Già docente di latino e greco nei Licei Rambaldi di Imola, Minghetti e Galvani di Bologna, docente a contratto nelle università di Bologna, Bolzano-Bressanone e Urbino. Collaboratore di vari quotidiani tra cui "la Repubblica" e "il Fatto quotidiano", autore di traduzioni e commenti di classici (Edipo re, Antigone di Sofocle; Medea, Baccanti di Euripide; Omero, Storiografi greci, Satyricon) per diversi editori (Loffredo, Cappelli, Canova)
NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica
Ciclo di incontri alla biblioteca «Ginzburg». Protagonisti della storia antica
LE NUOVE DATE! Protagonisti della Storia Antica | Biblioteche Bologna - Tutte le date link per partecipare da casa: meet.google.com/yj...
giovedì 31 luglio 2014
"Er, l'anima" di Lucia Arsí
Il Mito
rivisitato da Lucia Arsí
Er, l'anima
Spalanco le
imposte e gli dei mi visitano
E’ un
pomeriggio aggredito dai raggi. Il calore soffoca. Oltre la norma. Oltre la
norma ed è errore, inevitabilmente. E nell’errore la spinta. Dove?… una
casetta, minuscola e linda. Un novantenne, lì. Accanto una giovane figlia. Le
braccia di lei contengono il corpo del padre, oramai insecchito. Diresti un
ramo consunto dal malsecco. Un ramo… un tempo… foglie nutrite da linfa, ora
verdi... poi… senti il tonfo della caduta e nuovamente
ri-tornano e la zagara bianca come una palla di neve e poi… schiantato dal
Tempo impietoso, frustato dalla mancanza, privo degli umori della terra, quel
ramo sradicato.
Ella accoglie
sul petto il capo del vecchio, un tempo tondeggiante e birbante. Ora palpebre
socchiuse, occhi vaganti e spenti al senso del qui. Le labbra tumefatte dai
batteri e che importa?… non servono a lui, assente al richiamo del cibo, della
voce. Non intende. Ha rotto con il senno. Nullo il gesto che segnala il volere.
Il cuore pulsa, tremano le labbra e il delirio prima fioco “… un odore… sento
un odore… antico… strano… bello… ”. Lo sproloquio diventa ardito “… sento… l’odore di lei… della mamma… tu sei la mamma… ”.
Il fiato
condensa il suo profondo sentire. Cacciata via la ragione, quella che
disgiunge. Il vecchio interamente abitato dalle percezioni primarie, mai
tradite, mai abbandonate. Seppellite in anfratti mentali che solo l’olfatto di
un bimbo riesce a disseppellire. E si riappropria dell’odore della sua
mamma, che non vede da ottantatre anni. Ora la voce del padre morente diventa
querula.
“Corri… corri…
presto… - un tale urla e gesticola e mi indirizza lungo la battigia – … vai… corri…
é sulla riva”. L’ uomo-puer – rosse le guance per l’emozione del rivissuto –
prosegue. “ Io corro… sai… veloce… sono lesto e lei, la mia mamma là… stesa
sul bagnasciuga… c’è un lenzuolo bianco sul corpo e… mi avvicino e lei non mi
parla ..non mi guarda… non mi risponde… non può… è rigida… assente…”. Serra le
labbra e si rannicchia sul petto della figlia e su quella morbidezza, carezzato
dalla tenerezza, ammaliato dalla sicurezza, il vecchio–bimbo riposa.
La figlia è
la mamma. In quell’attimo il tempo aionico. E quando accade, assapori attimi di
eternità, di memoria del sangue, del perduto che sa ritornare, del mare che ha
tolto e ridona, della voluttà che è piacere non mirato. Quando accade, sei
nella grazia di Dio, perché partecipi del mistero che sei e non sei. Sei nella
totalità e non hai coscienza. Quando c’è l’eternità non ci sei tu, e quando ci
sei non c’è l’eternità.
Questo
respiro eterno, che ha avuto la meglio sull’egocentrismo, svolazza e potresti
ri-conoscerlo nel viso tumefatto del vecchio. Respiro che è il sigillo della
vita di ognuno, e tale sigillo chiamiamo Anima.
L’anima?… lasciamo
ad Er, il soldato panfilo, il difficile compito di riferire le cose di lì, dire
dell’anima…
“ Trascorso
il tempo stabilito, le anime giungono dall’alto, dal basso e si incontrano e
riferiscono e gioiscono e fremono. Scontato il fio, é tempo di tornare sulla
terra. Ecco… un araldo getta tanti “Kléros”. L’anima sceglie il kleros
(destino, pezzo di terra, immagine della vita?) e si avvia da
Lachesi, una parte del destino, che le affida il daimon (angelo custode ),
compagno utile a rammemorare. Poi Cloto fila gli eventi e Atropo li rende
irreversibili. Passa infine, senza voltarsi, sotto AnanKe, che le imprime la
forza della Necessità… ”.
Le Moire
hanno filato il destino, dall’anima liberamente scelto.
E noi? Noi
liberi e necessitati. Strozzati da una forza più forte della nostra volontà.
Eppure forza che nasce con noi, si alimenta dentro di noi e ci spiace di averla
nutrita, quando rivela l’efferatezza. Ospite gradita, quando ci accompagna nel
bosco umbratile e lascia intravedere la luce.
La figlia
continua ad accarezzare il viso consunto del vecchio, un attimo prima
sorriso di bimbo che tocca l’Eterno coniugato con il Tempo.
E sulle sue
rotaie corre la memoria e sosta ove le luci delle stazioni abbagliano
maggiormente.
Incidono gli
eventi, quelli strani, paradossali.
Scende dal
treno una ragazza. Tredici anni. Studentessa accorta. Compagni fedeli i libri,
in un ambiente in cui la carta stampata non è di norma.
“ Figlia
mia, è destino… accade perché
voluto dal destino… La poggiatura della voce strana. Gli occhi fissi. Non è la
mamma che prepara il budino quando la bimba a letto per la temperatura elevata
e il latte e il cacao e l’amido e i biscotti e la bimba risorge. Quando la
mamma chiosa il discorrere quotidiano con quella lapidaria sentenza, ella si
rivela altra. In lei la Parola lapidaria. Il destino aleggia in casa come
un estraneo. Si piazza e impone il diktat. E sempre tutti bloccati
dall’imponderabile, dall’inconoscibile. Non ci si ribella. E lei, la mamma
orfana, nutrita di preghiere a stomaco vuoto, alza la testa, spalanca gli
occhioni speciali e canta e il tema rimane lo stesso “ E’ destino…
Un giorno
triste… torna la scolara tredicenne,
torna a casa. La camera da letto invasa dall’enorme telaio. Al centro, su una
seggiola dalla spalliera emergente e filigranata, la sorella, parecchia la
differenza d’età. Il pollice e l’indice sinistro a strofinarsi su un ago
minuscolo. Il medio incappucciato da un ditale argenteo. Il filo, luccicante e
sottile, lì. E sui braccioli della poltroncina, un panno lindo. Le mani della
ricamatrice eternamente umide di sudore. Il ricamo floreale sulla balza del
lenzuolo di lino sancisce l’entità della dote. E il rito di preparazione si
svolge senza tregua.
Quel giorno…
gli occhi neri non si sollevano dal telaio. Pungono con forza il lino d’accordo
con l’ago e attendono… ecco… la voce della mamma, rivolta all’allora
tredicenne:“ tuoi libri… in una cassa… a mare… non li vedrai più… così ha
deciso tuo padre… ”.
Il misfatto?
… una passeggiata con un giovane… non si poteva… non si doveva…
Quale il
senso? C’è senso nel distruggere i libri? Manca il senso. Rimane
l’errore. Necessario per imprimere forza agli eventi.
“ Senza
divorare le parole entro i libri stampate? E la gara di storia? E i compagni a
chiedermi lumi? E come soffocare la curiosità galoppante?, un dolore
lancinante, l’angoscia che agguanta perché s’affioca la luce che accompagna
giorni algidi ad altri calorosi.
Avverte, la
tredicenne, la mancanza. Anzi sente un richiamo. Forte la chiamata. Affina
l’udito… quei libri le mancano e i giorni diventano inutili.
I giorni a
venire non la salutano. Forse è lei che si nega. Non importa. Ha bloccato le
imposte e se ne sta accovacciata sul lettuccio e le mani graffiano la parete,
che perde lo smalto. Il viaggio, anzi la danza nel labirinto delle immagini.,
che è movimento di salvataggio, per non finire del tutto. Le ombre sono dolenti
e insecchite. Sono pesanti e claudicanti. Così le cose e le persone che le
stanno attorno. E sono più buie di una notte d’inverno.
Poi… inevitabilmente
il nostos, il viaggio di ritorno alla vita, in virtù della perdita; il
risveglio dopo la notte profonda.
Si può non
rispondere alla chiamata? A quella forza che pesa quintali e ti obbliga a fare
a dire al di là delle normali possibilità? Da dove viene? Quale dio ha sancito
il predominio su di te?.
L’angelo
bussa forte e non puoi non comprendere le emozioni dell’anima e non rispondi
responsabilmente ai dettami di fuori e ubbidisci al tuo profondo sentire.
Quella
tredicenne oggi è una accorta quarantenne.
Quanta
tenerezza visita la figlia! E lei accoglie fra le braccia il corpo esanime del
vecchio padre!
La diresti
un mantello imbottito delle piume di Fiducia e Pietà e Amore verso il padre,
ora tornato all’origine e per sempre… ; potresti toccarla, imbottita di
Gratitudine verso il suo mentore, indefesso custode del gomitolo di vita,
della vita della figlia.
Quel
pomeriggio, martoriato dal calore di un Sole che ama nascondersi e si rivela
necessariamente ambiguo e promettente, vede due contendenti e un febbrile ping
pong fra ragione e sentire. Più forte è la parola del cuore : “ L’anima?,
il destino?, un estraneo sceglie e la vita di ognuno sarà solamente riflesso
del già stabilito?… ”. No… no… e cosa fare, dire?
… schiudere le imposte e accogliere gli dei… la loro visita… e concederci .
Loro sono le
Essenze. Forze della Natura e campeggiano sulla terra. Condite da noi. Nani
dotati e datati, viaggiano e nell’etere si confondono, s’incontrano, si
amalgamano. E ora più acri ora più dolci ora soavi. In rapporto al luogo, alle
persone, al tempo. Le essenze ci scelgono, si svelano al modo di appartenenze
ereditarie.
… accade… il fuoco… brucia.. non sai da che parte… le narici si
affilano… distingui… confronti… pesi l’entità del disastro… vuoi salvare?… cosa?… non ciò che è utile… soddisfare lo stomaco è
necessario ma a discrezione d’ognuno… custodire… quella… quella… .non so… so che gli occhi brillano
senza avere nulla mangiato o bevuto… s’irradiano d’una luce sì intensa e il suo
opposto è il buio di una notte di dicembre, quando assenti le stelle e la volta
priva dell’ambigua deità… e ancora salvare… custodire… difficile perché non si
chiude nel pugno, non si pone ora qui ora lì… lottare per… è tuo e lo senti nel grigiore delle ore,
infinite perché non conti i tuoi battiti, e non puoi… manca la testa, alleata perenne, e loro, le
energumene forze, oramai affilate lame di bisturi, armi che tagliano in
modo diverso le diverse parti del corpo, spadroneggiano e ti spingono,
con forza, loro trascurano ogni quadrato perfetto e intensificano la luce
e quando manca - solo luce trasmettono, sfavillante scarica elettrica
- il fiato si strozza e le orbite simile ad un campo spoglio, e la testa
non c’è e piangi, al modo d’un bimbo che non si chiede il prezzo del giocattolo
né avverte che mancano i soldi, quelle lacrime dicono di strappo, di mancanza
del proprio oggetto, quello che gli procura gioia infinita, pienezza e ora
basta coi preamboli, con le contorte misure, dosate solamente ad ovest, là ove
il Pensiero si cruccia del limite, impotente a squarciare il suo interno. Basta
con l’angoscia che sfibra ogni fibra. Perché quando la materia si sfalda, le
forze volano via. E custodiscono il codice di ogni individuo e affidano, anzi
regalano alle torbide nuvole tutto ciò che è manifesto.
martedì 29 luglio 2014
Twitter, XXXIV antologia
A Renzi e a tutti i chiacchieroni della sua specie: la politica come la cultura e la morale non è solo parole -logos monon cfr. Platone Settima Lettera, 328C
Le piroette del primo Renzi potevano ingannare, ma ora l'ex sindaco fiorentino si è tolta la maschera: eripitur persona, manet res.
Renzi non intende mollare. Si farà sostenere dai droni della Nato o dai ladroni -padroni del mercato? Aspetto risposta
Nella politica è contenuta la cultura e la sostanza della vita morale. Renzi e i suoi ragazzotti pimpanti non se ne intendono.
Pina Picierno è un gioiellino. Peccato che non sia mia figlia né sia stata mia allieva: l'avrei educata.
Puoi sempre venire alle mie conferenze, carissima Pina. La prossima sarà a Pesaro il 7 di agosto. Parlerò dell'eros nei classici.
Ti insegnerò parole piene di luce contro i tuoi detrattori ottenebrati. Li confuterai con logos e con pathos. Sai che cosa vuol dire?
Nel progetto renziano avranno optimum ius pieni diritti politici solo gli optimates: quelli non impacciati da difficoltà economiche ( cfr. Cicerone, Pro Sestio, 45).
Selezione su base censitaria. I poveri si accontentino delle elemosine, degli ossi gettati dalla mensa, come si appaga l'agognare mugugnante dei cani
Gli oppositori sarebbero privi di responsabilità. Quel “famoso” buon senso del sussiegoso, esoso, Monti, della querula, supercolpevole Fornero i quali avrebbero salvato il paese
Rarissimae aves levano la voce contro le menzogne governative. Ma non sono voces clamantium in deserto. Il mio blog ha già superato i 167 mila lettori
Cacciamo dal parlamento i supercolpevoli (aitiòtatoi) non votandoli. Dai gionali, non leggendoli
Gli articoli dei gazzettieri pennivendoli sono altrettanti manifesti del loro mercenariato.
Senofonte venne condannato epì lakonismò, per laconismo. Renzi invece andrebbe multato per eccesso di chiacchiera e mandato per strada a tambureggiare ditirambi con le sue menadi belline.
Tanto la deformità metteva in evidenza Tersite, quanto la venustà evidenzia la Picierno e la Boschi. Così latitano gli ingegni, se ci sono
giovanni ghiselli
domenica 27 luglio 2014
In difesa della democrazia e della libertà, 2a parte
Il programma di Renzi e dei suoi è
l’esclusione dalla rappresentanza politica del ceto dei non abbienti e delle
teste capaci di pensare.
I cittadini pleno iure dovranno essere quelli che non hanno difficoltà in termini di
denaro e quanti sono disposti ad asservirsi agli interessi di costoro, gli optimates, la “razza padrona” di
Cicerone che li definisce, e li ossequia, con queste parole nell’orazione Pro Sestio[1]: "Omnes optimates sunt qui neque nocentes
sunt, nec natura improbi nec furiosi, nec malis domesticis impediti"
(45), sono ottimati tutti quelli che non fanno del male, né sono malvagi né
squilibrati per natura, né impacciati da difficoltà domestiche.
Cittadini selezionati su base censitaria insomma, e pure con
il criterio del “non educato umanamente, non dotato di spirito critico”.
I poveri non devono creare difficoltà ai ricchi. Si
accontentino delle elemosine, degli ossi gettati dalla mensa sfarzosa, come si
accontenta l’agognare dei cani.
Esclusi dall’optimum
ius, dalla piena cittadinanza, i poveri e gli intellettuali non potranno
più disturbare. Lor signori pensano che debba contare, cioè pensare, parlare,
scrivere, solo chi è funzionale ai loro interessi.
Cercano di infamare gli oppositori come privi di senso della
responsabilità. Quel buon senso che avrebbero avuto loro quando mandarono al
governo il sussiegoso, noioso Monti, la querula Fornero e altri esosi affamatori
del popolo. Utili solo ai padroni delle
banche e del mercato. Il parlamento non
è ancora completamente addomesticato. Vogliono un senato di cooptati per
indebolirlo. Procederanno con l’esautorarlo del tutto. Cercheranno di eliminare
gli avversari a furia di pettegolezzi e calunnie. I processi politici avranno
una parvenza di legalità.
Ceffi e supercanaglie fiancheggeranno l’operazione. La
stampa è già in gran parte schierata a favore della dittatura. Una minoranza
presenta lagne inerti davanti alle intimidazioni, e solo rarissimae aves levano la
voce contro. Non sono ancora voces
clamantium in deserto, però.
Ci sono non pochi italiani e diversi blog che protestano.
Il mio ha più di 166
mila lettori, quasi quanti le firme raccolte da “Il fatto quotidiano” contro la
dittatura strisciante. L’aspirante tiranno deve essere combattuto con l’arma
del pensiero e con lo scherno. Ai colpi di Stato e i colpi di sole dobbiamo
opporre i colpi dall’ intelligenza, della formazione culturale, e la sacrosanta
parresia, cioè la libertà di parola.
E’ in corso un assalto alla libertà, alla cultura e alle
stato sociale. E’ necessaria una resistenza, un nuovo risorgimento.
Stanno compilando liste
di proscrizione con tutti i dissidenti. Hanno diritti e tutela giuridica solo
le persone sedute nelle poltrone del potere e i loro amici. La massa ha gioito
delle promesse di riduzione del ceto parassitario e dei suoi privilegi, poi ha
gioito degli 80 euro al mese. Renzi, nato come rottamatore, ha detto di voler
attaccare i vecchi, i parassiti, gli incapaci. Ma il vero bersaglio dei suoi
strali, sono state le persone dotate di spirito critico, capaci di dire parole
pensate e aderenti ai fatti, dissonanti con le sue chiacchiere prive di logos e
piene di pathos fasullo. Vogliono sterminare il ceto degli studiosi capaci di
pensare e di notare la fallacia della chiacchiera. Questa è impolitica, e non
possiamo accettarla, poiché nella politica è contenuta la cultura e la sostanza
della nostra vita morale.
Renzi è sostenuto da un aspirante monarca che riceve un
consenso quasi unanime dalla stampa di lor signori. In suo onore si cantano
peana e si sacrifica la libertà.
Il primo ministro si designa quale principe ereditario. Se
non diverranno presto un monarca e un principe mancati[2],
il loro ruolo egemonico costituirà il segno di un mutamento profondo nella
struttura politico-costituzionale. L’avvisaglia c’è già. Una solida rete di
giornali e di canali asserviti, resi complici del liberticidio, sostiene questo
declino della democrazia. Sono strumenti capillari e pervasivi. Anche il
cesarismo però ha le sue tare.
Al di sopra di tutto ci sono le eterie, le cosche, le lobby
che detengono la somma del potere e muovono i fili della pupazzata politica.
Contrastare questi potentati economici pare impossibile. Si tratta di trovare e
approfondire le loro contraddizioni interne. Vero è che il popolo denutrito non
pensa a sufficienza, ma è pure vero che quando la fame aumenta, l’affamato è
disposto a rischiare il tutto per tutto.
Renzi, le sue forosette e i suoi ragazzotti di campagna non
brillano certo per acribia: non è difficile evidenziare le inesattezze, le
scorrettezze e le sciocchezze che escono da quelle bocche prive di freni e
piene di parole largamente inattuate. Per ora, a seguito dei successi del
leader, l’esercito dei renziani si è ingigantito, ma al primo insuccesso la
truppa dei camaleonti, cambierà colore. Se vuole un successo non effimero Renzi
deve emanciparsi dalle lobby, dalle eterie, dalle cosche, e diventare un vero
capo del popolo, istruendolo e istruendosi. Le sue chiacchiere vuote eppure pretenziose
e autoritarie, gli ammiccamenti della Boschi e i sorrisi della Picierno, carini
per carità, lasciano il tempo che trovano. Un tempo calamitoso.
giovanni ghiselli
In difesa della democrazia e della libertà
Renzi vuole togliere i
diritti politici a noi Italiani. Intanto molti perdono o non trovano il lavoro,
non pochi muoiono di fame, e noi tutti rischiamo la libertà. Disoccupazione fame
e schiavitù sono le parole chiave che sfittiscono la nebbia del palazzo, ne
aprono le porte, e svelano le intenzioni dei suoi inquilini. Il titanismo
dell’ex sindaco fiorentino non deve ingannarci: lui, le sue graziose e
scoppiettanti forosette, i suoi spavaldi, incolti giovanotti, non devono fare
quello che il popolo sovrano non vuole. Gli eventi di questi giorni sono
emblematici della prepotenza del potere non democratico.
Il rischio che corriamo ora è
quello dell’asservimento totale.
Renzi si è proposto come il
salvatore e invece ci sta mandano in rovina. Spia il momento in cui potrà
prendersi l’Italia intera per fame o per nausea. Il mutamento costituzionale
auspicato da questo epigono di Mussolini, se realizzato, significherebbe la
fine della libertà. L’ordine nuovo che il suo governo cerca di instaurare è
liberticida. Dice: “non mollo”. Una volta, nel 1971, “boia chi molla” era lo
slogan dei fascisti di Reggio Calabria. Come riuscirà a non mollare? Si farà
sostenere dai droni della Nato? O dai ladroni padroni del mercato?
Gli oppositori che non si
lasceranno addomesticare, saranno messi a tacere in qualche modo. I fili cui è
appeso Renzi infatti vengono mossi dalle consorterie oligarchiche che vogliono
promuovere la linea politica non democratica.
Pensano di ottenere la
legittimazione popolare manipolando il consenso, contano sull’effetto rigetto
della gente, gettando discredito sui suoi oppositori, un discredito cui la
stampa asservita, quasi tutta, fa da cassa di risonanza. Il popolo, sperano,
accetterà la limitazione della sua sovranità. Cercano di creare disgusto infamando
Grillo, accusandolo di buffoneria e ribalderia, per togliere di mezzo
l’opposizione. Chi si avvicina alle posizioni del “comico” viene a sua volta
tacciato di infamia. Napolitano, osannato da quasi tutta la stampa, è tra i congiurati
di questa manovra contro la libertà. La sovranità del popolo è già limitata; se
la congiura ordita dal capitalismo finanziario sarà attuata dai suoi burattini,
la democrazia verrà annichilita. Le piroette del primo Renzi potevano anche
ingannare. Ora colui, l’uomo di fiducia del mercato, si è tolta la maschera.
Eripitur persona, manet res (Lucrezio, De
rerum natura, III, 58), si strappa la maschera, rimane l’essenza. L’essenza
è la tirannide.
Ho concluso con questa
citazione perché non si pensi che il pezzo sia apocrifo e adespoto, nonostante
la firma con la quale me ne prendo tutta la responsabilità.
giovanni ghiselli
venerdì 25 luglio 2014
Twitter, XXXIII antologia
24 luglio
Sono salito sull'Etna pedalando come un eroe per 37 km, infliggendo mezz’ora di distacco a dei quarantenni. Poi, arrivato in cima alla strada, sono precipitato , come Tifeo, come il maledetto Encelado. Vidi il cielo splendere della fiamma vomitata dal gigante schiacciato dalla’immensa mole. E caddi giù con lui
Quindi evasi dall’orribile caverna. Da un mese però il peso di quella montagna colossale grava sulla mia coscia destra e mi impedisce di compiere altre imprese degne di me. Per ora.
Il vocabolo guerra inizia con le medesime lettere di guadagno
Di ogni guadagno che distrugge o danneggia la vita è infernale
Chi non sa di latino e di greco somiglia a chi si trova in un posto bello mentre il tempo è nebbioso: la sua vista, pure quella mentale, è limitata assai.
Indigenti sono le tasche di molti. Indigente è il vocabolario italiano di quanti non conoscono il greco e l'italiano antico: il latino
Se non riacquisterò presto la salute ottima aspetterò. Nel frattempo sostituirò il ruolo dell'atleta pagano con quello dell'asceta cristiano.
Non sono di alcuna fazione. Le combatterò tutte
Bisogna smascherare i furfanti annidati nell'arca santa, e gli imbecilli ignoranti travestiti da maestri del pensiero.
Si sente il suono malauguroso di orribili sistri rosi dalla ruggine, agitati da mani sinistre di profittatori o di imbecilli.
Cloto ha usato un filo forte per tessere le vicende della mia vita: la rovina del mio precipitare dall'Etna è quasi risanata. Ho già pedalato su e giù per la panoramica di Pesaro.
L'amore è ontologicamente necessario a una persona umana: senza l'amore non si dà, non "c'é" persona umana.
Il 7 agosto, alle 18, 30, terrò una conferenza sull'amore nei classici nella libreria il Catalogo di Pesaro.
Arguor obsceni doctor adulterii (Ovidio), vengo accusato di essere maestro di immondo adulterio. Che ne dite lettori del blog? Siete più di 166 mila, oltre 300 al giorno per 540 giorni. Meglio del famigerato premio Bancarella e pure del reputato premio Strega
Michelangelo disse a Vasari che il suo ingegno dipendeva dalla nascita nell'aretino (a Caprese, ora chiamata Caprese Michelangelo appunto) . Così crede per sé anche la Boschi. Lei crede. Bellina, bellina, però.
Le vestali della teocrazia capitalistica hanno parlato:"Pensa, lettor, se io mi sconfortai/nel suon delle parole maladette" (Dante, Inferno, VIII, 94-95) Sono parole gridate “stizzosamente” da più di mille diavoli piovuti sulle porte della città di Dite. I nostri parlamentari?
giovanni ghiselli
Sono salito sull'Etna pedalando come un eroe per 37 km, infliggendo mezz’ora di distacco a dei quarantenni. Poi, arrivato in cima alla strada, sono precipitato , come Tifeo, come il maledetto Encelado. Vidi il cielo splendere della fiamma vomitata dal gigante schiacciato dalla’immensa mole. E caddi giù con lui
Quindi evasi dall’orribile caverna. Da un mese però il peso di quella montagna colossale grava sulla mia coscia destra e mi impedisce di compiere altre imprese degne di me. Per ora.
Il vocabolo guerra inizia con le medesime lettere di guadagno
Di ogni guadagno che distrugge o danneggia la vita è infernale
Chi non sa di latino e di greco somiglia a chi si trova in un posto bello mentre il tempo è nebbioso: la sua vista, pure quella mentale, è limitata assai.
Indigenti sono le tasche di molti. Indigente è il vocabolario italiano di quanti non conoscono il greco e l'italiano antico: il latino
Se non riacquisterò presto la salute ottima aspetterò. Nel frattempo sostituirò il ruolo dell'atleta pagano con quello dell'asceta cristiano.
Non sono di alcuna fazione. Le combatterò tutte
Bisogna smascherare i furfanti annidati nell'arca santa, e gli imbecilli ignoranti travestiti da maestri del pensiero.
Si sente il suono malauguroso di orribili sistri rosi dalla ruggine, agitati da mani sinistre di profittatori o di imbecilli.
Cloto ha usato un filo forte per tessere le vicende della mia vita: la rovina del mio precipitare dall'Etna è quasi risanata. Ho già pedalato su e giù per la panoramica di Pesaro.
L'amore è ontologicamente necessario a una persona umana: senza l'amore non si dà, non "c'é" persona umana.
Il 7 agosto, alle 18, 30, terrò una conferenza sull'amore nei classici nella libreria il Catalogo di Pesaro.
Arguor obsceni doctor adulterii (Ovidio), vengo accusato di essere maestro di immondo adulterio. Che ne dite lettori del blog? Siete più di 166 mila, oltre 300 al giorno per 540 giorni. Meglio del famigerato premio Bancarella e pure del reputato premio Strega
Michelangelo disse a Vasari che il suo ingegno dipendeva dalla nascita nell'aretino (a Caprese, ora chiamata Caprese Michelangelo appunto) . Così crede per sé anche la Boschi. Lei crede. Bellina, bellina, però.
Le vestali della teocrazia capitalistica hanno parlato:"Pensa, lettor, se io mi sconfortai/nel suon delle parole maladette" (Dante, Inferno, VIII, 94-95) Sono parole gridate “stizzosamente” da più di mille diavoli piovuti sulle porte della città di Dite. I nostri parlamentari?
giovanni ghiselli
giovedì 24 luglio 2014
"Generazioni" di Remo Bodei, parte VII della presentazione
Settima parte della
presentazione del libro di Remo Bodei
Generazioni
Età della vita, età delle cose. Editori
Laterza, Roma-Bari 2014.
Bodei procede ricordando le
varie tappe attraverso le quali in alcuni Stati si è giunti al welfare state. Quindi ne riferisce una
“buona definizione”. Questa: “Con
l’espressione ‘Stato sociale’ s’intende l’insieme di iniziative assunte dai
vari paesi nell’ambito dell’assistenza, della previdenza, della sanità, della
regolamentazione del lavoro e, più in generale, per la tutela dei ceti più
deboli. Frutto della rivoluzione industriale e della necessità di offrire
qualche risposta ai gravi problemi sollevati dalla nascita dell’economia di
mercato, lo Stato sociale-e, prima di esso, le politiche di lotta alla povertà
e all’emarginazione-ha assunto valenza e connotazioni differenti a seconda dei
periodi storici”[1]
Il welfare state ha diffuso “la solidarietà intergenerazionale” la
quale “si è così decisamente spostata dall’ambito della famiglia verso
l’esterno, in direzione non solo dello Stato e delle sue istituzioni, ma anche
delle Chiese…” (p. 43).
La solidarietà interpersonale,
dal 1968 fino alla metà degli anni
Settanta, ricordo, era presente anche nel costume, almeno tra noi giovani.
Allora si poteva ricevere simpatia, accoglienza e aiuto non solo dal parente, dall’amante e dal sodale, ma anche dal collega, e perfino
dal conoscente occasionale.
Si giocava, si cantava, si
stava insieme, non poche volte ci si aiutava a vicenda. Poi una serie di stragi
e una propaganda antiumanistica, anzi antiumana, ha diffuso il sospetto, il
terrore e l’odio reciproco.
Lo Stato sociale era l’
aspetto istituzionale di una buona socialità.
Bodei delinea le fasi della
decadenza dello Stato sociale: “Dopo aver raggiunto lo zenit negli anni Sessanta
e Settanta del secolo scorso, il welfare
state ha iniziato il suo declino,
che si è accentuato, nel mondo occidentale, nell’epoca delle politiche
neo-liberiste di Margaret Thatcher e di Ronald Reagan e ancora di più, in
Europa, per effetto della crisi finanziaria ed economica del 2007-2008. Secondo
alcuni analisti, le ragioni di questo tramonto sembrano connesse all’ultimo
mutamento di strategia del capitalismo per assicurarsi la propria sopravvivenza… Le
prestazioni del welfare state stanno
perciò diminuendo in modo drastico, tanto che un secolo e mezzo di conquiste
operaie, sindacali e civili rischia di ridursi, almeno in parte, a un ricordo”
(Generazioni, pp. 44-45).
Un ricordo che la mia
generazione conserva con quello del costume di solidarietà di cui dicevo sopra,
non senza rimpianto e non senza la speranza che quel mos possa ritornare. Prima o poi. Se noi non ci saremo più, ci
saranno altri giovani. Se non c’è simpatia tra gli umani, la vita degli uomini
e delle donne è un inferno.
“La crisi finanziaria ha,
inoltre, messo in rilievo il fatto che non è più lecito concedere ai desideri,
specie a quelli acquisitivi, l’ampia libertà di cui hanno goduto nel periodo
d’oro del consumismo. Si torna così, con crescente favore, a guardare indietro
nel tempo: in campo filosofico fino ai precetti dell’etica stoica, secondo la
quale, se si vuole essere ricchi, bisogna essere poveri di desideri[2] (la
loro soglia, infatti, anche per evitare cocenti delusioni, deve, per precauzione,
rimanere sempre bassa)” (p. 45).
Cicerone nei Paradoxa
Stoicorum[3] aveva scritto
sinteticamente:"non esse emacem vectigal est" (VI, 51)
non essere consumisti è una rendita.
Seneca mette tra i precetti
che non hanno bisogno di alcuna dimostrazione (probatio) questa sentenza di Catone il Censore: “emas non quod opus est, sed quod necesse
est; quod non opus est asse carum est”[4],
compra non quello che è utile, ma quello che è necessario; quello che è
inutile, è caro anche se costa un soldo.
“L’incertezza del futuro
spinge quindi, oggi, per un verso a mettere la sordina ai desideri di maggiore
godimento di beni e servizi e, per un altro, a far riscoprire valori
immateriali di felicità (convivialità, amicizia, cultura, sport) non
misurabili, come si dice, mediamte il PIL, bensì mediante il FIL, ossia la
“Felicità Interna Lorda”[5].
Sarebbe interessante a questo
punto fare un sondaggio su cosa intendano i più per felicità. Alla mia età tale
bene è dato da una buona salute innanzitutto, poi da ricchezza di affetti,
dalla volontà inesausta di imparare, e di insegnare, e certamente anche dalla
tranquillità economica[6].
Ma torniamo a imparare da
Bodei: “Mi riferisco, soprattutto, al progetto di decrescita” e di “abbondanza
frugale”, frutto, in parte, di wishful
thinking, della speranza di sostituire la moderna Gesellschaft, in cui gli individui vivono isolatamente come atomi,
con la tradizionale Gemeinschaft
solidale. Si tratta di una prospettiva che guarda con nostalgia a un futuro che
porta impressa l’immagine del passato, della promessa di un ritorno a una nuova
età dell’oro” (p. 46).
L’autore di Generazioni quindi rileva la difficoltà
di questo ritorno, già più volte invano auspicato. Si può pensare alla quarta
bucolica di Virgilio: “Iam redit et
virgo, redeunt Saturnia regna;/iam nova progenies caelo demittitur alto”[7]
La nova progenies dovrebbe porre rimedio ai guasti prodotti da quella delle
guerre intestine, una specie di età del ferro, della lotta spietata di tutti
contro tutti: quando gli uomini, credendo di sfuggire al terrore della morte, gonfiano
gli averi col sangue civile, e ammassano avidi le ricchezze, accumulando strage
su strage, godono crudeli dei tristi lutti fraterni: "et consanguineum mensas odere timentque " ( Lucrezio, De rerum natura , III, 73) e odiano e
temono le mense dei consanguinei.
Meno male dunque che stava
per nascere una nova progenies,
poiché la vecchia si stava estinguendo. La decadenza della nostra civiltà
ricorda per certi aspetti quella dell’antica Roma. Vediamo il problema del calo
demografico antico, un declino che si sta ripetendo, soprattutto per quanto
riguarda la classe dirigente.
Augusto nel 9 d. C. parlò agli sposati e ai
celibi per spingerli a procreare. Elogiò
i primi, meno numerosi, dicendo che erano cittadini benemeriti e fortunati:
infatti ottima cosa è una donna temperante, casalinga, buona amministratrice e
nutrice dei figli ("a[riston
gunh; swvfrwn oijkouro;" oijkovnomo" paidotrovfo" "[8], ed è
una grande felicità lasciare il proprio patrimonio ai propri figli; inoltre
anche la comunità riceve vantaggi dal grande numero (poluplhqiva) di lavoratori e di soldati.
Quindi l’imperatore parlò con
parole di biasimo ai non sposati che erano molto più numerosi. “Voi- disse in
sostanza- siete gli assassini delle vostre stirpi e del vostro Stato. Voi
tradite la patria rendendo deserte le case e la radete al suolo dalle
fondamenta: gli uomini infatti probabilmente costituiscono la città, non le
case né i portici né le piazze vuote di uomini” (a[nqrwpoi gavr pou povli" ejstivn, ajll' oujk oijkivai oujde; stoai; oujd j ajgorai; ajndrw'n kenaiv, LVI, 4, 1, 2). Augusto poi ricordò le sue leggi
moralizzatrici, o presunte tali, quindi accusò i celibi di essere simili ai
briganti e alle fiere selvatiche: “voi-disse- non è che volete vivere senza
donne, visto che nessuno di voi mangia o dorme solo, ma volete avere la facoltà
della dismisura e dell'impudenza” (ajll' ejxousivan
kai; uJbrivzein kai; ajselgaivnein e[cein ejqevlete, LVI, 4, 6, 7).
Il
princeps ammise che nel matrimonio e nella procreazione ci sono aspetti
sgradevoli (ajniarav
tina),
ma, aggiunse, non mancano i vantaggi. Ci
sono anche i premi promessi dalle leggi (kai; ta; para; tw'n novmwn a\qla", LVI, 4, 8).
Polibio
nel secondo secolo a. C. aveva lamentato la crisi demografica della Grecia che
all’epoca non toccava ancora Roma.
Tacito
agli inizi del II secolo d. C. ricorda la lex Papia Poppaea (del 9 d. C.). Questa, tra l’altro, concedeva
agevolazioni fiscali e legali a chi avesse almeno tre figli (ius trium liberorum). Lo storiografo ci fa sapere che Augusto già piuttosto vecchio
(senior) l’aveva ratificata dopo le leggi Giulie[9] incitandis
caelibum poenis et augendo aerario (Annales 3, 25), per
aggravare le pene contro i celibi e per impinguare l’erario.
Non per questo tuttavia,
continua l’autore, i matrimoni e le nascite dei figli divenivano più frequenti,
praevalida orbitate, tanto si era affermato il costume di non avere
famiglia.
Rostozeff
annovera il calo demografico della
classe dirigente tra le cause della caduta dell’impero e della civiltà dei Romani.
Lo
storico scrive che sotto la brillante
apparenza dell’impero romano si sente il venir meno dello slancio creativo e il
disprezzo per esso; si sente la stanchezza e l’indifferenza che minarono non
solo la cultura dello stato, ma anche la sua organizzazione politica, la sua
forza militare ed il suo progresso economico. Ebbene, Un sintomo di questa
indifferenza è “il suicidio della razza-il rifiuto della continuazione della
specie. Il reclutamento delle classi superiori avveniva dall’esterno, non dall’interno
ed esse si estinsero prima di avere il tempo di trasmettere alle generazioni
successive il patrimonio culturale”[10] (p.
717).
Bodei conclude il primo
capitolo della seconda parte di Generazioni
con queste parole a proposito della decrescita e dell’abbondanza frugale :
“Sebbene tale progetto possa in teoria favorire la nascita di inedite modalità
di utilizzo delle risorse materiali e immateriali, la sua eventuale realizzazione comporterebbe un profondo e
doloroso cambio di atteggiamenti, di gusti e di politiche al quale molti non
sembrano pronti. E anche se esistono lodevoli tentativi di mettere in pratica
tale disegno, almeno sul piano economico, attivando la circolazione di moneta
creditizia allo scopo di incrementare lo scambio di servizi o l’acquisto in
comune di cibo, prodotti e servizi locali, difficilmente esso sembra
realizzabile in tempi storici ragionevoli[11]” (Generazioni, p. 46).
Giovanni ghiselli
P. S
I
commenti a Generazioni di Bodei sono
presenti anche nella rivista “Bibliomanie”
[1] Per questa definizione di welfare state si veda
Conti, Silei, Breve storia dello stato sociale cit., p. 9. Per la critica al
concetto di welfare state, cfr. A,
Schonfiel, Modern Capitalism. The Changing Bilance of Public and Private Power, Oxford University
Press, New York 1965 (e, per un inquadramento, G. Marramao, Il Leviatano. Individuo e
comunità, Nuova edizione ampliata,
Bollati Boringhieri, Torino 2013, pp. 353-364). Per un utile inquadramento nel
contesto europeo, cfr. E. Eichenhofer, Geschichte
des Sozialstaats in Europa cit.
[2] Cfr. Cleante, in
Stobaeus, Florilegium 95, 28. Si vedano inoltre: P. Hadot, Esercises spirituals et philosophie ancienne, Études augustinennes,
Paris 1981, trad. it. Esercizi spirituali e filosofia antica, Einaudi, Torino
1987; M. Foucault, Le souci de soi,
Gallimard. Paaris, 1984, trad, it, La cura di sé, Feltrinelli, Milano, 1985.
Cleante a un tale che gli
chiese come potrebbe uno essere ricco,
rispose “eij tw`n
ejpiqumiw`n ei[h pevnh~” (Stobeo, Flori. 95, 28 Mein.)
[3] Del 46
a . C.
[4] Ep. 94, 27.
[5] Su questo indice di benessere della popolazione si
veda, ad esempio, Felicità ed economia,
a cura di L. Bruni e P. Porta, Guerini, Milano, 2004.
[6] Parini,
nell’Ode Alla Musa raffigura il poeta, ovvero se stesso, con questi versi “Colui cui diede
il ciel placido senso/E puri affetti e semplice costume;/Che di sé pago e
dell’avito censo,/Più non presume;/
Che spesso al faticoso
ozio de’ grandi/E all’urbano clamore s’invola, e vive/Ove spande natura
influssi blandi/O in colli o in rive/
E in stuol d’amici
numerato e casto,/Tra parco e delicato al desco asside;/E la splendida turba e
il vano fasto/Lieto deride;/
Che ai buoni, ovunque
sia, dona favore;/E cerca il vero; e il bello ama innocente;/E passa l’età sua
tranquilla, il core/
Sano e la mente”
[7]Ecloga IV, 6-7, già torna la Vergine (Astrea, dea della
giustizia), torna il regno di Saturno, già una nuova stirpe scende dall’alto
cielo.
[8] Cassio Dione, Storia
di Roma, LVI, 3, 3
[9] De maritandis ordinibus
e De adulteriis coërcendis del 18
a . C.
[10] Storia del
mondo antico (1930) Trad it. Sansoni, Firenze, 1975, p. 717
[11] Cfr. S. Latouche, Vers une société d’abondance frugale.
Contresens et controverses dìsur la décroissance, Fayard, Paris 2011, trad.
it. Per
un’ abbondanza frugale. Malintesi e controversie sulla decrescita, Bollati Boringhieri, Torino 2012, p. 13. Ma si veda
anche W. Sachs, Nach uns die Zukunft-Der
globale Konflikt un Gerechtigkait und Ökologie, Brandes & Apsel,
Frankfurt a. M. 2002, trad it. Per un
futuro equo. Conflitti sulle risorse e giustizia globale, Feltrinelli,
Milano 2007.
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