Torno per la sesta volta sul libro di Alessandro Ferruccio Marcucci Capitolo 28-Pinoli di Valfesina: DIALOGHI TRA E CON LE PAROLE –EDIZIONI GIUSEPPE LATERZA , Bari, 2022.
Il capitolo 28 tratta di CATARSI e IPOCONDRIA. Pane per i miei denti. Sono due parole presse in prestito dalla lingua greca e italianizzate
Vediamo intanto la catarsi- purificazione- nella Poetica di Aristotele
"La tragedia è imitazione di azione seria e compiuta (mivmhsi~ pravxew~ spoudaiva~ kai; teleiva~) che, con una certa estensione e con parola ornata (hJdusmevnw/ lovgw/) ( …) di attori che agiscono e non attraverso un racconto, per mezzo di pietà e terrore, compie la purificazione da tali affezioni"(di j ejlevou kai; fovbou peraivnousa th;n tw'n toiouvtwn paqhmavtwn kavqarsin, 1449b, 28.
Nell’Amleto di Shakespeare ne troviamo un’eco lontana con la confessione come purificazione e soluzione del peccato.
l’Amleto dice: “I have heard-that guilty creatures, sitting at a play,-have, by the very cunning of the scene,-been struck so to the soul that presently-they have proclaim’d their malefactions” (Hamlet, II, 2), io ho udito che delle persone colpevoli, davanti a un dramma, sono state colpite, dall’abilità della scena, fin dentro l’anima, in maniera tale che hanno confessato subito i loro misfatti.
Ma ora veniamo all’io narrante del nostro libro. Le parole di uso poco comune, come tutto ciò che è fuori dall’ordinario come catarsi e ipocondria appunto “mi creano una grande curiosità…che mi fa correre a sfogliare un vocabolario (sempre a portata di mano, a casa, o in Studio!” p. 97)
La curiosità.
Ottima spinta a conoscere e imparare è la curiosità.
Ulisse infatti, l’eroe dell’intelligenza e della brama di conoscere è un uomo anche curioso.
Apuleio ne fa una prefigurazione del suo Lucio, il protagonista delle Metamorfosi il quale nel mezzo delle tribolazioni asinine, pensa:" Nec ullum uspiam cruciabilis vitae solacium aderat, nisi quod ingenita mihi curiositate recreabar (...) Nec immerito priscae poeticae divinus auctor apud Graios summae prudentiae virum monstrare cupiens multarum civitatium obitu et variorum populorum cognitu summas adeptum virtutes cecinit " (IX, 13), né vi era da qualche parte alcun conforto di quella vita tribolata se non il fatto che mi sollevavo con la mia innata curiosità...e non a torto quel divino creatore dell'antica poesia dei Greci volendo raffigurare un uomo di somma saggezza, narrò che egli raggiunse i sommi valori visitando molte città e conoscendo popoli diversi.
Quanto a consultare il vocabolario è un predicato di serietà. Significa il rifiuto di scrivere o pronunciare parole senza conoscerne il significato vero, l’etimologia.
“Però non finisce qui. Perché io poi io parto per la tangente e incomincio a pensare, a collegare”.
Collegare fa parte dell’ottimo metodo comparativo da associare al dionisiaco che contrasta il principium individuationis
E’ l’ ottimo metodo comparativo. T. S. Eliot lo chiama “metodo mitico”: “In una famosa recensione[1] all'Ulisse di Joyce[2], T S. Eliot definiva il metodo mitico, in opposizione a quello narrativo, come il modo di controllare, di dare una forma e un significato all'immenso panorama di futilità e anarchia che è la storia contemporanea. "Instead of narrative method, we may now use the mythical method ", invece del metodo narrativo possiamo ora avvalerci del
metodo mitico. Questo implica la conoscenza della tradizione e di non poche fasce della letteratura europea.
Torniamo al Nostro.”Inizio a pensare che se c’è una ‘pacificazione’, una ‘purificazione’, un qualcosa che ‘rasserena’, vuol dire che ci sono anche emozioni, sensazioni e/o sentimenti opposti. Come essere in uno stato che potrei definire ‘conturbante’, ‘sconvolgente’, o quanto meno ‘contaminante’” (p. 97) .
Del resto ‘CATARSI’ non occupa i pensieri di tutti “per la semplice ragione che molti hanno problemi più terra-terra . Del tipo ‘fame’ , ‘sete’ e quindi ‘pane’ acqua’ ” (p. 98) .
Dovrebbero essere quanti sottraggono il pane e l’acqua agli affamati e agli assetati a occuparsi della propria catarsi ma non lo fanno neppure costoro, aggiungo.
Al Nostro vengono poi in mente “altre parole, come ‘vegetariano’ o ‘vegano’ (…) del tutto sconosciute a quelli che stanno per morire di fame”.
Un’altra associazione mentale fa riafforare un racconto di TONINO GUERRA “quando mi disse che il giorno più bello della Sua vita fu quando rivide una farfalla senza, finalmente, la voglia di mangiarla” (p. 98)
Giunge poi la volta del “vocabolo “IPOCONDRIA”, con il suo significato : “quello stato di forte preoccupazione davvero eccessiva per la propria salute pur in assenza di malattie organiche”.
L’etimologia sarebbe “sotto la cartilagine”, dove aveva sede la malinconia e altri disturbi dell’umore. ujpov + covndro~-ou oJ cartilagine, parte dell’addome
“Beh, la cosa è seria e spesso non si tratta di “malati immaginari di Molieriana memoria, ma di vere e proprie “distorsioni delle normali sensazioni che provengono dall’interno del corpo e che vengono interpretate come sintomi di una malattia specifica”.
L’ipocondria spesso deriva dall’ozio. In latino c’è il termine veternus pieno di significati: dal torpore, a una scontentezza cronica e pigra .
Nell'età primitiva un gravis veternus paralizzava l'attività umana: Virgilio nella Georgica I [3] dà questa spiegazione della genesi dell'età moderna: Giove procurò agli uomini fatiche e angosce (curae ) in quanto non lasciò che il suo regno restasse paralizzato in un pesante letargo"nec torpere gravi passus sua regna veterno " (v. 124). Infine il lavoro ostinato vinse tutte le difficoltà: “Labor omnia vicit-improbus” (vv. 145-146). Il compito di Virgilio nelle Georgiche in effetti è quello di celebrare il lavoro del bonus agricola.[4] Il “bravo” apicultore obbedisce a quanto gli ordina la madre Cirene Haud mora; continuo matris praecepta facessit (Georgica IV, 548) senza indugio esegue gli ordini della madre 548
"Orfeo fallisce perché viene meno alle rigorose prescrizioni degli dèi (492-493 rupta tyranni/ fodera ). Egli non può rispettare gli ordini ricevuti perché manca di tenacia e fermezza: è un amante e ha in sé la 'leggerezza' dell'amore che lo possiede. Volta gli occhi, e contra legem - contro la condizione imposta dagli dèi della morte-. “namque hanc dederat Proserpina legem”, v. 487) guarda l'oggetto del suo amore. L'amore lo tradisce e lo 'gioca'. Il suo è l'ingannevole trionfo d'amore (quasi l'essersi illuso che davvero potesse valere la sentenza dell'omnia vincit amor [5], che amare avesse più forza anche della morte) Una comparazione sistematica tra i due eroi ottiene, dunque, un primo risultato. Il parallelismo fra Orfeo e Aristeo, realizzato tramite l'espediente della cornice, ha la funzione di manifestare un'opposizione permanente fra due atteggiamenti e due modi di vita: da un lato il georgòs scrupoloso e pio, dall'altro l'amante che-seppure armato della forza trascinante e sconvolgente di Eros- è però tradito da quello stesso furor che lo anima"[6].
Virgilio suggerisce sempre l’obbedienza al potere soprannaturale degli dei e a quello terreno del regime di Ottaviano Augusto.
" Centrale è il concetto di veternus , una specie di pigra indolenza, un torpore che affliggeva l'umanità nell'età dell'oro, e che avrebbe indotto Giove a introdurre il lavoro nel mondo, per stimolare l'ingegno umano e rendere gli uomini attivi, vigile e intraprendenti"[7] .
Concludo citando le ultime parole di questo capitolo. Credo che la recensione di un libro presupponga la lettura e lo studio delle pagine da recensire e che queste debbano essere rese note a chi legge. Lo chiarisco perché molto spesso si trovano presunte recensioni fatte di chiacchiere che non fanno conoscere nemmeno una parola del libro. Dunque una critica seria deve chiarire l’Autore recensito con l’Autore stesso e magari con altri autori a lui collegati. Questo cerco sempre di fare. Talora mi riesce.
Tale criterio risale filologo Aristarco di Samotracia[8] per il quale bisogna spiegare Omero con Omero : “ {Omhron ejx JJOmhvrou safhnivzein".[9]
Sentiamo dunque l’explicit del Nostro autore: “E a questo punto finisco sempre per cadere nelle mie stesse ‘manie’ …”social qualcosa” e a pensare a molti luoghi dell’Africa o comunque ai Poveri veri, quelli che veramente soffrono la fame…
(Qui apro una parentesi per dire che io ne ho conosciuti tanti in Egitto, poi in Sud America…e ho visto perfino quelli che stanno per morire di fame e hanno la pancia gonfia, ma poi muoiono per motivi che da noi non si conoscono né s’immaginano: muoiono per un semplice raffreddore o solo per una ferita, perché non hanno più gli anticorpi. Punto. E qui chiudo la parentesi)… (p. 99)
Avvertenza: il blog contiene 7 note e il greco non traslitterato.
Bologna 26 ottobre 2025 ore 18, 18 giovanni ghiselli
p. s.
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[1]Ulysse, Order and Myth , "The Dial", nov. 1923.
[2] Del 1922.
[3] Le quattro Georgiche costituiscono un poema didascalico sull'agricoltura e l’allevamento degli animali. Furono composte tra il 37 e il 30 a. C.
[4] “Il protagonista delle Georgiche-il paziente, tenace agricola capace di coronare la sua fatica con il successo-è anche un carattere non privo di ombre, e richiede, anche lui, della vittime” . Tradotto dall’inglese di Gian Biagio Conte, Aristaeus, Orpheus, and the Georgics: Once Again , in Poets And Critics Read Vergil, Yale University Press., n. 30, p. 205. Tale è Aristeo, e non farà meno vittime il “pio”Enea.
[5]Bucolica X , 69.
[6]G. B. Conte, Virgilio il genere e i suoi confini, Garzanti, Milano, 1984, p. 47.
[7]M. Bettini, La letteratura latina, 2, p. 453.
[8] 217 ca-145 a. C.
[9] Schol. B a Z 201.
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