mercoledì 29 ottobre 2025

Dostoevskij Memorie del sotto suolo. Settima parte.


L’uomo riferisce un suo ricordo sgradevole alla ragazza: una sepoltura, il sudiciume intorno, la neve, il guazzo. Poi uno sbadiglio

Una cosa schifosa. Un altro sbadiglio.

E’ un uomo che nota e ricorda soltanto il male.

Acqua e bagnato dappertutto. Non c’era verso di scavare una fossa asciutta.

 

Credo che il clima perfido contribuisca a smontare il buonumore.

L’estate non per niente è “stagione la meno dolente/ d’oscuramenti e di crisi/felicità degli spazi,/ nessuna promessa terrena/ può dare pace al mio cuore/quanto la certezza del sole/ che dal tuo cielo trabocca…” ( Vincenzo Cardarelli, Estiva, vv. 7-13).

 

Quindi l’uomo si mette a parlare della morte. La ragazza prova a recalcitrare –ma perché dovrei morire?”

E lui: “Una volta ti toccherà pure morire, e morirai proprio come quella là. Era anche lei…una fanciulla…E’ morta di mal sottile. Quindi insiste con particolari penosi.   

Poi aggiunge: “ Tu in questo momento sei giovane, bella, fresca, e sei apprezzata per queste cose. Ma in un anno di questa vita non sarai più la stessa, appassirai”

“In un anno?”

“Be’ in ogni caso fra un anno sarai dimunuita di valore”-seguitai malvagiamente. Poi descrive tutta la china del decadimento fino alla “debolezza di petto” e alla morte. Il valore di una persona, di una giovane donna è solo quello del suo corpo secondo questa affermazione.

Cerca di coinvolgere la ragazza già disgraziata di suo nel proprio inferno.

Quindi la commisera: “ho compassione”

“Di chi?”

“Di te ho compassione”.

Seguita ad avvilirla a fare con lei quanto gli altri hanno sempre fatto con lui.

La ragazza prova a difendersi: “Non c’è di che” sussurrò appena intelligibilmente e si agitò.

Questo mi fece rabbia”. La vorrebbe più docile.

La incalza: “Pensi di essere sulla buona strada?”

“Non penso niente”

“E’ questo il male, che non pensi. Ma torna in e stessa, finché sei ancora in tempo. E a tempo sei. Sei giovane, graziosa: potresti amare, sposarti, essere felice….” Ora ha preso la maschera del padre.

Quest’uomo indossa via via una serie di maschere: l’eroe, il vigliacco, l’inetto, il risoluto, il pensatore, l’indifferente, il tormentato. Quando è solo parla a se stesso ora a questa ragazza, se non se l’è inventata.

La ventenne risponde bene: “Non tutte quelle che si sposano sono felici”- troncò con la solita frettolosa malagrazia. 117.

A questo punto l’uomo rincara la dose rinfacciando alla ragazza l’orrore del luogo dove si trova: “ Non tutte, s’intende, ma è sempre di gran lunga meglio che qui. Non c’è paragone. Qui che c’è tranne il fetore?”

Si stava scaldando nel suo solito esercizio di denigrazione.

Quindi passa all’autodenigrazione perché nessun male gli sfugga

“Tu non guardare me, da me non puoi prendere esempio. Io forse sono peggio di te. Del resto sono venuto qui ubriaco”-mi affrettai a buon conto a giustificarmi” Poi però deve dare un colpo contrario: “io se anche mi avvilisco e mi insudicio, non sono però schiavo di nessuno; son venuto, me ne vado, e chi mi ha visto è bravo. Mi do una scrollata e già sono ridiventato un altro. Ma considera che tu fin dal primo momento sei una schiava” Deve tenersi comunque almeno un gradino al di sopra.

“E quando, dopo, vorrai rompere questa catena sarà troppo tardi; ti stringerà sempre più. E’ una catena maledetta. Non importa poi se si dà l’anima al diavolo”.

La ragazza risponde soltanuo “Sì” e l’uomo esulta dentro di sé: “ Dunque è anche lei capace di pensieri? Il diavolo mi porti se la faccenda non si fa interessante, qui c’è disposizione, pensai, e a momenti mi fregavo le mani. Facile era dominare un’anima fresca come quella”. Più di tutto mi attraeva il gioco.

Infatti quest’uomo può essere tragico o comico ma non è mai serio. Questo interesse per la derelitta poi lo condurrà al terrore poiché non trova mai un punto fermo.

La ragazza avvicinò il proprio capo a quello dell’uomo poi lo appoggiò su una mano di lui, o almeno così gli parve

“Perché sei venuta qui?” ripresi in tono ormai alquanto imperioso.

Crede di averla  in pugno

Ma lei ripete la risposta fatalista “Così…”

Lui la incalza provocandola: “Ma pure, com’è bello stare a casa propria! C’è tepore, agio; è il nostro nido”

“E se  ci si sta peggio?” replica la ragazza.

“Bisogna trovare il tono” –mi balenò il capo; con il sentimento a quel che pare non combinerai nulla” (119)

Questo può sembrare un pensiero banale, invece è molto profondo.

Lo notai quando ero giovane in Cesare Pavese lo scrittore che con Il mestiere di vivere è stato uno dei miei maestri: “Odiamo una persona quando questa sbaglia tono” 1940, 11 agosto

 

Bologna 29 ottobre 2025 ore 19, 28 giovanni ghiselli

p. s.

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