L’uomo riferisce un suo ricordo sgradevole alla ragazza:
una sepoltura, il sudiciume intorno, la neve, il guazzo. Poi uno sbadiglio
Una cosa schifosa. Un altro sbadiglio.
E’ un uomo che nota e ricorda soltanto il male.
Acqua e bagnato dappertutto. Non c’era verso di
scavare una fossa asciutta.
Credo che il clima perfido contribuisca a smontare il
buonumore.
L’estate non per niente è “stagione la meno dolente/
d’oscuramenti e di crisi/felicità degli spazi,/ nessuna promessa terrena/ può
dare pace al mio cuore/quanto la certezza del sole/ che dal tuo cielo trabocca…”
( Vincenzo Cardarelli, Estiva, vv. 7-13).
Quindi l’uomo si mette a parlare della morte. La
ragazza prova a recalcitrare –ma perché dovrei morire?”
E lui: “Una volta ti toccherà pure morire, e morirai
proprio come quella là. Era anche lei…una fanciulla…E’ morta di mal sottile.
Quindi insiste con particolari penosi.
Poi aggiunge: “ Tu in questo momento sei giovane,
bella, fresca, e sei apprezzata per queste cose. Ma in un anno di questa vita non
sarai più la stessa, appassirai”
“In un anno?”
“Be’ in ogni caso fra un anno sarai dimunuita di
valore”-seguitai malvagiamente. Poi descrive tutta la china del decadimento
fino alla “debolezza di petto” e alla morte. Il valore di una persona, di una
giovane donna è solo quello del suo corpo secondo questa affermazione.
Cerca di coinvolgere la ragazza già disgraziata di suo
nel proprio inferno.
Quindi la commisera: “ho compassione”
“Di chi?”
“Di te ho compassione”.
Seguita ad avvilirla a fare con lei quanto gli altri
hanno sempre fatto con lui.
La ragazza prova a difendersi: “Non c’è di che”
sussurrò appena intelligibilmente e si agitò.
Questo mi fece rabbia”. La vorrebbe più docile.
La incalza: “Pensi di essere sulla buona strada?”
“Non penso niente”
“E’ questo il male, che non pensi. Ma torna in e
stessa, finché sei ancora in tempo. E a tempo sei. Sei giovane, graziosa:
potresti amare, sposarti, essere felice….” Ora ha preso la maschera del padre.
Quest’uomo indossa via via una serie di maschere:
l’eroe, il vigliacco, l’inetto, il risoluto, il pensatore, l’indifferente, il
tormentato. Quando è solo parla a se stesso ora a questa ragazza, se non se l’è
inventata.
La ventenne risponde bene: “Non tutte quelle che si
sposano sono felici”- troncò con la solita frettolosa malagrazia. 117.
A questo punto l’uomo rincara la dose rinfacciando
alla ragazza l’orrore del luogo dove si trova: “ Non tutte, s’intende, ma è
sempre di gran lunga meglio che qui. Non c’è paragone. Qui che c’è tranne il
fetore?”
Si stava scaldando nel suo solito esercizio di
denigrazione.
Quindi passa all’autodenigrazione perché nessun male
gli sfugga
“Tu non guardare me, da me non puoi prendere esempio.
Io forse sono peggio di te. Del resto sono venuto qui ubriaco”-mi affrettai a
buon conto a giustificarmi” Poi però deve dare un colpo contrario: “io se anche
mi avvilisco e mi insudicio, non sono però schiavo di nessuno; son venuto, me
ne vado, e chi mi ha visto è bravo. Mi do una scrollata e già sono ridiventato
un altro. Ma considera che tu fin dal primo momento sei una schiava” Deve
tenersi comunque almeno un gradino al di sopra.
“E quando, dopo, vorrai rompere questa catena sarà
troppo tardi; ti stringerà sempre più. E’ una catena maledetta. Non importa poi
se si dà l’anima al diavolo”.
La ragazza risponde soltanuo “Sì” e l’uomo esulta
dentro di sé: “ Dunque è anche lei capace di pensieri? Il diavolo mi porti se
la faccenda non si fa interessante, qui c’è disposizione, pensai, e a momenti
mi fregavo le mani. Facile era dominare un’anima fresca come quella”. Più di
tutto mi attraeva il gioco.
Infatti quest’uomo può essere tragico o comico ma non
è mai serio. Questo interesse per la derelitta poi lo condurrà al terrore
poiché non trova mai un punto fermo.
La ragazza avvicinò il proprio capo a quello dell’uomo
poi lo appoggiò su una mano di lui, o almeno così gli parve
“Perché sei venuta qui?” ripresi in tono ormai
alquanto imperioso.
Crede di averla in pugno
Ma lei ripete la risposta fatalista “Così…”
Lui la incalza provocandola: “Ma pure, com’è bello
stare a casa propria! C’è tepore, agio; è il nostro nido”
“E se ci si sta
peggio?” replica la ragazza.
“Bisogna trovare il tono” –mi balenò il capo; con il
sentimento a quel che pare non combinerai nulla” (119)
Questo può sembrare un pensiero banale, invece è molto
profondo.
Lo notai quando ero giovane in Cesare Pavese lo
scrittore che con Il mestiere di vivere è stato uno dei miei maestri: “Odiamo
una persona quando questa sbaglia tono” 1940, 11 agosto
Bologna 29 ottobre 2025 ore 19, 28 giovanni ghiselli
p. s.
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