L’Europa ha fatto la prima guerra mondiale per smembrare un grande Stato multinazionale: quello dei “miei popoli” di Francesco Giuseppe , la Cacania di Musil. Sentiamo che cosa ne dice un personaggio del suo romanzo
L’uomo senza qualità III, 20. Quarta parte.
Divagazioni prolisse impiegate per assopire la vigilanza.
Il conte Leinsdorf è il personaggio principale della grande azione patriottica, detta azione parallela poiché doveva mettere in evidenza la maggiore portata di un giubileo settantennale –quello di Francesco Giuseppe imperatore dal 1848- nei confronti di un altro appena trentennale del Kaiser Guglielmo II dal 1888. Leinsdorf era la forza motrice. Cercava dei modelli in Fichte
Il conte dunque dice che nelle sue riflessioni pensa addirittura ai socialisti. Crede che si possano addomesticare e utilizzare per potenziare il Reich. “Si vede già un’attenuazione della lotta di classe e della condanna della proprietà e alcuni di loro antepongono lo Stato al partito, mentre i borghesi si sono radicalizzati nelle loro contaddizioni nazionali” (p. 823).
Il Reich asburgico era un impero multinazionale come l’impero Persiano antico, quello effimero di Alessandro Magno, quello romano e di recente l’Unione Sovietica.
“Dobbiamo ragionare in termini di economia politica e la politica del principio di nazionalità ha esautorato il Reich. L’Imperatore e re di Cacania, un vecchio signore leggendario, di tutta quell’insalata libertaria ceco-tedesca-italo polacca se ne frega altamente. L’imperatore vuole che il Reich sia forte e prova una viva avversione contro tutte le albagie, la spocchia del mondo intellettuale borghese fin dal ’48. L’Imperatore, mi lasci dire, è il primo socialista dello Stato”.
La storia della loro patria multinazionale rischiava di finire costretta a muoversi verso lo sterile nazionalismo dove si stava smarrendo.
Ulrich, l’uomo senza qualità protagonista del romanzo: “conosceva quello stato di vaga ostilità atmosferica di cui l’aria è satura nell’era nostra e ogni tanto si condensa” (7 Una specie di introduzione, p. 22). Quindi pensava alle contraddizioni dell’umanità che produce Bibbie e cannoni (p. 22).
Ma veniamo ai giorni nostri, all’Europa di oggi.
A me piace molto l’Europa per la cultura e l’arte che ha saputo creare nei millenni. L’Europa ha una grande, meravigliosa cultura multinazionale. Chi studia e chi fa dell’arte vive gran parte del tempo in questa aura europea.
Quando Loffredo di Napoli alla fine degli anni Novanta pubblicò la prima edizione della mia traduzione e commento dell’Edipo re scrisse nella quarta di copertina: “Giovanni Ghiselli ha voluto presentare un Sofocle “europeo” commentando questa tragedia attraverso gli altri drammi greci, la letteratura antica e le espressioni più pertinenti della successiva civiltà letteraria occidentale”.
Da allora ho continuato a lavorare con questo metodo comparativo o “mitico” come lo chiama T. S. Eliot.
Ebbene l’ Europa della cultura e dell’arte mi piace, è mia consanguinea.
Mi ripugna invece l’Europa delle armi, delle guerre, dei massacri.
Un’Europa di Stati confederati che si porgano reciproco aiuto potrebbe risuscitare il meglio della sua civiltà fondata sulla cultura greco-latina-cristiana e deprecare la barbarie delle guerre, dei massacri delle desolazioni antichi, recenti e pure presenti.
Bologna 20 marzo 2025 ore 17, 26 giovanni ghiselli.
p. s.
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