Da collocare sotto versi1210-1212.
"come mai, come mai i solchi/paterni poterono, infelice, sopportarti/ fino a tanto in silenzio?
-aiJ patrw'/ai..a[loke": questo è decisamente il corpo di Giocasta seminato da Laio e poi da Edipo. Si tratta di una metafora non rara nelle letterature e nelle saghe antiche.
Mircea Eliade nel suo Trattato di storia delle religioni , a pag. 265, scrive:"L'assimilazione fra donna e solco arato, atto generatore e lavoro agricolo, è intuizione arcaica e molto diffusa". A sostegno di questa affermazione cita diversi testi, tra i quali, naturalmente l'Edipo re (v.1210), e le Trachinie (vv.31- 33) dove Deianira lamenta l'assenteismo coniugale di Eracle il quale, come eroe, è impegnatissimo, ma come marito si comporta alla pari di un colono che, avendo preso un campo lontano, va a vederlo solo quando semina e miete, ossia un paio di volte all'anno.
Per quanto riguarda l'identificazione più precisa della donna con il solco, viene citato il Codice di Manu (IX,33) dove sta scritto:"La donna può essere considerata come un campo; il maschio come il seme", e un proverbio finlandese che fa:"Le ragazze hanno il campo nel loro corpo".
A queste testimonianze possono essere aggiunte altre, antiche e moderne, per mostrare quanto tale idea sia davvero diffusa nella mente umana.
Eschilo nei Sette a Tebe (vv.751 e sgg.) scrive, riferendosi a Laio, che generò il destino di morte per sé-ejgeivnato mme;n movron auJtw/`, Edipo parricida, il quale a sua volta osò seminare il sacro solco della madre dove nacque (matro;" aJgna;n-speivra" a[rouran, i{n j ejtravfh), e la pazzia unì gli sposi dementi.
La dea Demetra la divinizzazione della Terra,
Tra gli autori latini c'è Lucrezio che, forse sotto la scorta di Euripide (cfr. Baccanti, vv.275-276:" Dhmhvthr qeav-gh' d' j ejstivn, o[noma d j oJpovteron bouvlh/ kavlei", la dea Demetra, è la terra, chiamala con il nome che vuoi, e le Fenicie, vv.685-686:"Damavtar qeav,-pavntwn a[nassa, pantwn de; Ga' trofov"", la dea Demetra, signora di tutti, la Terra di tutti nutrice) interpreta la magna Mater, la "deum mater "(II,659), come la personificazione e divinizzazione della terra.( Per tutto l'episodio cfr. De rerum natura, II, 600-660).
Questa parentela stretta tra la femmina umana (o divina) e la terra, è messa in rilievo anche da non pochi autori moderni. Kierkegaard nel Diario del seduttore (p.138) indica e sottolinea la vicinanza della ragazza alla natura:"Perfino quel che in lei c'è di spirituale ha alcunché di vegetativo".
Su questa linea si trova anche J. J. Bachofen, l'autore di Das Mutterrecht, che vede nel diritto materno quello fisico, e nel paterno il metafisico, in quanto "la donna è la terra stessa. La donna è il principio materiale, l'uomo è il principio spirituale...Platone nel Menesseno (238a) dice-non è la terra a imitare la donna, ma la donna a imitare la terra-"(trad. it. ,antologica, Il potere femminile, pp.76-77).
Nel dialogo platonico citato dallo studioso svizzero, Platone precisamente scrive:"ouj ga;r gh' gunai'ka memivmhtai kuhvsei kai; gennhvsei (infatti non è stata la terra a imitare la donna nella gravidanza e nel parto), ajlla; gunh; gh'n, ma la donna la terra.
Del resto nel Menone , 81d, il filosofo ateniese afferma che tutta la natura è imparentata con se stessa(th'" fuvsew" aJpavsh" suggenou'" ou[sh"), e, dunque, anche l'uomo è stretto parente della grande madre.
Questa teoria, espressa senza malevolenza verso le femmine umane dal seduttore del filosifo danese, e in maniera ambivalente, non priva di contraddizioni da Bachofen, assume aspetto malevolo, decisamente antifemminista in Otto Weininger, l'autore di Sesso e carattere, morto, forse non a caso, suicida nel 1903, a soli ventitré anni.
Secondo lo scrittore austriaco" le donne stanno incosciamente più vicine alla natura che non l'uomo. I fiori sono i loro fratelli"(p.293), e, più avanti (p.296),"l'uomo è forma, la donna è materia...la materia vuole essere formata: perciò la donna pretende dall'uomo la delucidazione dei suoi pensieri confusi".
Si può terminare la rassegna, certo parziale e limitata, con un altro autore austriaco, uno dei massimi romanzieri del Novecento, Robert Musil che, ne L'uomo senza qualità, compie l'operazione inversa: assimila la terra alla donna. "Ulrich la trattenne e le mostrò il paesaggio.-Mille e mille anni fa questo era un ghiacciaio. Anche la terra non è con tutta l'anima quello che momentaneamente finge di essere-egli spiegò-. Questa creatura tondeggiante è di temperamento isterico. Oggi recita la parte della provvida madre borghese. A quei tempi invece era frigida e gelida come una ragazza maligna. E migliaia di anni prima si era comportata lascivamente, con foreste di felci arboree, paludi ardenti e animali diabolici"( p.279).
Si deve concludere affermando la naturalezza della donna; una vicinanza alla natura tale che per essa, la femmina umana, e probabilmente anche quella degli animali, si trova al servizio della vita in maniera più diretta del maschio, e quando la vede offesa, soprattutto nella sfera amorosa e riproduttiva, diviene, per dirla con la Medea di Euripide, la mente più micidiale(o{tan d j ej" eujnh;n hjdikhmevnh kurh'/,-oujk e[stin a[llh frh;n miaifonwtevra, ma quando viene oltraggiata nel letto, non c'è altra mente più sanguinaria,vv.265-266).
Più avanti Medea dice alla corifea
“ejpivstasai dev: pro;~ de; kai; pefuvkamen
gunai'ke",ej~ me;n ejsql J ajmhcanwvtatai
kakw'n de; pavntwn tevktone" sofwvtatai” (Medea, vv. 407- 409)
Poi lo sai: oltretutto noi donne siamo
per natura assolutamente incapaci di nobili imprese,
ma le artefici più sapienti di tutti i mali.
Lo dice Medea stessa alla corifea.
Bologna 2 marzo 2025 ore 18, 54 giovanni ghiselli
p. s.
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