lunedì 1 settembre 2025

Autori greci e latini in Shakespeare 8.


 

Il sole  vede tutto. Shakespeare, Omero, Eschilo, Sofocle, Ennio, Apuleio, Ovidio

 

L'onniveggenza del sole è riconosciuta da  Shakespeare:"the all-seeing sun ne'er saw her match, since first the world begun ", il sole che tutto vede non ha mai visto una sua pari da quando il mondo è cominciato, giura Romeo[1].

L'elogio del sole, il dio che vede, ode tutto, e nutre la vita,   percorre parte della letteratura greca e prosegue  in quella europea. Voglio indicarne alcune espressioni. Già Omero, nell' Iliade  ,  gli attribuisce la facoltà di vedere e ascoltare tutto:"  jHevliov" q  j, o{" pant  j ejfora'/" kai; pavnt  j ejpakouvei""[2] (III, 277); una formula che torna un poco variata in Odissea  (XI, 109) :"  jHelivou,   o{" pavnt  jejfora'/ kai; pavnt  j ejpakouvei"[3].

Nell'Inno "omerico" a Demetra , quando Persefone venne rapita da Ade , solo Ecate ed Elio signore , splendido figlio di Iperione ( " jHevliov" te a[nax  JUperivono" ajglao;" uiJov"" v.26), udirono la fanciulla che invocava il padre Cronide.

 

Nel Prometeo incatenato  di Eschilo  il titano invoca, tra gli altri, "to;n panovpthn kuvklon hJlivou"(v. 91), il disco del sole che tutto vede.

Nelle Supplici  di Eschilo il coro delle Danaidi   chiede aiuto ai raggi del sole che danno salvezza (kalou'men aujga;" hJlivou swthrivou", v. 213).

 

nella Parodo dell’ Antigone  di Sofocle, il coro dei Tebani  esprime gratitudine alla luce del Sole per la vittoria sugli Argivi:" raggio di sole, la luce/più bella apparsa su Tebe dalle sette porte/tra quelle di prima" (vv. 100-102) e più avanti  la protagonista condannata a morte lo saluta e rimpiange quale "lampavdo" iJero;n-o[mma" (vv. 879-880), santo volto di luce.

 

 Nell' Edipo re  il sole è" pavntwn qew'n provmo"" (660),  il primo fra tutti gli dei, e "th;n..pavnta bovskousan flovga"(v. 1425), la fiamma che nutre la vita.

 

Nell' Edipo a Colono  è, con una ripresa dell'idea omerica,"oJ pavnta leuvsswn  {Hlio"" (v. 869), Elio che vede tutto.

 

Nella Parodo delle Trachinie   il Coro di donne di Trachis prega Elio, perché annunzi dove si trova Eracle, invocandolo come "kratisteuvwn kat  j o[mma" (v. 102), tu che superi tutti con il tuo sguardo, come interpreta lo scoliaste:"w\ nikw'n pavnta" tou;" qeou;" kata; to; ojptikovn", tu che vinci tutti gli dèi nel potere visivo.  

 

Sul sole onniveggente torna Ennio nella Medea (fr. 148, v. 1):"Iuppiter tuque adeo summe Sol qui omnis res inspicis ", Giove e tu in particolare, sommo sole che vedi tutto)  poi,  all'inizio dell'Asino d'oro , Apuleio quando Aristomene giura che sta per raccontare la verità (I, 5):"sed tibi prius deierabo solem istum omnividentem deum ".

 

Nelle Metamorfosi  di Ovidio, il sole identificato con Febo, vide per primo l’adulterio di Venere con Marte[4]. Infatti videt hic deus omnia primus (IV, 172). Ne ebbe dolore e denunciò la tresca a Vulcano che incatenò i due amanti i quali si trovarono a giacere ligati- turpiter (186-187) oscenamente legati.

Allora Venere volle vendicarsi e dice: “Nempe, tuis omnes qui terras ignibus uris/ureris igne novo, quique omnia cernere debes,/Leucothoën spectas et virgine figis in una,/quos mundo debes, oculos” (194-197), certo, tu che con i tuoi fuochi bruci tutte le terre, sei infiammato da insolito fuoco, e tu che devi vedere ogni cosa, Leucotoe[5] contempli e fissi solo su quella ragazza gli occhi che devi puntare sul mondo.

Quindi il Sole va a corteggiare la ragazza  con queste parole :"ille ego sum-dixit-qui longum metior annum,/omnia qui video, per quam videt omnia tellus,/mundi oculus: mihi, crede, places !" (IV, 226-228), io sono quello, disse, che misuro il lungo anno, che vedo tutto, per cui vede tutto la terra, sono l'occhio dell'universo: abbi fiducia , mi piaci!". La fanciulla, vinta dallo splendore del dio si arrese senza lamentarsi

 

Le mani dell’assassino. Eschilo, Shakespeare, Seneca, Manzoni. Le orribili guerre in corso

Versare il sangue a terra è un peccato irredimibile

Il coro dell'Agamennone nel terzo stasimo canta:"una volta caduto a terra-to, ga;r ejpi; ga'n peso;n a[pax) , nero/sangue mortale di quello che prima era un uomo chi/potrebbe farlo tornare indietro cantando?"(vv. 1019-1021).

 

Le mani sporche di sangue non si puliscono più

Lady Macbeth in un primo momento afferma che poca acqua basterà a pulire le mani lordate dal misfatto:"A little water clears us of this deed  " (Macbeth, II, 2) leggiamo nella tragedia di Shakespeare[6].

Più avanti però la stessa donna che, aizzando il marito al tradimento e al delitto, era sembrata tanto salda, resa malata dal crimine sospira:"All the perfumes of Arabia will not sweeten this little hand  ", tutti  i balsami d'Arabia non basteranno a profumare questa piccola mano (V,1).

Il protagonista eponimo, dopo che ha assassinato il re, fa:" Will all great Neptune's Ocean wash this blood clean from my hand?, tutto l'oceano del grande Nettuno potrà lavar via questo sangue dalla mia mano? No, piuttosto questa mia mano tingerà del colore della carne le innumeri acque del mare facendo del verde un unico rosso (II, 2).

 

Nell'ultima scena dell' Hercules furens l'eroe che impazzito ha ucciso i suoi cari teme che le sue mani sporche di sangue non potranno purificarsi mai:"Quis Tanais, aut quis Nilus, aut quis Persica/violentus unda Tigris, aut Rhenus ferox,/Tagusve ibera turbidus gaza fluens,/abluere dextram poterit? Arctoum licet/Maeotis in me gelida transfundat mare,/et tota Thetys per meas currat manus:/haerebit altum facinus" (vv. 1321-1329), quale Tanai o quale Nilo, o quale Tigri violento per l'onda persiana o il Reno impetuoso, o il Tago che scorre torbido per l'oro di Spagna, potrà purificarmi la destra? Anche se la gelida Meotide versasse in me il mare del Nord e tutto l'Oceano corresse per le mie mani rimarrà profondamente impresso il delitto.

Il modello di questi passi si trova nella Fedra di Seneca dove Ippolito, sentendosi contaminato dalla matrigna, dice:" quis eluet me Tanais aut quae barbaris/Maeotis undis pontico incumbens mari?/Non ipse toto magnus Oceano pater tantum expiarit sceleris, o silvae, o ferae! " (vv.715-718), quale Tanai mi laverà o quale Meotide che con le barbare onde preme sul mare pontico? Nemmeno il grande padre mio con tutto l'Oceano potrebbe espiare un delitto così enorme. O foreste, o fiere!

 

Un concetto espresso anche dal Manzoni con parole sante che dovrebbero venire in mente ai tanti macellai di carne umana di questi ultimi tempi:" il sangue d'un uomo solo, sparso per mano del suo fratello, è troppo per tutti i secoli e per tutta la terra"(Osservazioni sulla morale cattolica , VII).

Oggi riferisco tutte queste parole al sangue versato dalle guerre in corso da anni.

Dedicato ai prodi della flottiglia diretta a Gaza.

 

Villa Fastiggi 2 settembre 2025 ore 6, 52 giovanni ghiselli.

p. s.

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[1]Romeo e Giulietta  (I, 2)

[2] E’ Agamennone che prega nel sancire i patti prima del duello tra Menelao e Paride.

[3] Qui parla Tiresia dopo avere bevuto il sangue della vittime sgozzate da Odisseo per evocare i morti. Gli dice che deve lascire intatte nell’isola di Trinachia le floride greci del Sole che tutto vede e tutto ascolta.

[4] Viene raccontato da Demodoco nell’VIII canto dell’Odissea (vv. 266 ss.)

[5] Principessa persiana, figlia di Orcamo

[6] Una battuta che nel libretto di Piave del melodramma musicato da Verdi diventa:" Ve' le mani ho lorde anch'io; poco spruzzo e monde son"  (Macbeth, I atto).

 


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