giovedì 26 maggio 2016

IL MITO. Il mito in Platone

Platone
(Raffaello, Scuola di Atene)

Fedone
Composto tra il 387 e il 367, come il Simposio.

Fedone racconta a Echecrate le ultime ore di Socrate
Le anime che non si sono liberate dall’elemento tellurico praticano gozzoviglie, lussurie e ubriacature a dismisura e si calano eij" ta; o[nwn gevnh nelle razze dei somari e di simili animali (82) . Cfr, L’asino d’oro di Apuleio, Pinocchio di Collodi.

Invece quelli che preferiscono ingiustizia, tirannide e rapine assumono forme di lupi e sparvieri
I più felici sono quelli che praticano le virtù pubbliche e politiche che si chiamano temperanza e giustizia. Questi diventeranno api o vespe o formiche o torneranno a essere uomini misurati. Per l’ape animale reputato cfr. Il giambo antifemminista di Simonide
Arrivano a forma divina solo quelli che hanno amato la conoscenza. Questi si tengono lontani da tutti i desideri del corpo che è una terribile prigione
Socrate manda via Santippe che lo disturba. Dice a Critone: “w\ Krivtwn ajpagevtw ti" oi[kade, qualcuno la porti a casa. Alcuni familiari di Critone la portarono via mentre gridava e si percuoteva.

Il corpo dunque è un impedimento dell’anima.
Conoscere è ricordare. Infatti siamo passati sulla terra più volte. Socrate come i cigni vuole fare i discorsi più belli prima di morire.
I cigni quando si accorgono di dover morire cantano più e meglio che nel passato, lieti di andare dalla divinità di cui sono servitori, Apollo. Gli uomini calunniano i cigni per la loro paura della morte, e dicono che cantano per il dolore, mentre nessun uccello canta per dolore. Io mi sento loro fratello e come loro sono stato provvisto della divinazione da Apollo (85)
Socrate provò entusiasmo poi disillusione per Anassagora.
Nel Fedone, Socrate racconta che provò interesse per le dottrine dei fisici. Andò a scuola da Archelao, discepolo di Anassagora, e sentì dire che c'è una mente, ordinatrice e causa di tutte le cose, e questo gli piacque; però poi leggendo i libri di Anassagora si accorse che quell'uomo non si avvaleva affatto della mente, non gli assegnava alcun principio di causalità nell'ordine dell'universo, ma presentava come cause l'aria, l'etere e l'acqua. Egli dunque si era messo alla lettura di Anassagora con grande aspettativa, ma poi rimase deluso poiché il filosofo il più delle volte riconduceva tutto a cause materiali come gli altri fisici, e non era la Mente (Nou'") il principio informatore dell'universo. Sperava di avere trovato un maestro che spiegasse le cause kata; nou'n (97d), ma poi leggendo il libro di Anassagora oJrw' a[ndra tw/' me; n nw'/ oude; n crwvmenon (98b) , vedo che l’uomo non si avvale della mente.

Il mito geografico del destino delle anime.
La terra è sferica e si trova al centro dell’universo. Noi uomini abitiamo in delle grotte dentro la terra. Più interno è il Tartaro con i 4 fiumi: Oceano, Acheronte, Piriflegetonte e Cocito.
L’Acheronte sfocia nella palude Acherusiade dove si raccolgono molte anime di morti.

Il giudizio dei morti 113c - 114c

L’anima se ne va all’Ade portando con sé nient’altro plh; n th paideiva" te kai; trufh`"”, che la sua educazione e il regime di vita.

Ogni morto viene portato dal suo demone nel luogo del raduno dove vengono giudicati. La via ha molte biforcazioni e trivii, scivsei" te kai;, triovdou" pollav" (108)
L’anima buona segue il demone, la cattiva viene trascinata (cfr. Seneca)
Ogni anima è assegnata al luogo che le si addice,

Noi da vivi abitiamo in cavità della terra (toi'" koivloi") dal Fasi alle colonne d’Ercole e stiamo intorno al mare come formiche o rane intorno a uno stagno. L’aria che respiriamo non è quella che sta sotto il cielo stellato ma non ce ne accorgiamo. Non ci solleviamo per debolezza e pigrizia (uJp j ajsqeneiva" kai; braduth'to" 109e.

Nella terra c’è una voragine (cavsma) particolarmente grande: il Tartaro.
Qui confluiscono tutti i fiumi, e di qui defluiscono.
Lo menziona Omero nell’VIII dell’Iliade quando Zeus minaccia di gettarvi gli dèi che aiuteranno i Greci o i Troiani (v. 14)
I quattro fiumi più importanti tra quanti entrano nel Tartaro e ne escono sono l’Oceano, il più grande (mevgiston) che percorre il cerchio più esterno (ejxwtavtw/ rJevon peri; kuklw/ 112e) , poi l’Acheronte che scorre in senso contrario e dopo essersi inabissato finisce nella palude Acherusiade dove arriva la maggior parte dei defunti.
Questi dopo una permanenza sono rimandati tra i viventi
Poi c’è il Piriflegetonte che forma una palude ribollente (cfr. flevgw, brucio)
Poi lo Stige che forma la palude Stigia. (cfr. stugevw, odio)
Viene nominato anche il Cocito (cfr. kwkuvw, grido di dolore) che si getta nel Tartaro dalla parte opposta del Piriflegetonte 113d.

In Dante
il Flegetonte è un lago bollente di color rosso sangue dove sono immersi i violenti (e’ son tiranni/che dier nel sangue e nell’aver di piglio”, XII, 104 - 105.
Deriva dal veglio di Creta, il paese guasto (Inf, XIV 73 sgg.).

L’Acheronte è sulla soglia dell’Inferno. Solo gli ignavi non possono passarlo.
 Lo Stige è una palude, luogo del tormento di iracondi e accidiosi (VII, 106 sgg,). Vidi genti fangose in quel pantano/ignude tutte, con sembiante offeso” (110 - 111)
Il Cocito sta nel cerchio più basso ed è è gelato. Ci sono i traditori (XXXI) (cfr. kwkuvw, piango).
I fiumi infernali escono dalle fessure delle parti di argento, rame, ferro del corpo del gran veglio.

I morti (teteleuthkovte") condotti dal demone vengono giudicati. Alcuni sono vissuti bene e santamente, altri male, altri mediocremente. I mediocri vanno nella palude Acherusiade a purificarsi
Quelli che appaiono incurabili per l’enormità delle loro colpe oi[ d j a[n dovxwsin ajnivatw" e[cein dia; ta; megevqh tw'n ajmarthmavtwn (113e) vengono gettati nel Tartaro da dove non escono più. Ve li getta un destino appropriato (hJ proshvkousa moi'ra rJivptei eij" to; n Tavrtaron) e non ne escono più.
I curabili che si sono pentiti stanno un anno nel Tartaro, poi gli omicidi vanno verso il Cocito, i violenti contro i genitori vanno nel Piriflegetonte. Poi tornano nella palude Acherusiade e chiedono perdono alle vittime. Se le persuadono, passano oltre e smettono di soffrire (ejkbaivnousiv te kai; lhvgousi tw'n kakw'n, 114b) altrimenti tornano nel Tartaro. Quelli vissuti santamente oJsivw" salgono nelle regioni superiori della terra. I filosofi vivono senza corpo in dimore più belle delle altre.
Sostenere questo non si addice a chi ha intelligenza (ouj prevpei nou'n e[conti, 114d, detto ironicamente) , ma siccome l’anima è immortale vale la pena di correre il rischio secondo me moi dokei' kai; a[xion kinduneu'sai. Il rischio è bello kalo; " ga; r oJ kivnduno" 114d e dobbiamo incantare noi stessi con queste cose.
Perciò mi dilungo sul mito: dio; dh; e[gwge kai; pavlai mhkuvnw to; n mu'qon.
Può essere fiducioso per la propria anima l’uomo che ha dedicato la vita all’apprendimento ed è vissuto con temperanza, giustizia, coraggio, libertà.
Io ora sono chiamato dal destino, direbbe un eroe tragico. (115)

Cfr. Lucrezio I tormenti cosiddetti infernali sono qui sulla terra
hic Acherusia fit stultorum denique vita (De rerum natura, III, 1023
Sicché Tantalo rappresenta la paura degli dèi,
Tizio la sofferenza amorosa,
Sisifo l’ambizione del potere,
le Danaidi l’insaziabilità,


Menone
composto nel 387 come manifesto programmatico della scuola.

Imparare è in generale reminiscenza manqavnein ajnavmnhsi" o[lou ejstivn
Socrate dice a Menone che ci sono uomini e donne addottrinati nelle cose divine. L’ha sentito da sacerdoti e sacerdotesse e l’ha letto in Pindaro

Il lirico tebano scrive che nelle isole dei beati spirano brezze dall’Oceano e a[nqema crusou' flevgei 132, ardono fiori d’oro.


Profeti e poeti affermano che l’anima dell’uomo è immortale
 fasi; ga; r th; n yuch; n tou' ajnqrwvpou ei\nai ajqavnaton (81b) . Per questo bisogna vivere una vita il più possibile pia.

Poi cita Pindaro (fr, 133 Maehler): “ manda di nuovo nella luce del sole quelli che hanno pagato il debito dei loro antichi peccati. ”
L’anima dunque ha visto il mondo di qua e quello di là e ha appreso tutto. Ogni vita allora può far riemergere quanto ha appreso nelle precedenti. E siccome tutta la natura è imparentata con se stessa (a[te ga; r th'" fuvsew" ajpavsh" suggenou'" ou[sh", 82d) , ricordare una sola cosa fa emergere tutto il resto se l’anima è coraggiosa e non si stanca di cercare, infatti cercare e imparare è in generale reminiscenza: “to; ga;; r zhtei'n a[ra kai; manqavnein ajnavmnhsi" o[lou ejstivn (81d)
Allora non dobbiamo affidarci a questo ragionamento eristico (ou[koun dei' peivpesqai toutw// ejristikw/' lovgw

giovanni ghiselli

 

1 commento:

  1. C arissimo Gianni ,la tua conferenza in medio teca è piaciuta. Grazie perchè con il tuo lavoro rendi accessibili dei capolavori.Più ti conosco e più ti stimo. Giovanna Tocco

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