Volgarità- Sprezzatura .
E’
il titolo di un bel capitolo (12, pagine 45-47) del libro Dialoghi tra e con le parole di Alessandro Marcucci Pinoli di
Valfesina.
A
queste parole
Lo
snobismo è volgarità
“Mi
permetto di contraddirla perché quanto asserisce è del tutto errato in quanto
la parola SNOB deriva dall’abbreviazione delle parole latine SINE NOBILITATE,
che veniva usata nei registri dei Collegi
Inglesi da quando iniziarono ad ammettere studenti nella nuova middle
class arricchita, che però non avendo titoli nobiliari come Duca, Marchese,
Conte ecc. , da mettere dopo il nome e cognome, ci si limitava a scrivere
appunto SNOB”.
E’
una buona lezione data a quanti affermano di essere snob credendo che questa
parola sia un predicato di nobiltà. In effetti vantarsi del proprio snobismo è
un’autodenuncia di volgarità e di ignoranza plebea.
Nel
Dizionario etimologico della lingua
inglese di Walter Skeat della
Oxford at the Clarendon press del 1882-ristampa 1984- l’autore scrive: “snob, a vulgar person, also, a journeyman
shoemaker, a land servant, usually in a ludicrous sense” (p. 497) snob, una persona volgare,
anche, un ciabattino a giornata, un servo della gleba,
di solito in senso irrisorio.
Sono
davvero ridicole le perone volgare che credono di nobilitarsi dicendo; “io sono
uno snob”.
Quindi
il nostro autore menziona Il cortegiano di Castiglione che
biasima l’affettazione quale aspro scoglio
e raccomanda la sprezzatura.
Baldassarre Castiglione nel libro Il cortegiano[1] prescrive al gentiluomo di fuggire sopra
tutto "la ostentazione e lo impudente laudar se stesso, per lo quale
l'uomo sempre si còncita odio e stomaco da chi ode" (I, 17). Egli deve
schivare "quanto più si pò, e come un asperissimo e pericoloso scoglio, la
affettazione; e, per dir forse una nova parola, usar in ogni cosa una certa
sprezzatura", ossia una studiata disinvoltura, "che nasconda l'arte e
dimostri ciò che si fa e dice venir fatto senza fatica e quasi senza pensarvi.
Da questo credo io che derivi assai la
grazia… " (I, 26).
"Questa virtù adunque contraria alla
affettazione…chiamiamo sprezzatura" (I, 28). Un esempio:"nel danzare
un passo solo, un sol movimento della persona grazioso e non sforzato, subito
manifesta il sapere di chi danza" (I, 28).
Alla
fine di questo capitolo educativo Marcucci Pinoli presenta il personaggio
signorile con queste parole : “questa
ormai poco conosciuta SPREZZATURA altro non è se non “quell’atteggiamento
improntato a un senso di superiore distacco con una gradevole apparenza di
spontaneità e di naturalezza (…)
Quindi
l’autore dà la parola alla stessa SPREZZATURA che, parlando alla Volgarità, ,si
autodefinisce: “Io praticamente sono l’atteggiamento studiatissimo , voluto e
ricercato di piena disinvoltura, di naturale spontaneità, fino alla
trascuratezza, volto ad ostentare, un’abilità e una sicurezza assoluta, che
deve apparire come non avere richiesto alcuno sforzo (p. 47)
A
proposito della “apparenza di spontaneità” e di “atteggiamento studiatissimo”
della Trascuratezza, ricordo il personaggio Clorinda del poema di Torquato Tasso: “le negligenze sue sono
artifici” (II, 37), quindi cito l’ossimoro di Parini: il suo giovin signore presenta la chiome disordinate sì, ma “con artificio negligente”.
Il conte Alessandro
Manzoni conosce bene la regola dell'affettazione/sprezzatura.
Nell'Introduzione a I promessi sposi squalifica lo stile del "buon
secentista" definendolo "rozzo insieme e affettato..Ecco qui:
declamazioni ampollose, composte a forza di solecismi pedestri, e da per tutto
quella goffaggine ambiziosa, ch'è il proprio carattere degli scritti di quel
secolo, in questo paese". Quindi la decisione di "rifarne la
dicitura". Viceversa, per quanto riguarda lo stile alto del comportamento,
possiamo notare quello dei personaggi invitati
dal conte zio per dare un'impressione di potenza al padre
provinciale:"gli fece trovare una corona di commensali assortiti con un
intendimento sopraffino. Qualche parente de' più titolati, di quelli il cui
solo casato era un gran titolo; e che, col solo contegno, con una certa
sicurezza nativa, con una sprezzatura signorile, parlando di cose grandi con
termini famigliari, riuscivano, anche senza farlo apposta, a imprimere e
rinfrescare, ogni momento, l'idea della superiorità e della potenza"[2].
Un
correlativo stilistico letterario di questa neglegentia è l'ajmevleia che l'Anonimo Sul sublime[3]
attribuisce a Omero e ad altri grandi della letteratura come Sofocle, Pindaro,
Demostene e Platone. L'autore annovera Omero tra i grandissimi nei quali egli stesso ha rilevato non
pochi difetti ("oujk
ojlivga...aJmarthvmata")
i quali però non sono errori volontari ma piuttosto sviste dovute a casuale
noncuranza ("paroravmata
di' ajmevleian eijkh'/") e prodotte distrattamente dalla loro stessa
grandezza (33).
Infine il conte Leopardi: “E’ bellissima nelle scritture
un’apparenza di trascuratezza, di sprezzatura, un abbandono, una quasi
noncuranza. Questa è una delle sprecie della semplicità. Anzi la semplicità più
o meno è sempre un’apparenza di sprezzatura (…) perocch’ella sempre consiste
nel nascondere affatto l’arte, la fatica e la ricercatezza” (Zibaldone,3050- 3051)
Non
pochi giovani della mia generazione assumevano la posa della trascuratezza.
Alcuni ne hanno fatto uno stile conservando quell’abitudine per decenni dopo che è passata di moda.
Nei
libri buoni può riconoscersi l’umanità di ogni epoca.
Bologna 26 ottobre 2025 ore 11, 29.
p.
s.
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[1] Il libro del cortegiano fu scritto tra il 1513
e il 1518 e venne pubblicato nel 1528.
[2] I promessi sposi , capitolo XIX.
[3] Trattato, anonimo appunto, generalmente attribuito a
un retore fiorito verso la metà del I secolo d. C. Dovrebbe essere un seguace
di Teodoro di Gadara che ebbe tra gli allievi anche l'imperatore Tiberio. La
sua scuola sosteneva l'anomalia e l'elemento patetico che conferisce efficacia
persuasiva al discorso
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