Debrecen 1976. La storia con
Nefertiti I.
Dieci anni dopo l’approdo alla riva cui mi ero aggrappato in seguito al rovinoso naufragio dei miei atroci ventanni[1], dunque tornai nella cittadina universitaria dove avevo trovato le amicizie e gli amori che ho raccontato non solo per riviverli e rigioirne, ma anche per mostrare ai giovani di oggi come sia possibile vivere senza rinnegare né camuffare la propria identità, il bisogno di affetti, la natura e la cultura che ci caratterizzano, e quanto sia meglio impiegarle con forza e metterne in risalto gli aspetti migliori per valorizzarli .
So che oggi le qualità intellettuali e morali che allora trovai in me stesso e mi hanno salvato sono difficilmente riconosciute e apprezzate: vengono, anzi, spesso ignorate, talora derise come stravaganze, tanto sono rare, o persino colpevolizzate.
Oggi è di moda la violenza: esercitata dovunque: dai campi di battaglia alle scuole.
Ora sono atteggiamenti e stati “normali”, cioè usuali, l’indifferenza, l’ ignoranza, la mancanza di misura, il lenocinio, la baratteria e simili lordure. Prodromi spesso della violenza. Chi è capace di serietà, disciplina, spirito di sacrificio passa per matto. Chi è mite e pacifico è considerato vile. Chi condanna un genocidio è biasimato e così via.
Le parole non corrispondono più ai fatti molte volte,
Del resto già nel 1976 cui siamo arrivati tante parole buone e molte immagini belle apparse e divulgate tra la fine degli anni Sessanta e i primi Settanta stavano già tramontando.
Infatti durante il mese di vacanza che mi accingo a raccontare incontrai una ragazza che non aveva lo spirito sul quale il mio potesse gettare un ponte di parole , idèe e sentimenti, un terreno comune dove creare le intese necessarie alla nascita delle fusioni spirituali, come fu fatto con le tre finlandesi per un mese ciascuna nei primi anni Settanta che sono stati i più belli della vita di tanti noi oggi vecchi. Non mi vergogno del fatto di avere compiuto 80 quattro mesi fa, anzi ne sono contento. Significa non che ho vissuto in anni migliori di questi. E sono ancora vivo per giunta.
Con la donna incontrata alla festa della conoscenza del 1976 invero non mancò la mescolanza dei corpi. Questa però da sola non crea la gioia che viene dalla trasfusione delle anime. Quella sera, dopo poche parole, facemmo l’amore in fretta e furia dentro la mia automobile. Iniziava una relazione sfasata. Non eravamo sintonizzati. Avevamo ritmi diversi
Non trovammo la sintonia nei giorni seguenti.
L’ultima amante dell’ Università estiva di Debrecen era italiana e siciliana. Un poco esotica anche questa dunque. Una bruna di ventitrè anni, non volgare e piuttosto carina. La ricorderò come Nefertiti siccome dicevano che assomigliasse alla moglie del faraone eretico adoratore del sole Amenofi IV-Ekhnaton, quasi un correligionario per me.
Questa ragazza pienamente mediterranea, di aspetto piacente, però era mentalmente lontana dai miei gusti. Durante quell’estate remota dunque imparai che una donna giovane, educata e gradevole non basta a evitarmi la sghignazzata del diavolo e la conseguente tristezza dopo la copula.
Ricordo un tardo pomeriggio di agosto quando oramai avevo capito con dispiacere e rimpianti che non stavo vivendo il quarto amore di Debrecen. Camminavo con Fulvio, l’amico che era tornato nella nostra accademia estiva dopo cinque anni di pausa. Cominciava a essere stanco della moglie. “importante è non stancarsi mai del sole”, gli dissi ricordando la caduta di Macbeth.
Eravamo sul ponte a nove arcate che a Hortobágy sormonta una palude di canne e zanzare.
Nefertiti era rimasta con un’amica dentro la csárda dove i violini zigani suonavano le danze ungheresi di Brahms accompagnati dai cembali.
Durante le settimane precedenti si era litigato da amanti balordi quali eravamo: ci mancavano interessi e argomenti comuni di cui parlare senza noia e senza ira.
Voglio dire che l’unico modo per sentire qualcosa, compreso il desiderio sessuale, già dopo un paio di giorni, era litigare con astio su questioni senza importanza, quisquilie che infatti nemmeno ricordo.
Qualche volte superavamo il limite dell’emozione cattiva eppure, e- pure, eccitante: quel pomeriggio la sensazione di entrambi era prossima allo schifo e non ci consentiva più di rimanere vicini.
Mentre camminavo con Fulvio sul ponte che attraversava la palude malsana sotto di noi, il cielo sopra di noi nel tardo pomeriggio era scuro, afoso, opprimente, e nella puszta antistante si vedeva una folla di turisti avidi di fotografare i cavalli incalzati dalle fruste schioccanti dei butteri, i bovi dalle lunghe corna, i porci neri dalle candide zanne e i tipici pozzi del luogo muniti di antenne. Un’Ungheria di maniera e un poco falsa che dieci anni prima mi aveva interessato ma da tempo oramai mi annoiava.
Da tutte le parti soffiava un vento caldo che sollevava una polvere, o sabbia, di granelli neri, aguzzi e piccanti che si ficcavano dentro i miei poveri occhi dove le lenti a contatto li sfregavano contro la cornea aggravando il mio strazio.
Pregai: “ [Erw" [Erw" (…) mhv moi pote su;n kakw`/ faneivh"-mhvd j a[rruqmo" e[lqoi" ”2
Avvertenza: il blog contiene il greco non traslitterato
Note
1Cfr, Le prime trentacinque pagine del mio Tre amori a Debrecen. Lo trovate in prestito nella biblioteca Ginzburg di Bologna. Non compratelo dunque!
[2] Euripide, Ippolito v. 525 e vv. 528-529, Eros Eros (…) non mostrarti mai a me con del male e non venire privo di ritmo.
Bologna 24 marzo 2025 ore 16, 15 giovanni ghiselli
p. s.
Statistiche del blog
Sempre1704867
Oggi176
Ieri276
Questo mese11922
Il mese scorso23432
Avvertenza: il blog contiene il greco non traslitterato e 2 note
Nessun commento:
Posta un commento