Si
trovano dunque nello stambugio di Raskolnikov il quale dà segni di insofferenza
alla madre e alla sorella cui dice che non vuole che sposi Luzin. Non vuole che
si sacrifichi per lui.
“Con
che diritto…”, iniziò Dunja.. Ma lui: questo matrimonio è una vergogna, o me o
Luzin, e ora andate pure.
Razumichin per strada è inebriato non solo dal vino ma anche dal
lampeggiare degli occhi neri di Dunja. Del resto i suoi lampeggiavano di una
luce selvaggia e Dunja ne aveva paura.
Razumichin
ubriaco dice che i suoi invitati sono degli imbecilli: vogliono la distruzione
totale della personalità “l’importante è
non essere se stessi, assomigliare il meno possibile a se stessi! Questo è per
loro il vertice della civiltà.
Cfr. gevnoio oi|o~ ejssiv"
(Pindaro, Pitica II v. 72), diventa quello
che sei.
“Dire
corbellerie va bene, in questo modo si può arrivare alla verità, sparale pure
grosse, ma che sia farina del tuo sacco, è quasi meglio che dire la verità al
modo altrui. Così almeno sei un uomo, altrimenti sei un pappagallo. Invece
abbiamo preso gusto a campare con l’intelligenza altrui”.
Dunja
lo approva e Razumichin, stringendole la mano fino a farle male, le dice: voi
siete la fonte di ogni bontà, di ogni purezza, di ogni intelligenza e della
perfezione. Voglio baciare la vostra mano (228)
E
si inginocchiò in mezzo al marciapiede. Quindi Parla di Luzin come di un avaro,
uno speculatore, un tirchio ciarlatano che ha preso in affitto per le due donne
un postaccio malfamato dove c’è stato uno scandalo.
La
bellezza della sorella
Dunja
(Avdòtia Romànovna) era bellissima (cfr. Aglaja dell’Idiota): alta, slanciata, sicura di sé, senza che tale sicurezza
togliesse nulla alla sua dolcezza e alla grazia delle sue movenze. Assomigliava
a Rodion ma era più bella, la si poteva definire addirittura una bellezza.
Capelli di un biondo intenso, occhi quasi neri, lucenti e fieri insieme, e
straordinariamente buoni. Era pallida ma non di un pallore malaticcio: dal suo
volto emanava freschezza e salute.
La
bocca piccola, il labbro inferiore fresco e vermiglio sporgeva un poco in
avanti, unica irregolarità in quel viso magnifico, una irregolarità che gli
dava un che di caratteristico e di altero. L’espressione era seria e pensosa ma
se apparivano il riso e il sorriso questi erano allegri, giovani, aperti.
Pulchèrija,
la madre, aveva già 43 anni ma il suo volto conservava tracce della bellezza
d’un tempo, e portava bene l’età come tutte le donne che riescono a conservare
fino alla vecchiaia la freschezza dello spirito e delle sensazioni e un’onesta,
pura fiamma del cuore: è l’unico mezzo per non perdere la propria bellezza
nemmeno da vecchi.
Un
primo incanutimento e un diradarsi dei capelli, piccole rughe che si
irradiavano dagli occhi, guance infossate e inaridite per le preoccupazioni e i
dolori, ma quel viso era ancora bellissimo. Era il ritratto della figlia con 20
anni di più. Era sentimentale ma non fino alla svenevolezza.
Razumichin
portò dalle due donne Zòsimov il dottore che notò l’abbagliante bellezza di
Dunja ma si sforzò di non badarvi affatto e si rivolse unicamente a Pulcherja
rassicurandola sul figlio che stava meglio. Il loro caro si era ammalato per
influenze morali e materiali, ansie, timori, preoccupazioni.
Per
strada il dottore dice a Razumichin che Dunja è deliziosa e l’amico, geloso, lo
afferra per la gola. Zosimov gli fa: “lasciami maledetto ubriacone!”
Allora
l’altro si calma e gli dice: sei un
bravo ragazzo ma sei anche un donnaiolo e per giunta di quelli sudicioni,
Sei un maiale nervoso, debole e stravagante, sei grasso come un suino e non sai rinunciare a niente e questo io
chiamo essere sudicioni. Sei un rammollito ma anche un bravo medico capace
perfino di abnegazione. Gli chiede di liberarlo dalla belloccia padrona di casa
di Rodion.
Basta
parlarle magari di calcolo integrale, e lei sospira.
Ma il dottore gli chiede: che me ne faccio? (p.
235)
La
mattina dopo Razumichin era pentito della sbornia e delle fanfaronate che aveva
detto. Si sentiva indegno di Dunja in quanto sudicio e cinico sciattone. Si
lavò i capelli, il collo e la mani. Ma non si fece la barba
Dimitri Razumichin andò dalle
due donne, un lercio straccione che però portava il tè.
Le
donne danno a Razumichin un biglietto mandato da Luzin dove il fidanzato si
scusava per non essere andato a prenderle alla stazione ma accusava Rodiòn di
averlo incivilmente offeso. Vuole una spiegazione da Pulcheria. La informa del
fatto che il figlio con il pretesto del funerale ha dato 25 rubli a una ragazza
notoriamente di cattiva condotta. Si tratta di Sonia.
Dimitri
notò che le due donne erano vestite poveramente, eppure quella palese povertà
conferiva alle due signore un’aria particolarmente dignitosa, cosa che accade
sempre a chi sa portare anche i vestiti più miseri (247)
Cfr.
la femminilità di razza nella Montagna
incantata di T. Mann.
Razumichim pensò che quella regina la quale in
prigione si rattoppava le calze aveva un’aria regale più che in mezzo alle
feste e alle cerimonie più sfarzose. (247).
Poi
Razumichin e le due donne vanno a casa di Raskolnikov (p. 249) dove trovano il
dottore, Zosimov, che era arrivato dieci
minuti prima
Zosimov
parla con il giovanile fervore di un medico alle prime armi e dice a Raskolnikov che deve eliminare la cause del male se vuole
guarire: p. e. avere abbandonato l’Università e non avere un lavoro. “Il lavoro
è uno scopo ben preciso da raggiungere”. Cfr. Esiodo.
Rodion
gli diede ragione ma aveva sul volto un’aria di scherno.
Quindi
dichiara che tutte le attenzioni del medico, gratuite per giunta, gli pesano e
Zòsimov risponde “i medici agli inizi della carriera amano i loro pazienti come
se fossero loro figli. E non è che io
abbia molti pazienti”.
Poi
il dottore aggiunge: “tutti noi, e molto
spesso, siamo quasi pazzi, con la lieve differenza che i cosiddetti malati sono
un po’ più pazzi di noi, e quindi, a quespunto, è necessario tracciare un
limite. L’uomo veramente equilibrato non esiste o sono molto rari e spesso sono
esemplari mal riusciti”.
Raskolnikov
ricorda che era stato per sposarsi, innamorato, con una ragazza malata e
piuttosto bruttina, una cui piaceva fare l’elemosina e non faceva che sognare
una vita in monastero. Se fosse stata zoppa o gobba credo che l’avrei amata
ancora di più. Eh sì è stato una specie di delirio primaverile.
Cfr.
il matrimonio di Nicolaj Stavrogin nei Demoni.
Sposa una mentecatta brutta e povera per punirsi.
Dostoevskij inserisce nella confessione del principe dei suoi
demoni, Stavrogin, il matrimonio, almeno un certo matrimonio, come
sconciatura della vita e sua degradazione ultima:" mi venne
appunto l'idea di storpiare la mia vita in qualche modo che fosse ripugnante il
più possibile. Già da qualche anno meditavo di spararmi; mi si presentò
qualcosa di meglio. Un giorno, guardando la zoppa Maria Timofejevna
Lebjakdin, che faceva anche la serva agli inquilini, allora non ancora
impazzita, ma semplicemente un'idiota entusiasta, innamorata di me in
segreto alla follia (dagli indizi raccolti dai nostri), decisi a un tratto
di sposarla. L'idea di un matrimonio con una creatura così infima
solleticava i miei nervi. Non si poteva
immaginare nulla di più mostruoso"[1].
Adesso
è tutto come se fosse accaduto in un altro mondo, tanto tempo fa conclude
Dimitri
.
“La
tua abitazione, Ròdja, sembra una tomba” gli fa la madre. Sono certa che metà
della tua malinconia è dovuta alla tua stanza. Determinismo abitativo.
Cfr.
il determinismo geografico.
Rodiòn
non ne poteva più di quella compagnia e ripete alla sorella “o me o Luzin”,
Dunja
ribatte che lei si sposa per se stessa, perché si trova in situazione difficile
, il che non toglie che potrà essere utile ai suoi cari.
“
Io scelgo il male minore e non inganno perché farò con onestà quanto mio marito
si aspetta da me”. I suoi occhi lampeggiavano d’ira.
Il
fratello ribadisce: “tu ti vendi per denaro”.
Dunja
accusa il fratello di dispotismo e prepotenza “se a qualcuno farò del male, lo
farò a me stessa. Non ho ancora ammazzato nessuno in fin dei conti” (p. 261)
Raskolnikov
impallidì e quasi svenne. Ma poi si
riprende e gli fanno leggere la lettera di Luzin: stile curialesco, dice, da
leguleio , non troppo sgrammaticato ma certo nemmeno letterario; lo stile delle
comparse.
Dunja
dice che Pëtr Petròvič Luzin si vanta di essersi fatto da sé, un po’ offesa dal
tono del fratello.
Rodion nota
la deformazione dei fatti nel racconto di Luzin: i soldi li ho dati alla
vedova non alla ragazza “di cattiva condotta”.
Quindi
decidono che all’incontro con Luzin andranno anche Raskolniko e Razumichin.
Sonia
In
quel momento nella stanza- armadio di entra Sòfja Semënovna Marmeladova, cioè
Sonja (264).
Adesso
era una ragazza vestita modestamente e quasi poveramente, ancora molto giovane,
poco più di una bambina dai modi modesti e compìti, con un viso sereno ma come
un po’ spaurito.
Vedendo
tante persone si smarrì e stava per andarsene. A Raskolnikov quella creatura
parve talmente avvilita che ne provò pietà. La trattenne dallo scappare via
La
ragazza porta a Rodion l’invito al
funerale e alla refezione successiva
“Cercherò
di esserci ad ogni costo, ad ogni costo”. Poi le chiede di fermarsi per poterle
parlare.
R
la osservava: era un visetto, il suo, magro magro e pallido, abbastanza
irregolare e aguzzo, e aguzzi erano il nasino e il mento. I suoi occhi celesti
in compenso erano così limpidi e, quando si animavano, l’espressione del viso
diventava così buona e semplice che si provava attrazione. Inoltre aveva l’aria
della bambina.
La
madre e la sorella escono dallo
stambugio
La
madre non riuscì a salutare Sonja, mentre la sorella lo fece con un inchino,
premuroso, gentile e profondo.
Le
due parlano per strada:
Pulcheria
teme che Sonja faccia del male al figlio, mentre Dunja difende la ragazza.
Rodion
chiede a Razumichin se conosce Porfìrij Petròvič. Sì è mio parente,
risponde, e conduce l’inchiesta su
quell’assassinio (271).
Decidono
di andare da lui per gli oggetti dati in pegno da Raskolnikov all’usuraia
rinvenuti dalla polizia.
Nell’uscire
Rodiòn non chiude la porta: “Gente felice quella che non ha nulla da chiudere a
chiave!” dice (272). Orgoglio della propria miseria.
Sonja
torna a casa da sola e viene seguita da un uomo, un cinquantenne ben conservato,
di bell’aspetto.
Mentre
va da Porfirji, Raskolnikov pensa di sé: la farfalla vola da sé sulla candela.
Cfr.
Edipo re di Sofocle: è come una farfalla che gira
intorno alla fiamma finché questa la brucia e dà luce.
Da Porfirj
Ma L’assasssino, a costo di perdersi, vuole
scoprire se è sospettato.
Rodion
provoca Razumichin dandogli del Romeo alto quasi due metri, a proposito
dell’effetto che gli ha fatto la sorella, poi si mette a ridere fragorosamente
davanti alla porta di Porfirj perché vuole che il giudice lo senta di ottimo
umore. Quindi i due amici entrano, Rodion con l’aria di chi trattiene le
risate, Razumichin invece è sconvolto e
truce, rosso come una peonia, tanto buffo da giustificare le risa di
Raskolnikov. Sembrava tutto molto naturale. Nella stanza c’era pure Zamëtov,
cosa che non piacque a Raskolnikov
Razumichin
dà del porco all’amico dopo che l’amico ha detto a Porfirj: gli ho dato del
Romeo.
Porfirj era un uomo sui 35, più basso della
media, grasso e con un po’ di pancetta. Aveva il naso rincagnato (vedi Socrate)
e un colore malsano, giallastro ma era piuttosto vivace. La figura aveva
qualcosa di donnesco.
Rodion
ebbe l’impressione che il giudice sapesse già tutto.
Raskolnikov
recita una parte, e Porfirij lancia frasi inquietanti tipo: “è già da un pezzo
che vi attendo al varco” (282). Era per gli oggetti impegnati, precisa: un
anello e un orologio dall’usuraia con tanto di nome.
Raskolnikov trasalì. Pensò che gli stavano dietro come una
muta di cani. E’ tentato di confessare per mostrare il suo disprezzo.
Razumichin critica i socialisti: per loro il delitto è una protesta contro
l’ingiustizia dell’ordinamento sociale, per loro tutto dipende dall’ambiente
che corrompe e basta! La natura non la prendono in considerazione, la natura
viene cancellata. Sospettano dell’anima vivente perché non obbedisce alla meccanica,
perché sarebbe retrograda.
Il falansterio è pronto per la falange dei
lavoratori (utopia del socialista Fourier morto 1837), ma la natura non è
ancora pronta per il falansterio, essa vuole la vita. Con la sola logica non si
può scavalcare d’un salto la natura. La logica può prevedere tre casi mentre
essio sono milioni. Tutto il mistero della vita trova posto in due fogli di
stampa! Non c’è più bisogno di pensare!
Come
Sofocle, Dostoevskij attraverso i suoi personaggi smonta il logos inteso solo
come logica.
La vita è
logos sì, ma non è logica.
Cfr. Schopenhauer: "la natura è aristocratica,
più aristocratica di qualsiasi società feudale basata sulle caste"[2].
Ma
Porfirij ribadisce che l’ambiente ha una grande importanza nei delitti
Anche
un delitto contro una bambina si può spiegare con l’ambiente.
Il
giudice istruttore poi tira fuori il ricordo di un articoletto di Raskolnikov. Era intitolato Del delitto
“se
ben ricordate si allude al fatto che al mondo esistono certi individui i quali
hanno pieno diritto di compiere ogni specie di iniquità e di delitti, e la
legge per loro è come se non fosse mai stata scritta”.
Poi
risponde a Dimitri che ha domandato sgomento: “come, diritto al delitto?”
“
No, nel suo articolo tutto sta nel fatto
che gli uomini si dividono in ordinari e straordinari. Quelli ordinari devono
vivere nell’obbedienza e non hanno diritto di violare la legge, appunto perché
sono ordinari. Gli straordinari invece
hanno il diritto e la forza di violare la legge proprio perché sono
straordinari.
Raskolnikov
. decise di accettare la sfida. Lo corregge di poco: io ho semplicemente
formulato l’ipotesi che un uomo straordinario abbia il diritto di permettere
alla propria coscienza di scavalcare certi ostacoli, se lo richieda un suo
progetto magari salutare per l’umanità
Se
alla conoscenza delle scoperte di Keplero
o di Newton si fossero opposte dieci
o cento persone, gli inventori avrebbero avuto il diritto o perfino il dovere
di eliminare quelle persone per far conoscere quelle scoperte all’umanità.
Keplero
(1571-1630), un ‘astrologo’ che fece grandi scoperte astronomiche
Giovanni Keplero è stato il primo astronomo del 16° secolo a intuire che le orbite dei pianeti non sono circolari, ma ellittiche. Le sue leggi, dedotte dalle osservazioni del suo maestro Tycho Brahe, gli hanno permesso di capire fenomeni all’epoca ancora privi di spiegazione. Keplero si è anche occupato di astrologia, compilando almanacchi e facendo oroscopi
Astrologo e matematico imperiale
Nato nella città di Weil in Germania nel 1571 morto 1630, Keplero diventò presto un esperto latinista e studiò teologia e matematica all’università di Tubinga sotto la guida dell’astronomo Michael Mästlin, che gli fece conoscere l’ipotesi copernicana.
Ventiduenne, fu insegnante di matematica a Graz, in Austria, dove si occupò anche di compilare almanacchi annuali: in un calendario che realizzò nel 1595 previde un grande freddo, rivolte contadine, l’invasione turca e si fece così una reputazione di astrologo. Era solo l’inizio del suo interesse per l’arte divinatoria e per gli oroscopi di cui si occupò durante tutta la vita, nonostante qualche accenno di scetticismo, poiché era animato da una concezione pitagorica, quindi matematica e mistica dell’Universo.
Isaac Newton
Sir Isaac Newton (Woolsthorpe-by-Colsterworth, 25 dicembre 1642 – Londra, 20 marzo 1727) è stato un matematico, fisico, filosofo naturale, astronomo, teologo e alchimista inglese; citato anche come Isacco Newton, è considerato uno dei più grandi scienziati di tutti i tempi e fu Presidente della Royal Society.
Noto soprattutto per il suo contributo alla meccanica classica, Isaac Newton contribuì in maniera fondamentale a più di una branca del sapere. Pubblicò i Philosophiae Naturalis Principia Mathematica nel 1687, opera nella quale descrisse la legge di gravitazione universale e, attraverso le sue leggi del moto, stabilì i fondamenti per la meccanica classica. Newton inoltre condivise con Gottfried Wilhelm Leibniz la paternità dello sviluppo del calcolo differenziale o infinitesimale
Torniamo a Raskolnikov.
Da questo non
deriva che Newton potesse rubare al mercato o uccidere chi voleva. La mia idea
era che i legislatori e i fondatori della società umana come Licurgo, Solone, Maometto, Napoleone e
via discorrendo, sono stati tutti fino all’ultimo dei delinquenti, già per il
fatto che ponendo una nuova legge infrangevano una legge antica venerata dalla
società, e non si arrestarono nemmeno davanti al sangue, se il sangue era loro
d’aiuto. La maggior parte di questi benefattori e fondatori della società umana
furono dei terribili spargitori di
sangue. Chi esce dalla comune carreggiata e sa dire qualcosa di nuovo deve
essere per forza un criminale.
Gli uomini dunque si dividono in due
categorie: una inferiore che è quella degli uomini ordinari, del materiale che
serve unicamente a procreare altri individui simili-sono funzionari della specie- e un’altra che è quella
degli uomini veri e propri, i quali, cioè, hanno il dono e il talento di dire
una parola nuova (292).
Gli
ordinari sono le persone conservatrici e per bene che vivono nell’obbedienza e
amano obbedire. (cfr. quanto dice il Grande Inquisitore dei Fratelli Karamazov)
E’
il loro compito.
Gli straordinari invece sono dei
distruttori: essi chiedono la distruzione del presente in nome di qualcosa di
meglio. La massa si oppone a questi
innovatori e compie la sua missione conservatrice uccidendoli. Poi magari nella
generazione successiva li colloca sul piedistallo e li venera. Gli ordinari sono i signori del presente,
gli straordinari dell’avvenire. I primi conservano il mondo e si moltiplicano,
gli altri lo fanno avanzare,
Se
non finiscono giustiziati, gli straordinari giustiziano gli altri. Capita che
degli ordinari credano di essere straordinari per una capricciosità della natura che non è negata nemmeno a una mucca.
Ma basta sculacciarli, anzi essi si sculacciano da soli o si sculacciano a
vicenda
Quelli
capaci di pensare in modo nuovo sono pochissimi. La massa serve a mettere
insieme un uomo indipendente attraverso mille incroci. Più è elevato il grado
di creatività più rara è la persona. Di uomini geniali ce n’è uno su milioni. I
grandi geni, coronamento dell’umanità sono uno ogni centinaia di milioni.
Possono uccidere ma non ne sono felici: “gli uomini veramente grandi, secondo
me, devono provare una grande tristezza su questa terra” (p. 297).
Il
giudice chiede a Raskolnikov
se si sia sentito straordinario e capace di
scavalcare certi ostacoli; e in tal caso “potreste avere deciso di uccidere o
di rubare?”
E sembrava ammiccare con l’occhio sinistro.
“Anche
se l’avessi deciso, non verrei certo a dirvelo” (p. 297).
Bologna
16 ottobre 2025 ore 11, 38 giovanni ghiselli
p.
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