Alessandro-F. Marcucci Pinoli
di Valfesina: DIALOGHI TRA E CON LE PAROLE –EDIZIONI
GIUSEPPE LATERZA , Bari,
2022. Capitolo 3
In questo capitolo troviamo
un confronto tra EMPATIA e SIMPATIA.
Apparentemente i loro
significati sono molto simili e possono sembrare tali ma non lo sono.
Perché invero le persone use
a leggere più che a chiacchierare sanno che le differenze non mancano. Chi è
abituato a leggere, studiare e riflettere, quando ha dei dubbi sul significato
vero-étymos- di una parola, ricorre
all’etimologia.
SIMPATIA dunque “deriva dal
greco ‘sym-pathéo’, che letteralmente
significa provare le stesse emozioni di qualcuno, mentre EMPATIA ha un
significato leggermente diverso poiché deriva sempre dal greco, ma da én- pátheia che significa ‘essere dentro’ i sentimenti, le
emozioni di un’altra persona”.
Succede che possiamo provare tale sentimento anche per le cose: nei confronti di un ambiente naturale per esempio. Il paesaggio può ricevere anche il ruolo di Mentore: H. Hesse in Peter Camezind scrive:"Le montagne, il lago, le tempeste e il sole erano i miei educatori ed amici che per molto tempo mi furono più cari degli uomini e del loro destino"[1].
Questo giovane poteva
dialogare con i monti che sentiva simili a sé.
A me capita con il mare e i
colli di Pesaro o con il Sole quando dal molo del porto lo vedo tramontare nel
mare nei giorni più luminosi e belli dell’anno. Da bambino a Moena parlavo con
le montagne antropomorfe che per loro umanità mi rispondevano.
Ma torniamo al Nostro autore:
“L’Empatia si sentiva superiore perché poteva essere presente in persone che
provano questo sentimento anche per coloro di cui non condividono scelte,
comportamenti o reazioni a certi eventi”.
E’ il sentimento della comprensione che sentiamo per chi se la passa
male e può essere simile a noi ma anche
diverso.
Pirandello identifica tale
compassione con l’umorismo che significa appunto mettersi nei panni di chi
soffre.
Nel suo saggio più noto, L’umorismo appunto, del 1908, l’Agrigentino fa tre esempi mostrando
come si passa dal comico aristofanesco, che non riflette, alla riflessione, che
cerca di comprendere, propria dell’umorismo fatto risalire a Socrate: “Umorista
non è Aristofane ma Socrate…Socrate ha il sentimento del contrario; Aristofane
ha un sentimento solo, unilaterale”[2].
Su Socrate umorista ho dei dubbi, il Socrate di
Platone è piuttosto uno che indaga arrivando a trovare dei dogmi e per smontare
quanti presentano dogmi diversi dai suoi usa l’ironia.
Il primo esempio di Pirandello è quello
celeberrimo della “vecchia signora coi capelli ritinti, tutti unti non si sa di
quale orribile manteca, e poi tutta goffamente imbellettata e parata d'abiti
giovanili. Mi metto a ridere. Avverto
che quella vecchia signora è il contrario
di ciò che una vecchia rispettabile signora dovrebbe essere. Posso così, a
prima giunta e superficialmente, arrestarmi a questa prima impressione cronica.
Il comico è appunto un avvertimento del contrario”.
Ma poi interviene la
riflessione che suscita il sentimento
del contrario ossia l'umorismo :"Ma
se ora interviene in me la riflessione, e mi suggerisce che quella vecchia
signora non prova forse nessun piacere a pararsi così come un pappagallo, ma
che forse ne soffre e lo fa soltanto perché pietosamente s’ inganna che, parata
così, nascondendo in tal modo le rughe e la canizie, riesca a trattenere a sé
l'amore del marito molto più giovane di lei, ecco che io non posso più riderne
come prima, perché appunto la riflessione, lavorando in me, mi ha fatto andar
oltre a quel primo avvertimento, o piuttosto più addentro: da quel primo avvertimento
del contrario, mi ha fatto passare a questo sentimento del contrario. Ed è tutta qui la differenza tra
il comico e l'umoristico"[3].
Si tratta insomma di
riflettere sul dolore di chi ci farebbe ridere, di sentire la sofferenza
insieme con chi soffre, di simpatizzare-sumpaqei`n
appunto- con lui ricordando le nostre difficoltà . Può capitare anche a un
giovane sia pure meno facilmente che a un vecchio.
“
Simpatia di chi studia per gli studiosi ad esempio
“Insomma si prova simpatia
per una certa comunanza emotiva, derivante da quella somiglianza che ci fa
sentire simili.
“Ma l’EMPATIA urlava di
sentirsi superiore perché non ha bisogno per esistere di assomigliare ad un
altro o avere gli stessi valori o opinioni o idee. Perché è ‘a prori’ e cioè
può comprendere l’altro, il suo vissuto, mettersi nei suoi panni, nelle sue
scarpe e sentire le sue emozioni anche se non sono le proprie. Ecco perché mi
sento superiore ! In quanto posso partecipare alle sofferenze dell’altro pur
non avendo avuto la stessa esperienza” (p. 18).
Penso all’empatia con le
sofferenze dei bambini di Gaza: non soffriamo come loro eppure soffriamo
vedendo quello che subiscono.
E’ la terapia del rovesciamento che significa
mettersi nei panni (o nei piedi degli altri).
Vale in tutti i rapporti
umani. Quando parliamo dobbiamo metterci nei panni di chi ci ascolta e
domandarci se quanto stiamo per dire può interessare.
Teofrasto, succeduto ad
Aristotele nella direzione del Liceo, ha scritto un’operetta Caratteri (319) che passa in rassegna
trenta tipi differenti di importuni, presentati come personaggi piuttosto
ridicoli che malvagi. Comunque insensibili e maleducati. Quello che ci
interessa è il settimo, il ciarliero-lavlo~ che ha il
vizio della chiacchiera- laliav- E’ connotato da
una forma di incontinenza: quella della parola: -ajkrasiva tou` lovgou-: gli scappa dalla bocca. Il malcapitato che lo
incontra cerca di svignarsela ma il maniaco della chiacchiera cerca di
accompagnarlo dovunque abbia detto di dovere andare.
Un tipo del genere si trova
anche nella Satira I, 9 di Orazio. Il
poeta passeggiava per la via Sacra assorto nelle sue divagazioni quando lo
accosta un seccatore conosciuto solo di nome. Il Venosino cerca di scansarlo ma
quello non si vergogna di insistere.
Arriva a dire “misere cupis abire:
iamdudum video: sed nihil agis; usque tenebo- persequar hinc quo nunc iter est tibi” (vv. 14-15), hai una voglia
disperata di andartene, lo vedo da un pezzo: ma puoi farci niente; ti terrò in
pugno senza mollare, ti seguirò di qui fin dove ora intendi andare. Costui
seguita a chiacchierare senza tregua e chiede una raccomandazione, altro vizio
italico, mentre il poeta suda e abbassa le orecchie come l’asinello che
sopporta di malanimo una soma troppo pesante: “demitto auricolas, ut iniquae mentis asellus- cum gravius dorso subiit
onus”(19- 20). Alla fine il poeta viene salvato da un avversario che
trascina in giudizio questo disturbatore tenace. Sic me servavit Apollo (78)
conclude Orazio. Contro tali
tigne ci vuole un intervento divino.
Torniamo al Nostro autore e
alla sua EMPATIA
“Insomma non ho bisogno
neanche della tua simpatia, perché ho la capacità di conoscere nell’altro la
nostra stessa umanità” (p. 19)
Almeno una conoscenza è necessaria: quella che Teseo si
attribuisce nell'Edipo a Colono : "e[xoid j ajnh;r w[n", so di essere un uomo (v.567). E' la coscienza della
propria umanità senza la quale ogni atto violento è possibile. E' una dichiarazione di quella filanqrwpiva che si diffonderà in età ellenistica e partorirà l'humanitas latina.
Una
simile professione di umanesimo, quale interesse per l'uomo e disponibilità ad
ascoltarlo, ritroviamo nel più famoso verso di Terenzio
( Heautontimorumenos 77) :"Homo sum: humani nil a me alienum puto ".
"
non ignara mali [4]miseris succurrere disco " dice Didone ai naufraghi troiani (Eneide, I, 630) non ignara del male imparo a soccorrere gli
sventurati .[5]
Cito le ultime parole del capitolo 3
“Ed ora un mio consiglio: “
cercate di avere entrambe queste due importanti, utili e indispensabili doti…e
cioè EMPATIA e SIMPATIA insieme!”
Faccio un esempio di questo
convergenza : la simpatia dei viventi per l’acqua: ci è simpatica perché è
ottima (Pindaro, Olimpica I, 1) e ci
piace ed è “sor’ Aqua/, la quale è multo utile et humile et pretiosa et casta”
Francesco d’Assisi, Cantico di frate Sole,
vv. 15-16) , ed è empatica perché siamo fatti in gran parte di acqua: ce
l’abbiamo dentro (ejn)
Bologna 27 ottobre 2025 ore 11, 51 giovanni ghiselli.
p. s.
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[1] H. Hesse, Peter Camezind. p. 12.
[2] Pirandello,
L’umorismo, p. 45.
[3] Luigi Pirandello, Op.
cit., p. 173.
[4] Locus similis nell'Antigone, (del
[5]Tale dichiarazione di umanesimo viene echeggiato
dalle prime parole del Decameron (composto tra il 1349 e il
1353):"Umana cosa è l'aver compassione degli afflitti", i quali, nella
fattispecie, sono in particolare le donne innamorate
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