mercoledì 26 marzo 2025

Aristofane Lisistrata 4. Lisistrata propone alle donne lo sciopero del sesso.


 

 

Arriva  Mirrina e Lisistrata la rimprovera del ritardo

 Quindi Mirrina si scusa: nel buio ha durato fatica a trovare la cintura movli" ga;r hu\ron ejn skovtw/ to; zwvnion (72).

Il nome della donna significa “piccolo muvrto" ”. Il mirto, sacro ad Afrodite simboleggia la vagina, fichina dunque.

 

Diversità delle donne spartane dalle ateniesi- Le ragazze di Sparta sono più allenate, robuste e libere.

 

Arriva poi la spartana Lampitò- una ragazzona robusta- con una Beota e una Corinzia.

Lisistrata saluta Lampitò con w\ filtavth Lavkaina (78) e le dice che il suo corpo è bello e fiorente (wJ" eujcroei'"- wJ" de; sfriga'/ to; sw'ma sou).

Poi aggiunge: potresti strangolare anche un toro  (ka]n tau'ron a[gcoi", 80).

Lampitò risponde, lo credo bene: gumnavddomai , faccio palestra io e salto sulle  natiche poti; puga;n a{llomai.

 

Nell’Andromaca di Euripide, Peleo, il nonno di Neottolemo, esecra le Spartane e i loro costumi: neppure se lo volesse, potrebbe restare onesta (swvfrwn, v. 596) una delle ragazze di Sparta che insieme ai ragazzi, lasciando le case con le cosce nude (gumnoi'si mhroi'" v.598) e i pepli sciolti, hanno corse e palestre comuni, cose per me non sopportabili "  (vv.595-600).

 

Plutarco dà un'interpretazione non malevola dello stesso fatto: il legislatore Licurgo volle che le fanciulle rassodassero il loro corpo con corse, lotte, lancio del disco e del giavellotto (…) per eliminare poi in loro qualsiasi morbidezza e scontrosità femminile, le abituò a intervenire nude nelle processioni, a danzare e a cantare nelle feste sotto gli occhi dei giovani (Vita di Licurgo , 14). E' interessante il fatto che   Erodoto  (I, 8)  viceversa fa dire a Gige cui Candaule ha proposto di vedere quanto fosse bella la moglie nuda:"la donna quando si toglie le vesti, si spoglia anche del pudore"-

 

Nelle Leggi di Platone, l’Ateniese ricorda allo Spartano che l’ideale guerriero della sua città non si cura abbastanza di esercitare la capacità di resistenza al piacere, e aggiunge che non sarebbe difficile, per chi volesse difendere le leggi di Atene, criticare le norme spartane indicando la licenza delle loro donne: “deiknu;~ th;n tw`n gunaikw`n parj uJmi`n a[nesin “(637c).

 

 

Che bellezza di tette hai! aggiunge Lisistrata-wJ" dh; kalo;n to; crh'ma tw'n titqw'n e[cei" ( Lisistrata, 83).

Poi la caporiona dice alla Beota che ha un kalo;n pedivon un bel campo.

 La solita metafora per vagina.

Insomma  incoraggia le due possibili alleate e accade che mentre gli uomini si ammazzano a vicenda, le donne solidarizzano tra loro sperando di dare il buon esempio ai maschi.

 

Lampitò quindi nota che la donna beota è pure  depilata paratetilmevnh –parativllw-th;n blhcwv, (blhcwv è un’erba aromatica (puleggio, varietà di menta) che rimanda al pelo del pube). E’ rasata dunque della sua erba  komyovtata, molto elegantemente (89).

 

Poi c’è la Corinzia di buona famiglia come si vede dal sedere.

 

Assenza dei maschi da casa per la guerra

Lisistrata prima di esporre il proprio piano domanda alle donne se non sentano la mancanza dei padri dei loro figli insomma dei loro uomini assenti per la guerra (tou;" patevra" ouj poqei'te tou;" tw'n paidivwn-ejpi; stratia'" ajpovnta";  99-100).

Cleonice risponde che suo marito, w\ tavlan, poveretto è in Tracia da cinque mesi ,

Mirrina che il suo è  a Pilo, e lo spartano di Lampitò imbraccia  sempre lo scudo anche se qualche volta torna a casa ripartendone subito

Lisistrata lamenta che non è rimasto nemmeno da utilizzare un ganzo (moicou' , 107)

E nemmeno si trova l’ o[lisbo" di otto dita ojktwdavktulo"  o{" h\n a]n hJmi'n skutivnh  jpikouriva (110) che era per noi un soccorso di cuoio 110.  Non arrivano più “da quando i Milesi ci hanno tradito” (108). Cfr. Tucidide VIII, 17

 

Lo scoliasta dice che i servivano dell'olisbos  aiJ ch'rai gunai'ke", le donne vedove, e non solo loro.

 

 Ritroviamo questo strumento di piacere triste nel Mimiambo VII di Eroda (III secolo).

Le amiche a colloquio segreto.

Ci sono due donne che parlano: Metro chiede a Coritto chi è che le ha cucito to;n kovkkinon baubw'na il fallo di cuoio scarlatto.

Questo artigiano lavora in casa (kat j oijkivhn ejrgazet j, 63) e vende di nascosto (ejnpolevwn lavqrh/ ) siccome oggi ogni porta rabbrividisce riguardo agli esattori: tou;" ga;r telwvna" pa'sa nu'n quvrh frivssei (64). Evasione fiscale.

Coritto le descrive il calzolaio Cerdone falakro;", mikkov", calvo piccolino.

Ma è bravissimo a fare questi strumenti: gli uomini non fanno diventare ou{tw" ojrqav così dritti loro  bischeri. (ta; bavllia=tou;" fallouv").

E’ rigido e pure morbido come il sonno, ha rilegature di lana, non di cuoio. Non c’è un altro calzolaio così provvido verso le donne. Dialetto ionico con qualche mistura dorica e attica. Eroda come Menandro è conosciuto per i papiri trovati in anni non tanto lontani (1891)

Il metro è lo scazonte o coliambo, giambo zoppo. skavzw= zoppico.

 

Do qualche notizia su Eroda, Ipponatte e i Mimiambi. 

Eroda è un poeta del III secolo, forse di Cos dove si svolge l'azione di almeno due mimi ( il II, il lenone, e il IV, le donne che sacrificano ad Asclepio). Questi mimi detti anche mimiambi sono scritti in coliambi, giambi zoppi, usati già da Ipponatte (VI sec.). Sono otto, in dialetto ionico.

Il coliambo, chiamato anche scazonte, è uguale al giambo nei primi due metri; nel terzo metro, all'ultimo piede, spezza la cadenza giambica sostituendola con la trocaica. Si crea così una metabola e un ritmo che sembra volere andare contro corrente come la poesia di Ipponatte ed Eroda.

 

Snell  Poesia e società . 1965.

I mimiambi sono brevi scene drammatiche paragonabili a quelle da cabaret. Ebbero giudizi favorevoli da parte di chi interpretava i mimiambi nello spirito del naturalismo dominante quando questi furono scoperti. Ma se Ibsen frugava nel fango, dietro c'era l'accusa sociale. Qui- in Eroda- non c'è traccia né di questa, né di ottimismo pedagogico. Quando parlano il pornoboskov" (II) o la mezzana Gillide (I) o lo skuteuv" (VII), in nessun punto appare che queste siano povere creature degne di compassione: non sono brave persone impedite da dure condizioni di vita, ma è gente inferiore per natura.

Particolarmente sgradevole è il didavskalo" (III) dove una madre insiste con il maestro affinché picchi il figlio (cfr. invece Quintiliano:"Caedi vero discentes ...minime velim. Primum, quia deforme atque servile est et certe...iniuria est". Institutio oratoria , I, 14). Quei colpi di bastone non fanno ridere come quelli di Tersite o della commedia; essi suscitano solo disgusto. La madre vorrebbe che al figlio venisse data un'educazione letteraria e dice:"scorticalo finché non tramonta il sole, anche se è molto più screziato di una serpe". Sembra che Eroda trovi più divertente e vivace la bruttura morale della rettitudine insignificante.

Eroda vorrebbe essere un secondo Ipponatte di Efeso che aveva dato voce ad un mondo turpe e laido. I padri della chiesa anzi lo chiamavano la lingua più laida della letteratura greca. Esprime miseria e risentimento:"tenetemi il mantello; voglio dare un pugno a Bupalo nell'occhio!".

Eroda non ha fini etici, come del resto Teocrito e Callimaco. I suoi personaggi non sono nemmeno odiosi, ma solo volgari e brutali. Manca loro la cultura e l'arguzia dei personaggi teocritei. I mimiambi di Eroda rivelano chiaramente una cosa: tutta l'affettazione erudito-sentimentale-intellettuale dell'Ellenismo è un imbroglio. (cfr. Giovenale e Plinio il giovane). Egli procede molto oltre Euripide nel distruggere le illusioni e nello smascherare i valori. Per lui la vita è solo stupida e brutale e l'agire egoistico dei personaggi è insensato.

 Già Eteocle nelle Fenicie di Euripide  liquidava come chiacchiere le convenzioni morali e indicava l'unica realtà autentica nella volontà di potenza (v. 524). Se infatti bisogna commettere ingiustizia è bellissimo commetterla per il potere. Ma in Euripide c'è una reazione: Tiresia al v. 867, sempre delle Fenicie ,  dice che la terra è malata:"nosei' ga;r hJvde gh' pavlai". Gli uomini di Euripide, sebbene privati delle illusioni, sapevano ancora come si dovrebbe essere.

Aristofane negli Uccelli  faceva credere che la vita razionale e naturale sarebbe tornata, se fossero stati mandati via i millantatori ajlazovne", i chiacchieroni, i ciarlatani, insomma le esistenze deformi che una volta non si usavano nemmeno come farmakoiv.

Forse Eroda vuole dire a Callimaco e Teocrito che l'arte fine a se stessa è qualche cosa di artificiale. Menandro studia la psicologia, Eroda l'istinto sessuale primitivo, la barbarie che non si eleva al di sopra del livello ferino.

Le possibilità della poesia greca erano esaurite quando Eroda arrivò a tanto disgusto per l'uomo e a tanto scetticismo davanti al raffinamento della vita. Dopo Eroda i Greci non trovarono nuove forme essenziali.

Per tanto disgusto si può pensare ai

Viaggi  di Gulliver (1726) di Jonathan  Swift.

 

Le  donne greche dunque si trovano d’accordo nel voler porre fine alla guerra.

 

Lampitò salirebbe in cima al Taigeto se da lassù potesse vedere la pace.

Lisistrata dice¨” se vogliamo davvero la pace, noi donne dobbiamo dunque astenerci dal bischero”-ajfekteva toivnun ejsti;n hJmi'n tou' pevou" (ajpevcw124).

A queste parole le altre si voltano, piangono e cambiano colore.

Lisistrata domanda se vogliano farlo o no

Cleonice e Mirrina rispondono che non ne sono capaci, dunque: oJ povlemo" ejrpevtw (129 e 130), continui pure la guerra.

Cleonice aggiunge che piuttosto camminerà in mezzo al fuoco: questo è meglio della mancanza del bischero: dia; tou' puro;"-ejqevlw badivzein. tou'to ma'llon tou' pevou" (133-134). Pure Mirrina preferisce badivzein dia; tou` purov" (137).

 

Pensate a tutte le ipocrisie e le fandonie sulle donne angelicate. La mia generazione ne è stata avvelenata.

 

Sentiamo Nietzsche

“Il cristianesimo diede a Eros del veleno da bere: egli non ne morì, ma degenerò in vizio”[1].

“La predica della castità è un pubblico incitamento alla contronatura”[2].

“Il cristianesimo è riuscito a fare di Eros e Afrodite-grandiose potenze ricche di forze ideali-coboldi infernali e spiriti fraudolenti (…) Stringere la procreazione degli uomini in fraterna unione con la cattiva coscienza! Infine questa diabolizzazione di Eros ha avuto un epilogo da commedia: il “diavolo” Eros è divenuto a poco a poco più interessante per gli uomini di tutti gli angeli e i Santi, grazie al sommesso parlottare e all’aria di mistero della Chiesa su tutti i fatti erotici”[3].

 

Bologna  26 marzo 2025 ore 9, 44 giovanni ghiselli

giovanni ghiselli

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[1] Di là dal bene e dal male, Aforismi e interludi, 168.

[2] L’anticristo, Legge contro il cristianesimo data nel dì della salute, il 30 settembre 1888 della falsa cronologia..

[3] Aurora, I, 76.

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