I cibi eccitanti e il vino. Da assumere senza esagerare
se si vuole essere amanti efficienti, da evitare se vogliamo o dobbiamo sottrarci.
Per quanto
riguarda il cibo pruriginoso sentiamo Ovidio che nei Remedia lo sconsiglia
:"Daunius an Libycis bulbus tibi missus ab
oris/an veniat Megaris, noxius omnis
erit " (Remedia amoris, vv.797-798), la cipolla della Daunia-Puglia settentrionale-
o mandata dalle coste libiche o importata da Megara sarà sempre nociva.
In questa prospettiva, ribaltata rispetto a
quella del viagra o alle pratiche cui si sottopone Encolpio contro l'impotenza,
nocivo significa eccitante in questo
contesto dove Remedium amoris è non
essere eccitato.
Eccitante è anche la rucola:"Nec minus erucas aptum vitare salaces,/et
quicquid Veneri corpora nostra parat " (799-800), e non è meno
opportuno evitare la rucola afrodisiaca e tutto quanto dispone il nostro corpo
a Venere.-salaces, da salax,
connesso a salio, salto, significa
propriamente "che fa saltare". "La radice deriva
dall'indoeuropeo *sal- che ha dato come esito in greco aJl-, in latino sal-"[1].
Cfr. a{llomai.
Nell'Ars amatoria che condivide l'impianto didascalico dei Remedia amoris, ma vuole insegnare il contrario, Ovidio consiglia gli
stessi e altri cibi afrodisiaci a chi non deve risparmiare i lombi:"bulbus et, ex horto quae venit herba
salax/ovaque sumantur, sumantur Hymettia mella/quasque tulit folio pinus acuta
nuces" ( II, 422-424), si prenda la cipolla, e la rucola eccitante che
viene dall'orto, le uova e si prenda il miele dell'Imetto e i pinoli che
produce il pino dalle foglie aghiformi.
La cipolla (bolbov" ) è con le conchiglie e le lumache, tra gli
ingredienti principali anche del povto" aJduv" (v. 17), il magnifico banchetto che svela
l'amore di Cinisca nel XIV idillio di Teocrito.
La cipolla e la rucola sono messi tra gli
afrodisiaci anche da Marziale. Questi peraltro non aiutano Luperco abbandonato
dalla mentula contumace:"sed nihil erucae faciunt bulbique salaces"
(III, 75, 3), niente ti fanno la rucola e le cipolle eccitanti.
Veniamo quindi al vino:" Vina parant animum Veneri, nisi plurima sumas/ et stupeant multo corda
sepulta mero./Nutritur vento, vento restinguitur ignis;/lenis alit flammas,
grandior aura necat./Aut nulla ebrietas, aut tanta sit, ut tibi curas/eripiat;
si qua est inter utrumque nocet " ( Remedia amoris,
vv.805-808), il vino dispone l'animo a Venere, se non ne prendi troppo e non
vengono intontiti i sensi sepolti dal molto vino. Viene nutrito dal vento, dal
vento viene pure spento il fuoco; una lieve brezza alimenta le fiamme, un vento
più grande la spenge. O non ci sia l'ebbrezza o sia così grande da portarti via
gli affanni, se una si trova a metà, ti fa male.
Nell'Ars amatoria leggiamo:"Vina parant animos faciuntque caloribus
aptos;/cura fugit multo diluitque mero./Tunc veniunt risus, tum pauper cornua
sumit,/tum dolor et curae rugaque frontis abit./Tunc aperit mentes aevo
rarissima nostro simplicitas,/ artes excutiente deo./Illic saepe animos iuvenum
rapuere puellae,/et Venus in vinis ignis in igne fuit" (I, 237-244),
il vino dispone gli animi e li rende pronti agli ardori; l'ansia fugge e si
scioglie con molto vino. Allora nascono le risate, allora il povero prende
coraggio, allora il dolore e le ansie e la ruga della fronte se ne vanno.
Allora la semplicità, rarissima nel nostro tempo, rivela i pensieri, poiché il
dio scuote via gli artifici. Lì spesso le ragazze conquistano i cuori dei
giovani e Venere nel vino è fuoco nel fuoco.
Già Euripide nelle Baccanti aveva collegato Cipride al vino:"oi[nou de; mhkevt j o[nto"
oujk e[stin Kuvpri"-oujd j a[llo terpno;n oujde;n ajnqrwvpoi" e[ti" (vv. 773-774), E quando
non c'è più il vino, non c'è Cipride/né più alcun altro piacere per gli uomini.
Una riflessione sugli effetti erogeni del vino
si trova nel romanzo L'asino d'oro di Apuleio (125-170) Il curiosus
protagonista Lucio, preparandosi a un incontro amoroso con l'ancella Fotide, ricevuta in dono un'anfora
di prezioso vino invecchiato, vini cadum
in aetate pretiosi, invita l'amante
a bere insieme il liquido di Bacco elogiandolo come il miglior viatico per percorrere una lunga rotta sulla
barca di Venere:"Ecce-inquam,-Veneris
hortator et armĭger Liber advenit ultro! Vinum istud hodie sorbamus omne, quod
nobis restinguat pudoris ignaviam et alăcrem vigorem libidinis incutiat. Hac enim sitarchĭa navigium
Veneris indĭget sola, ut in nocte pervigili et oleo lucerna et vino calix
abundet "
(II, 11), ecco, dico, che stimolatore e armigero di Venere arriva Libero
spontaneamente ! Beviamocelo tutto oggi questo vino che spenga in noi la viltà
del pudore e susciti un vivace vigore di libidine. In effetti la barca di Venere
ha bisogno soltanto di questo approvvigionamento in modo che, durante la notte di veglia, la lucerna sia
piena d'olio e la coppa di vino. Del
resto Fotide decenter undabat,
ancheggiava in modo appropriato.
Il nesso
vino-Venere viene ricordato controvoglia da Leonia, la vecchia ubriaca del Curculio
di Plauto che deve offrire un goccio del suo tesoro liquido, com'è
consuetudine, alla dea dell'amore:"Venus,
de paullo paullulum hic tibi dabo hau lubenter./ Nam tibi amantes propitiantes
vinum dant potantes/omnes…" (vv. 123-125), Venere, del poco
che c'è qui darò un pochino a te non volentieri. Infatti tutti gli amanti
facendo un brindisi ti offrono del vino per propiziarti.
Il portiere
del castello di Macbeth , una specie
di portiere dell'inferno come ipotizza di essere con ironia sofoclea [2],
disquisisce, intorno agli effetti del
bere sulla libidine: la provoca e la sprovoca; provoca il desiderio ma ne porta
via l'esecuzione. " Therefore, much
drink may be said to be an equivocator with lechery ", perciò bere
molto si può denominare colui che rende equivoca la lascivia: la crea e la
distrugge; la spinge innanzi e la tira indietro; la persuade e la scoraggia;
"makes him stand to, and not stand
to", la mette in piedi e non la tiene su, insomma la equivoca col
sonno e dandole una smentita la pianta (Macbeth,
II, 3). In questo monologo, "di un fine umorismo lucianesco…occorrono
certe allusioni a fatti contemporanei, che allora, cioè quando Shakespeare
scriveva il Macbeth [3],
dovevano essere a common topic[4],
o, come diremmo noi, sulla bocca di tutti, e che ci riportano a
quell'anno" [5] (1606).
Chiarini fa
l'esempio della parola equivocator
usata due volte nel monologo e che allude alla dottrina gesuitica
dell'equivocazione invocata da Enrico Garnet, superiore dell'ordine dei gesuiti
processato nel 1606 appunto per l' accusa di avere partecipato alla congiura
delle polveri (gunpowdwer plot) ordita dai cattolici, nel 1605, contro
Giacomo I Stuart figlio di Maria Stuarda. Succedette a Elisabetta I nel 1603 e
regnò fino al 1625. Suo figlio Carlo I
venne decapitato nel 1649
Si può aggiungere e precisare che bere
alcolici, in quantità non eccessiva, può disinibire in certi casi o, in altri,
fare obliare la scarsa attrazione sentita in condizione di lucidità per un
partner che non ci piace.
Bologna 18 ottobre
2025 ore 10, 51 giovanni ghiselli
p. s.
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[1] G. Ugolini, Lexis , p. 109.
[2] Egli esordisce dicendo: questo si chiama bussare per
davvero! Se un uomo fosse portiere dell'inferno (if a man were porter of
hell-gate) avrebbe l'abitudine antica di girare la chiave (II, 3). Non
"possiamo fare a meno di sentire che nel far finta di essere il portiere
dell'inferno egli è terribilmente vicino alla verità" (Bradley, op. cit.,
p. 424).
[3] Regnò sulla Scozia dal 1040 al
1057.
[4] A proposito dei nostri tovpoi!
[5] Cino Chiarini (a cura di) Macbeth , p. XII.
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