejsti; to; plevon; o[nomj e[cei movnon ( 553) , poiché ai saggi basta il necessario (ejpei; tav g j ajrkounq j iJkana; toi'ς ge swvfrwsin 554), le ricchezze non sono proprietà privata dei mortali (ou[toi ta; crhvmat j i[dia kevkthntai brotoiv  555), noi siamo curatori di cose che gli dèi possiedono (ta; tw'n qew'n d j e[conteς ejpimelouvmeqa, 556) e quando essi vogliono ce le ritolgono o{tan de; crhv/zw's j , au[t j ajfairou'ntai pavlin (557).

 Nella Consolatio ad Marciam  (10, 2) Seneca scrive:"mutua accepimus. Usus fructusque noster est ", abbiamo ricevuto delle cose in prestito. L'usufrutto è nostro

A Polinice Giocasta fa notare che i favori di Adrasto sono ajmaqei'ς cavriteς (569) favori disumani e tu sei venuto qua porqhvswn povlin a distruggere la città ajsuvneta, dissennatamente (Cfr. le Troiane).

Alla fine del Prologo,  Poseidone dice:

" E’ stolto tra i mortali chi devasta le città- mw`ro~ de; qnhtw`n o[sti~ ejkporqei`  povlei~-

consegnando al deserto templi e tombe, luoghi sacri

dei morti: egli stesso  dopo deve morire” (vv. 95-97) .     

 

Euripide attraverso Giocasta si rivolge ai politici ateniesi di quegli anni: mevqeton to; livan, mevqeton ( imp. aor m. duale di meqivhmi. 584), abbandonate l’eccesso, abbandonatelo. E’ un monito alla parte oligarchica e a quella democratica.

 

Bologna 4 aprile  2025 ore 18, 09 giovanni ghiselli

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[1] frewrucevw, scavo pozzi-frevar-tov, pozzo.  Freatico-ojruvssw, scavo.