Alessandro-
F. Marcucci Pinoli di Valfesina: DIALOGHI TRA E CON LE PAROLE –EDIZIONI GIUSEPPE LATERZA , Bari, 2022. Capitolo
15 VERITÁ e FALSITÁ
“Parole
e concetti contrari, addirittura opposti, tra l’altro la prima osannata da
tutti, mentre la seconda criticata e
condannata, da tutti. Proprio da tutti”.
In
pratica però, nel parlare e nell’agire prevalgono la finzione e la menzogna. Si
può pensare a Odisseo, non tanto quello
di Omero che pure mente ma lo fa per salvarsi la vita come mistifica cambiando
il proprio nome e dicendo al Ciclope di chiamarsi Nessuno, quanto quello delle
tragedie dove agisce come un demagogo bugiardo e criminale.
Nell’Ecuba di Euripide, per esempio, il coro delle
prigioniere troiane presenta Odisseo come
«lo scaltro (oJ poikilovfrwn[1])/ furfante dal dolce eloquio,
adulatore del popolo» (vv. 131-132) che convince l'esercito a mettere a morte
Polissena. In questa tragedia Ulisse è un freddo politico per cui vale solo la
ragion di stato che calpesta tante vite innocenti.
E anche quando viene menzionato nell’Eneide Ulisse è malfamato:"sic notus Ulixes?" (II, 44) non
conoscete Ulisse? domanda Laocoonte. Una domanda retorica. Nel VI canto Deifobo,
raccontando la propria fine, definisce Ulisse , l’Eolide , hortator
scelerum (v. 529), istigatore di scelleratezze.
Ma torniamo al nostro autore
che distingue i tre tipi più comuni di bugiardi
“1) Quelli che mentono per
educazione o pietà (…) E sono i più giustificabili e giustificati
2) Poi c’è il Bugiardo
abituale, seriale, ‘cronico’ … quello che proprio non ce la fa a non dire BUGIE
. E’ più forte di lui.
Anche di questo segnalo un
esempio nella letteratura: il vecchio
generale Ivolgin in pensione dell’Idiota
di Dostoevskij. Costui si era inventato di essere stato il paggio favorito di
Napoleone arrivato a Mosca nel 1812. Un personaggio talmente patetico questo maniaco
che il principe Myškin finge di credergli mentre il figlio primogenito se
ne vergogna e lo sbugiarda.
“Ed è anche mezzo comico,
perché ne dice talmente tante che poi alla fine non si ricorda neppure più che
cosa aveva detto prima e magari si contraddice da solo”. Questi tipi “dopo
avere ripetuto più volte la stessa bugia” finiscono con crederci.
3) “Inoltre esistono i
bugiardi per ‘tornaconto’ , per interesse, per convenienza, perché ‘tengono
famiglia’ o perché sono proprio anche ruffiani. Beh, questi sono i più disgustosi.
E spesso anche pericolosi. Perché, per coprire i loro sporchi interessi, sono
capaci di MENTIRE anche se e quando sanno di potere danneggiare qualcun altro
con le loro BUGIE. Li detesto””.
Tali sono spesso i
politici.
Nel XVIII capitolo di Il Principe
Machiavelli ricorda "come
Achille e molti altri di quelli principi antichi furono dati a nutrire a
Chirone centauro, che sotto la sua disciplina li costudissi". E ne
deduce:"Il che non vuol dire altro, avere per precettore uno mezzo bestia
et uno mezzo uomo, se non che bisogna a uno principe sapere usare l'una e
l'altra natura; e l'una sanza l'altra non è durabile. Sendo dunque uno principe
necessitato sapere usare la bestia, debbe di quelle pigliare la golpe et il
lione; perché il lione non si difende da' lacci, la golpe non si difende da'
lupi. Bisogna adunque essere golpe a conoscere e' lacci, e lione a sbigottire
e' lupi. Coloro che stanno semplicemente in sul lione, non se ne intendano. Non può, per tanto, uno signore prudente né
debbe osservare la fede, quando tale osservanzia li torni contro e che sono
spente le cagioni che la feciono promettere".
Riccardo III di Shakespeare, il principe che ha letto
il Principe, in un breve monologo
dice "copro la mia nuda
scelleratezza con vecchi scampoli carpiti a casaccio alla Sacra Scrittura e
tanto più sembro un santo quanto più faccio il diavolo" ( Riccardo III,
I, 3).
Torno al nostro autore.
Ma ora veniamo alla VERITÁ…Innanzi tutto va subito detto che non è sempre bella,
utile e consigliabile. Infatti si dice anche che ‘
Infatti in greco verità
è ajlhvqeia il cui significato è non latenza, disvelamento. E’ formata
parola da aj privativo e lanqavnw “rimango
nascosto”. Togliere il velo che nasconde
può rivelare cose orribili.
“A volte e forse anche
spesso , sarebbe meglio non dirla. Magari senza arrivare a dire BUGIE ,
scegliendo di tacere o di cambiare discorso”. Insomma dissimulare con la reticenza,
l’aposiopesi, piuttosto che simulare
La dissimulazione è
certamente meno brutta e odiosa della
simulazione.
“In ogni modo
A parer mio la menzogna
caratterizza la gente dallo spirito plebeo.
La nobiltà ha dipinta
negli occhi l'onestà”. Dice don Giovanni
nel libretto di Lorenzo da Ponte ( atto primo, scena nona) musicato da Mozart.
Del resto mentiva pure questo collezionista di donne.
“Però , di solito,
anche se tarda ad arrivare, quasi sempre poi arriva, tanto che si dice (e si
spera) che con il tempo (meglio se non troppo)
A
questo proposito cito i primi versi
dall'Elegia detta alle
Muse di Solone
"Splendide figlie della Memoria e di Zeus
Olimpio,
Muse Pieridi, ascoltate la mia
preghiera:
concedetemi il benessere (o[lbon) da parte
degli dei beati, e di avere una buona
reputazione (dovxan
e[cein ajgaqhvn) da parte di tutti gli uomini sempre;
in modo che così possa essere dolce per
gli amici e amaro per i nemici, 5
rispettato da gli uni, temibile a
vedersi per gli altri.
Ricchezze desidero averne, ma possederle
ingiustamente non voglio: in ogni caso più tardi è solita arrivare Giustizia (pavntw~ u{steron h\lqe divkh).
cfr.
anche Edipo a Colono di Sofocle: “qeoi; ga;r eu\ me;n, ojye; d j
eijsorw`s j ” (v. 882), gli dèi vedono
bene, ma tardi.
E’
un tema tradizionale della teodicea greca: gli dèi vedono tardi ma vedono bene.
Il motivo era presente in Euripide (Bacch.
882 sgg.; ved. anche Sesto Empirico, adversus
Mathematicos I 287 “i mulini degli
dèi macinano tardi (ojyev) ma macinano bene”. L’idea che sta alla base di
questa riflessione è che il tempo degli dèi è diverso fa quello degli uomini, e
che il loro operare risponde alla legge dell’infallibile inesorabilità, non
dell’istaneità della punizione: questo motivo teologico arcaico è ripreso e
ampiamente sviluppato nel De sera numinis
vindicta di Plutarco (549d).
Sesto
Empirico filosofo scettico 160-210 skevptomai , “esamino,
osservo”; skevyi~ osservazione.
Sentiamo
la conclusione del nostro autore: “Concludo con una mia personale riflessione e
convinzione. Secondo me le VERITÁ sono tante
e comunque mai una sola”. Queste variano secondo le culture, i costumi e
financo le persone come insegnava già Erodoto con il suo relativismo
antidogmatico.
Dalle Storie
di Erodoto dunque proviene un insegnamento di tolleranza che resta
valido pure oggi. Questo viene chiamato relativismo erodoteo e da alcuni è
considerato un tratto che accomuna lo storiografo con la sofistica di Protagora 490-415) il quale considerò l'uomo "misura di
tutte le cose"
Di questa idea attribuita a Protagora da varie fonti, cito la formulazione
del Cratilo (385e) di Platone:"wJvsper Prwtagovra" e[legen levgwn-pavntwn crhmavtwn mevtron ei\nai a[nqrwpon-", come sosteneva Protagora dicendo che l'uomo è misura di tutte le cose.
Segue
una bella citazione riportata da Alessandro-F. Marcucci Pinoli di Valfesina: “E
a tal proposito mi sovviene una bella frase di Pirandello: “Prima di giudicare
la mia vita o il mio carattere mettiti le mie scarpe, percorri il cammino che
ho percorso io. Vivi il mio dolore, i miei dubbi, le mie risate. Vivi gli anni
che ho vissuto io e cadi là dove sono caduto io e rialzati come ho fatto io.
Perché ognuno di noi ha la sua storia e la sua verità” (p. 57).
Queste parole mi garbano molto. Pirandello e Marcucci Pinoli
che lo cita mi fanno venire in mente la caduta del 7 luglio scorso e il lento,
faticoso rialzarmi attuale. Ribadisco che i grandi autori scrivono sempre di
tutti noi e per tutti noi.
E’ la terapia del rovesciamento che significa mettersi
nei panni (o nei piedi degli altri come suggerisce Leopardi). Vale anche
per gli insegnanti
Leopardi nello Zibaldone (1376) scrive: “gli scolari
partiranno dalla scuola dell’uomo il più dotto, senz’aver nulla partecipato
alla sua dottrina, eccetto il caso (raro) ch’egli abbia quella forza
d’immaginazione, e quel giudizio che lo fa astrarre interamente dal suo proprio
stato, per mettersi ne’ piedi de’ suoi discepoli, il che si chiama
comunicativa. Ed è generalmente riconosciuto che la principal dote di un buon
maestro e la più utile, non è l’eccellenza in quella dottrina, ma l’eccellenza
nel saperla comunicare”.
Avvertenza: il blog contiene 2 note e il greco
non traslitterato.
Bologna 27 ottobre 2025 ore 9, 39 giovanni ghiselli
p. s.
Statistiche del blog
All
time1835560
Today289
Yesterday879
This
month17363
Last
month14471
[1] Aggettivo formato da poikivlo~
(variopinto) e frhvn (mente). L'azione di "colorare" "rendere variegato" qualcosa,
coincide dunque, di fatto, con il renderlo enigmatico, di difficile
comprensione. Si comprende bene, perciò, che uno degli epiteti di Odisseo sia
proprio poikilomhvvvth"
(Il 11, 482; Od.
3, 163; 13, 293.) "dai pensieri variegati". Si potrebbe dunque
concludere che per i Greci ciò che è variegato, poikivlo" , si presenta automaticamente come enigmatico, di difficile
interpretazione ". (M. Bettini, L'arcobaleno,
l'incesto e l'enigma a proposito dell'Oedipus di Seneca, p. 142.).
Poikivlo" è etimologicamente connesso al latino pingo, pictor, pictura e significa
qualche cosa di non semplice (cfr. Platone, Teeteto,
146d. dove poikivlo"
è opposto a monoeidhv", "semplice"), di macchiato come la pelle di
pantera, (Iliade X, 29-30), e di
oscuro: cfr Euripide, Elena 711-712
dove l'aggettivo è riferito dal nunzio all'oscurità del divino difficile da
congetturare:" oJ
qeov" wJ" e[fu ti poikivlon-kai; dustevkmarton" (cfr. tekmaivrw).
Nessun commento:
Posta un commento