Il nostro uomo del sottosuolo pensa a quello che
accadrà dopo avere dato uno schiaffo a
Zverkov: gli altri lo picchieranno ma facciano pure: “Le loro zucche di montone
dovranno finalmente capire quanto c’è di tragico in tutto ciò” .
Dostoevskij e i
suoi personaggi hanno il gusto del tragico: ne hanno il sapore in bocca,
praticamente tutti in tutti i romanzi. Il nostro personaggio ha pure fretta di
assaporare il tragico: “Frusta, cocchiere, frusta” ! gridò al vetturino.
Anticipa mentalmente anche il duello. Ritirerò lo stipendio in anticipo e
comprerò le pistole. Troverò il padrino, pensa.
Gli appare del resto anche l’assurdità dei suoi
progetti ma seguita a fare fretta al
vetturino. Bisogna lavare l’onta! Costringerà Zverkov ad accettare il cimento
magari mordendogli una mano. Questo è l’estremismo di Dostoevskij. Pensa anche
di sparare in aria e perdonare il nemico. Poi piange, fa fermare il cavallo e
scende. Ma risale tosto gridando: è destino!”
Dà perfino un pugno sulle spalle al cocchiere. Sentiva
che non c’era forza capace di trattenerlo. Quando giunse però non trovò nessuno
tranne la padrona, poi entrò una ragazza. Sembra un bordello .
Vengono in mente i primi capitoli del Satyricon
quando Encolpio si perde e domanda a una vecchia: “mater, numquid scis ubi ego habitem?”(7, 1), madre sai forse dove
abito? Una domanda da ubriaco o drogato invero.
La vecchietta fu divertita da quella battuta balorda
(" delectata est illa urbanitate tam stulta") e rispose
a tono con un altro nonsense:"quidni sciam?", perché
non dovrei saperlo?, quindi si alzò e cominciò a precedere il giovane che la
seguì:"divinam ego putabam "(7, 2), io la credetti inviata da
Dio. In realtà procedettero verso un bordello dove quella anus urbana,
vecchia civile, centonem reiecit , scostò una cortina di stracci che
divideva le celle e impediva all'aria fredda di entrare, "et 'hic'
inquit 'debes habitare'" (7, 2), è qui disse che devi abitare. La
vecchia ha assunto il tono della profetessa. Mentre Encolpio diceva di non
conoscere la casa, vide "quosdam
inter titulos nudasque meretrices furtim spatiantes" (7, 3), certi
tipi che si muovevano furtivamente tra le targhe e le puttane nude.
Torniamo al sottosuolo. La ragazza aveva un’aria seria
e il nostro uomo andò a guardarsi in uno specchio dove vide “una faccia
oltremodo ripugnante: pallida, cattiva, ignobile coi capelli arruffai”. Si
disse che aveva gusto ad apparire ripugnante” (p. 111).
Si perde ogni certezza qui come nel romanzo latino
citato sopra. Sono descrizioni di un’età decrepita.
L’uomo sente un suono e si scuote dal torpore. Si
ritrova in una stanza dove c’è una confusione che arriva al caos. Accanto a sé
vide due occhi che lo osservavano. Probabilmente era una prostituta. Gli venne
in mente “l’idea assurda e schifosa come un ragno, del vizio brutale del sesso
senza amore”. Quindi inizia un dialogo con la ragazza. Si chiama Lisa. Lui accenna
al brutto tempo, alla neve. La ragazza era di Riga. Viveva nella casa. Il
bordello dunque “ Rispondeva con sempre
meno buonagrazia”. . Risponde molto in breve. Ha venti anni.
“Perché te ne sei andata di casa?”
“Così”. Equivale
a : “il destino” Senza spiegazioni. Tacemmo 114
Bologna 29 ottobre 2025 ore 16, 54 giovanni ghiselli
p. s.
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