Ma torniamo alla sera della conoscenza di Päivi.
La vidi nell’ombroso
cortile dell’Università il giorno del ricevimento del rettore, giovedì 25
luglio, verso le quattro del pomeriggio.
Nell’estate del ’74 Fulvio, il fratello spirituale e compagno di contubernium delle estati passate, non
c’era poiché stava vivendo la sua esperienza di marito e di padre a Parma da
dove non poteva più muoversi; Claudio non c’era siccome in maggio l’avevano
messo in galera, a San Vittore, incolpato di infamie su infamie dalle quali poi
verrà assolto; Luigino non c’era poiché aveva seguito su un traghetto un mozzo
turco - cipriota.
Invece erano tornati là, nella puszta con me i decani più o
meno coetanei miei Danilo, Ezio, Alfredo con l’aggiunta dei più recenti Fausto, Silvano, e Bruno già sacro
alla morte vicina [1] Ora siamo nel marzo del
2025 e nel frattempo sono morti anche Alfredo, Silvano e Fulvio il più caro di
tutti.
Rimangono Ezio e Danilo con il vostro narratore, l’aedo di Debrecen a detta di fulvio.
Quel pomeriggio di luglio, noi Italiani superstiti della Debrecen ’66, prossimi alla soglia dei trenta, cantavamo canzoni comuniste e partigiane come i reduci di una guerra perduta: la nostra rivoluzione giovanile era invecchiata, senza lasciare ai ventenni l’eredità di un ethos politico. Noi stessi eravamo variamente appassiti, quanto meno segnati da rughe evidenti nel volto e sul collo, mentre le mani erano percorse da grosse vene bluastre in rilievo. Alcuni avevano perduto i capelli, altri erano incanutiti, altri ingrassati; insomma noi eravamo ormai gli “ospiti antichi” di quella Università estiva, così ci salutò il rettore che ci aveva conosciuti ragazzi e battezzati quali matricole otto anni prima, così ci chiamavano anche i nuovi ventenni, poiché è proprio vero che noi mortali siamo come le foglie [2].
Il nostro gruppo di nati alla fine della seconda guerra mondiale, presentava
personaggi ancora giovani, eppure avvizziti, piegati e ripiegati su se stessi,
anche se non degradati proprio del tutto come sosteneva a gran voce il povero Bruno,
del resto non senza qualche ragione. Si erano comunque già appesantiti gli arti
di tutti noi, offuscati gli occhi vivaci
di un tempo ed era svanito il sogno di realizzare presto su questa terra la
giustizia, l’eguaglianza, il comunismo, o cristianesimo vero. Il disincanto
aveva tolto vivacità alle movenze e colore alle parole che non sapevano più di
speranza.
La borghesia affaristica e il suo dio, il denaro, la mercificazione universale che riduce tutto al lucro, compresi gli affetti, stava prendendo di nuovo il sopravvento. Da cinque anni oramai le stragi facevano i loro massacri di vite umane e stavano distruggendo la simpatia, la fiducia, perfino il rispetto tra gli umani.
Noi trentenni riconoscevamo nei nuovi giovani i nostri eredi spirituali.
Note
1 Cfr. Virgilio, Eneide I, 712
2 Cfr. Iliade VI, 146
Bologna 13 marzo 2025 ore 18, 2o giovanni ghiselli
p. s
Ieri sera ho visto per la seconda volta il film Scompartimento n. 6
Ci sono tornato perché l’attrice, Seidi Haarla, mi ha fatto tornare in mente Päivi . Ebbene ho ritrovato, oltre il volto e lo stile della mia terza finlandese, l’atmosfera umana dei primi anni Settanta in Europa. Allora erano diffusa tra noi giovani la bene-volenza, la solidarietà, l’amicizia, l’amore.
I farabutti erano le eccezioni ed erano ributtanti. Adesso sono loro la maggioranza e sono quelli considerati normali, in quanto usuali.
In questo film del regista finlandese Juho Kuosmanen c’è un solo profittatore ingrato e ladro, tutti gli altri sono buoni, generosi, ospitali, leali: pronti ad aiutarsi a vicenda per simpatia umana, senza calcolo di lucro.
Tale era la vita nell’Italia e nell’Europa dei miei ricordi negli anni compresi tra il 1968 e il 1972
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