Alessandro si spinse in Cappadocia poi in Cilicia fino a Tarso (333). Qui si ammalò, secondo Aristobulo per la fatica uJpo; kamavtou ejnovshsen (2, 4, 7), altri per il bagno nel fiume Cidno dall’acqua fredda e limpida yucro;~ tev ejsti kai; to; u{dwr kaqarov~. Il Macedone era invece sudato e accaldato iJdrw`nta kai; kauvmati ejcovmenon.
Qui si vede che la malattia, quella fisica come quella mentale, è determinata dalla mancata corrispondenza tra l’uomo e la natura, dal cozzo tra il nostro fisico e l’ambiente.
Il medico Filippo volle purificare kaqh`rai ( Arriano, 2, 4, 8) Alessandro con un farmaco. Diodoro scrive che Filippo, un acarnano di origine, si serviva di medicine pericolose ma che agivano in breve tempo (17, 31).
Parmenione mise in guardia Alessandro il quale tuttavia bevve la pozione e fu purificato. Per quanto riguarda il rapporto del giovane eroe con la medicina, Plutarco sostiene che Aristotele gli inculcò to; filiatrei'n (8, 1), il diletto dell’arte medica: il discepolo non solo imparò la teoria, ma curava gli amici malati e prescriveva loro terapie e diete. ijatrov~ medico-ijatreuvw curo-
Una curiosità: il Cidno è il fiume presente nel dramma Antonio e Cleopatra di Shakespeare: è quello sul quale la regina navigò per raggiungere e sedurre Antonio.
Ella risaliva il fiume su un battello dalla poppa d’oro, con le vele di porpora spiegate, mentre i rematori remavano con remi d’argento al suono del flauto accompagnato da zampogne e cetre. Cleopatra stava sdraiata sotto un padiglione ricamato d’oro, ornata come Afrodite, con ragazzi simili ad amorini che le facevano vento e le ancelle abbigliate da Nereidi e da Grazie stavano al timone e alle funi. Meravigliosi profumi provenienti da aromi bruciati invadevano le sponde (Plutarco, Vita di Antonio, 26).
Lo ricorda molto da vicino Shakespeare che leggeva Plutarco nella traduzione (del 1579) di Thomas North fatta su quella francese (del 1559) del vescovo Amyot che tradusse pure i Moralia (1572)[1].
“The barge she sat in, like a burnish’ d throne/Burn’d on the water: the poop lat. puppis- was beaten gold;/Purple- purpura –porfuvra- the sails, and so perfumed- lat fumus-fumare- that/ The winds were love-sick with them; the oars were silver,/Which to the tune of the flutes kept stroke…” (Antonio e Cleopatra, III, 2), la barca dove sedeva, come un trono brunito, splendeva sull’acqua: la poppa era di oro battuto; di porpora le vele, e così profumate che i venti languivano d’amore per esse; i remi erano d’argento, e tenevano il tempo al suono dei flauti.
Bologna 19 gennaio 2024 ore 18, 27 giovanni ghiselli
p. s.
Statistiche del blog
Sempre1664213
Oggi201
Ieri330
Questo mese7245
Il mese scorso10218
[1]Traduzioni approvate, da Montaigne che, qualche anno più tardi, scrive nei Saggi :" Io do giustamente, mi sembra, la palma a Jacques Amyot su tutti i nostri scrittori francesi, non solo per la semplicità e la purezza del linguaggio, nella quale supera tutti gli altri, né per la costanza di un così lungo lavoro, né per la profondità del suo sapere, poiché ha potuto volgarizzare così felicemente un autore tanto spinoso...ma soprattutto gli sono grato di aver saputo discernere e scegliere un libro tanto degno e tanto appropriato per farne dono al suo paese. Noialtri ignoranti saremmo stati perduti se questo libro non ci avesse sollevato dal pantano; grazie a lui, osiamo ora e parlare e scrivere; le signore ne dànno lezione ai maestri di scuola; è il nostro breviario"(II, 4, pp. 467-468).
Nessun commento:
Posta un commento