mercoledì 1 aprile 2015

Concetto Marchesi

Antologia tratta da articoli di Concetto Marchesi, latinista, già professore e rettore dell’Università di Padova (1878-1957)


Nel saggio autobiografico Perché sono comunista, Marchesi spiega che “è un perché di anni lontani, che mi riporta alle vendemmie e alle falciature della mia campagna catanese”. E qui segue una rievocazione di verghiana efficacia :” Filari e filari di viti dentro un’ampia cerchia di mandorli e di ulivi, e un suon di corno che radunava le vendemmiatrici…i piedi scalzi dovevano correre per chilometri prima di giungere a notte in un tugurio dove era il fumo del lucignolo e quello di una squallida minestra. Queste cose sapevo e vedevo; e a giugno mi accadeva più volte di scorgere uomini coperti di stracci avviarsi verso la piana desolata con un pezzo di pane nella sacca e una cipolla e la bombetta di vino inacidito, destinato, secondo il costume all’uso dei braccianti. Così negli anni della puerizia cresceva in me un rancore sordo verso l’offesa che sentivo mia, che era fatta a me e gravava su di me come una insensata mostruosità”.

Io ho visto la povertà delle famiglie dei mezzadri che coltivavano i poderi di mia nonna Margherita, a Tavullia e Montegridolfo, negli anni Cinquanta. Andavo con le zie Rina e Giulia ad assistere a battiture e vendemmie e vedevo situazioni non dissimili da queste del catanese. Non mancava mai del resto l’ospitalità signorile da parte di quei contadini antichi. (n.d.r.).

“La concezione liberale-crociana è, in parole nude e semplici, la consacrazione del privilegio”
Marchesi a Croce: “augurio nostro è che i valori intellettuali abbiano a restare un giorno come le sole distinzioni tra gli uominine vorrei dire tra le nazioni stesse della terra”.
Senza l’intervento sovietico l’Ungheria sarebbe finita in mano della più spietata reazione.
In Ungheria era cominciata la caccia al comunista.
“Tiberio, uno dei più grandi e infami imperatori di Roma, trovò il suo implacabile accusatore in Cornelio Tacito, il massimo storico del principato. A Stalin, meno fortunato, è toccato Nikita Krusciov”
Il comunismo ha portato alla luce della civiltà tutta l’immensa moltitudine che è rimasta sempre, finora, esclusa dalla storia, ha sostituito il diritto all’elemosina, il lavoro alla truffa-
“Il fascismo nelle sue convulsioni epilettiche” (Il lupo ostetrico , l’Unità , 29 giugno 1948) è stato tenuto in vita dalle forze clericali.

L’anticristianesimo dimora nelle parrocchie, nei monasteri, nei vescovati…la gloria della fede cattolica bisogna trovarla nei secoli remoti del martirio cristiano , allorché il diacono di Roma, San Lorenzo, nell’agosto del 258, al Prefetto dell’Urbe che gli intimava la consegna del tesoro ecclesiastico, indicava la folla dei fedeli bisognosi ch’egli aveva adunato intorno a sé, e profferiva quelle parole che i prelati romani non ricordano più: “E’ questo il tesoro della Chiesa”. (Anticlericalismo e anticristianesimo, l’Unità, 13 novembre 1952).

Devo dire che papa Francesco sta ritrovando lo spirito cristiano non falsificato (n.d.r)

Gli onorevoli della DC e i venerabili prelati del Vaticano hanno abbandonato “le infinite vie che l’umanità apriva al messaggio cristiano per seguire l’unica infame strada tracciata dal generale Eisenhower e dal signor cancelliere Adenauer” Itala gente, l’Unità, 3 ottobre 1953)

L’arte come la scienza, importa che sia vita…Tutto ciò che non è vita vera è vanità: e cade nel nulla…l’arte se è vera e grande, è al servizio dell’umanità. Noi chiediamo all’arte e alla scienza un ufficio di liberazione. Da esse devono venire pace e libertà all’anima degli uomini Ai giovani, “Fratelli d’Italia”, 15 maggio 1944.

Ogni grande artista è anche un rivelatore della propria età.
Di ogni grande artista si potrebbe dire ciò che Francesco De Sanctis diceva di Dante: “quest’uomo, questo poeta, andando all’altro mondo, si porta con sé tutta la terra”
L’attività intellettuale deve essere strumento della emancipazione del popolo lavoratore. “Le due propagande, l’Unità, 8 luglio 1951)

Il fascismo è nato quando “la borghesia aggredì il popolo lavoratore come si aggredisce un passante per le strade e mise fuori legge non solo i perseguitati, ma se stessa correndo, macchina senza più freni, alla rovina totale” Giovani e anziani, “La Nuova Europa”, 4 marzo 1945)

Il comitato di affari del Vaticano e del Dipartimento di Stato con sede a Roma. Il centro è lo spazio vuoto dove possono allenarsi tutte le pattugliette dell’esercito anticomunista.

La santa alleanza capitalistica ha negli Usa la sua centrale internazionale. Vi è entrata la Chiesa.

Ora ne è uscita (n.d.r)

Civiltà non è massacrare e soggiogare gli altri al proprio dominio mediante la devastazione e la morte; civiltà è promuovere le opere costruttive della pace.

Il comunismo porta alla luce la immensa moltitudine che è rimasta sempre, finora, esclusa dalla storia e ha sostituito il diritto all’elemosina, il rispetto allo scherno, il lavoro alla truffa, la solidità dello spirito alla vanità, alla infingardaggine, alla stupidità.

La casta della cultura è sempre stata la stessa: dai sapienti dell’Egitto, ai poeti augustei, agli scarabocchiatori contemporanei: hanno insegnato ai figli della razza padrona l’arte del comando e ai figli del popolo l’asservimento.

Non i sommi artisti, non i tragici greci (n.d.r.)

Clienti perpetui e volontari dei grossi signori.
Le nove Muse hanno sempre insegnato la pazienza e l’obbedienza al servo e al vinto. E hanno aiutato tutti i carnefici della terra: hanno esaltato i vincitori delle guerre e maledetto i vinti, hanno istruito i prìncipi a ben governare e mai i sudditi a riscattarsi dal malgoverno; i ricchi a non insuperbirsi ma mai i poveri a sollevarsi dalla miseria.
Hanno celebrato la giustizia custode del privilegio
Gli uomini colti hanno sempre simulato e dissimulato. E gli scaffali dei loro scritti sono loculi di cimitero. Ai giovani, “Fratelli d’Italia, 15 maggio 1944)

Alla cultura è mancato l’alimento che viene dal basso. La cultura non può prosperare nel chiuso dei ceti privilegiati. Essa ha bisogno di affondare le sue radici nella moltitudine lavoratrice. (Discorso al II Consiglio nazionale del PCI 7-10 aprile 1945)

Vorrebbero democratizzare la Russia, la Cina, le Repubbliche socialiste corrompendo, ingannando, suscitando odio e vendette, risvegliando tutto il vecchio infame mondo dei padroni e dei servi

Non c’è sgozzamento di uomini, devastazioni di città, allestimento di eserciti, di navigli, di armi, presentazioni di leggi repressive che non abbiamno il generosissimo scopo di salvare le città (La fine delle eresie, “l’Unità” 14 settembre 1952)

Proponiamo un dovere per tutti: aiutare l’oppresso a rialzarsi, l’armato a disarmare, l’ignorante a intendere, oltre che a subire, le necessità della vita.

“Noi vogliamo che la folla non sia numero…vogliamo che ciascuno porti la propria coscienza a quel punto cui la natura gli consente di arrivare…Noi vogliamo che l’individuo sia veramente il fabbro della propria fortuna, non sollevandosi sugli altri, ma sollevandosi in mezzo agli altri, liberamente, con tutte le ricchezze che possiede, Vogliamo che ognuno abbia modo di fecondare questi germi del proprio destino; noi respingiamo come stolta e infame la pretesa che assegna alla classe operaia l’ufficio di lavorare e non di pensare. Non vogliamo una classe operaia cui la servitù economica tenga chiusa la ianua vitae, quella porta della conoscenza che è veramente porta della vita. Noi vogliamo, come diceva Engels, che l’”umanità esca dal regno della necessità per entrare in quello della libertà” (La persona umana nel comunismo, conferenza tenuta a Roma, 16 aprile 1945)

Fino a che rimane la struttura capitalistica la guerra non finirà.
 Il capitalismo nell’ora del conflitto armato porta la sua capacità distruttiva fino ad annullare tutti i valori dell’umanità

“La classe colta dell’Italia unificata dopo il ’70 si mantenne lontana dal popolo a cui non seppe dare una estesa e bene disciplinata istruzione elementare né una adeguata educazione intellettuale. Fu stentata e pigra nella scuola, fu racchiusa e accademica nella letteratura…la cultura nostra non seppe essere né popolare né nazionale. Al ceto popolare e operaio somministrò in gran copia una letteratura di volgarissima curiosità, frivola e vuota e bene adatta a mantenere basso il livello morale di una classe destinata allo sfruttamento, alla quale solo la democrazia socialista cominciò sin dalla fine del secolo scorso a provvedere organi di istruzione e di elevazione morale che la rabbia fascista si affrettò a colpire e a distruggere…Atingere al popolo non significa abbassare il livello della scienza e dell’arte, ma dilatarne i confini e sollevarne l’altezza.” La persona umana nel comunismo, conferenza tenuta a Roma il 16 aprile 1945.

“La libertà dell’uomo è subordinata al divieto di opprimere altri uomini”

Il 21 gennaio 1921 a Livorno…sorgeva il Partito comunista, avanguardia della classe operaia in marcia verso un nuovo mondo sociale e morale, quel nuovo mondo in cui certe parole capitali della vita umana, come libertà e giustizia, acquistino finalmente un autentico significato e non servano più a mascherare l’iniquo esercizio di un funesto privilegio” (Verso l’approdo, “l’Unità”, 20 gennaio 1952)

Il popolo italiano è variamente ingegnoso e valoroso, amante del piccolo intrigo e dei piccoli comodi, e paziente di fatiche e fautore di risse civili e di servitù….appena unificata l’Italia fu serva . Né fu popolo italiano quello che soggiacque per varie fortune di guerra alle dominazioni dei barbari, né quello della società feudale e della borghesia comunale; né quello che prestò ossequio alle signorie di Spagna, di Francia, di Germania”. Il Risorgimento fu opera “di pochi animosi i quali, tra l’inerzia e l’avversione comune, offrirono se stessi alle galere e ai patiboli”
Nel Novecento “abbiamo visto una monarchia costituzionale col sostegno di quasi tutta la classe dirigente consegnare ogni pubblica potestà a un’orda di avventurieri e di malfattori con la folle speranza di sopprimere le energie rivoluzionarie del proletariato, mentre sopprimevano soltanto la loro legge e seppellivano la loro decrepita fortuna, Eppure questa mala vita nel Governo dello Stato, questa sovranità di un mentecatto visionario e sanguinario, è durata per 22 anni…C’è una parte sana e finora più nascosta della nostra gente. Là è la salvezza. Dobbiamo trascurare la massa. Per massa non intendo quella che è in basso, ma quella che è in alto: l’alta, media e piccola borghesia, compreso lo sciame degli intellettuali…Questa è la massa vera. Non già il proletariato, la classe lavoratrice, che non ha misurato ancora, perché non ha potuto, le sue forze spirituali; che può avere ignoranza ma non pregiudizi; a cui si possono insegnare e schiudere le vie della indagine, della certezza, del dubbio, come della bellezza e del ristoro che viene dall’arte…senza le ottusità caparbie di quella gente meschina che ha fatto della sua parziale dottrina il manto della onniscienza e non ha mai voluto conoscere bene il volto dell’avversario per timore di restare pietrificata dinanzi a esso (Ai giovani, Fratelli d’Italia”, 15 maggio 1944)


“La storia è un continuo e sempre rinnovato spettacolo del bene che non cessa di lottare e del male che non cessa di risorgere; in questa continuità di lotta è la ragione della vita, in questa incompiuta e perciò perenne speranza di bene è la gioia della vita…Non vogliamo che nel mondo degli uomini ci siano moltitudini condannate ad ignorare le battaglie dell’anima e a conoscere soltanto quelle per il pane” (La persona umana nel comunismo, conferenza tenuta in Roma il 16 aprile 1945)

“In un tempo capitale e decisivo per le sorti del nostro Paese l’urna non ha ancora funzionato quale strumento di rigenerazione politica: è stata solamente un’urna funeraria con dentro le ceneri dei partiti borghesi…Anche la religione del Cristo è stata stravolta: perché quando nella rabbia della contesa civile il prete prevale, la Chiesa è una tomba custodita dalle Furie, e là dentro la parola evangelica risuona con lo stridore della maledizione, cioè di una bestemmia. Anche questo doveva accadere dopo l’orrore della seconda guerra (Come i vermi?, “l’Unità” 30 maggio 1952.)


giovanni ghiselli

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