lunedì 23 maggio 2016

L'estate del 1979 a Debrecen. IX parte

Mosaici di Piazza Armerina
La piscina di Debrecen


Nel pomeriggio ero andato in piscina per non perdere l’abbronzatura presa al mare con Ifigenia. Prendevo il sole e leggevo Proust, quando Alfredo mi venne vicino e con un sorriso maligno disse: “Se la tua fidanzata è di parola e, come hai detto che siete d’accordo, ti dà tempestiva notizia delle corna che ti mette, puoi stare sicuro che fino a un paio di giorni fa non ti ha tradito, perché in collegio non c’era posta per te”.
Poi mi indicò una donna giovane, molto, bionda ma bella, un’inserviente che aveva conosciuto in cucina e invitato in piscina: era stesa su un asciugamano rosso orlato di giallo non lontana da noi; ci guardava non senza sorrisi con il viso poco abbronzato e con tutto il corpo ben fatto: snello, slanciato e formoso. Incarnava l’idea della femmina umana fiorente, un po’ come la mia compagna, ma in versione scolorita e un tantino plebea.
Gli occhi azzurri li aveva . Troppo chiara rispetto ai miei gusti.

“Vedi quella? - fece Alfredo non senza malizia - è un bel bocconcino. Io la punto. Io so’ sincero, Gianni, sono venuto qua per fare sesso. Quella ci sta”. Invero, data la scarsa esperienza e l’avvenenza non travolgente del vecchio amico, la previsione non mi sembrò del tutto realistica.
Lo guardai per dirgli che la cosa non mi riguardava punto, ma lui continuò: “Tu Gianni fai l’anacoreta pazzo qui a Debrecen dove il buon Dio ci ha riuniti per scambiare piacere e amore con le ragazze d’Europa: quella è una slava di Novi Sad e ha una sorella. Ancora più bella e non meno disponibile. Possiamo spassarcela in quattro, allegramente”.
“Un’altra volta”, gli dissi.
“Va be’, ma la prossima volta che vieni in questo paradiso dell’amore, cerca di non portarti dietro problemi di fedeltà. Ti ricordi l’angoscia del ’73 per l’Esmeralda, l’etera Esmeralda come l’hai chiamata più tardi?
Se non te ne liberavi in tempo, pensa, non beccavi la Päivi, il grande amore del ’74”.
“Sì, tu non hai tutti i torti, amico mio, ma l’Esmeralda con tutti i sui difetti mi è servita a tenere i contatti con Bologna durante l’esilio, mi ha dato una mano per uscire dalla scuola media di Carmignano di Brenta dove cominciavo ad ammuffire. Perfino il lavoro mi ha aiutato a trovare”
“E Ifigenia che cosa ti fa trovare?”
“Qualche cosa di sano e di forte dentro di me. Senti, Alfredo, noi siamo amici e io mi trovo bene con te. Non ho dimenticato la tua generosità in diverse occasioni. Come quando venisti all’aeroporto di Rimini a salutarmi e incoraggiarmi mentre partivo per la Finlandia, incerto sul da farsi con Päivi incinta. Portasti perfino un regalo per lei. Poi quella storia non finì bene, come sai, ma il tuo gesto fu nobile e io te ne sono grato. La mia fedeltà però, almeno per qualche tempo, lasciala perdere. Non me la sento di comportarmi diversamente da come ho deciso e ho promesso: mi sentirei un buffone, ne andrebbe della mia identità.
Avrei paura di trasformarmi in un cane, o in un altro quadrupede, che quando vede la bellezza, invece di contemplarla e onorarla, cerca di montarci sopra per ricavarne piacere e magari seminare tante piccole bestie. Non sono un animale e nemmeno un funzionario della specie.
Anche tu del resto hai l’età per prendere sul serio te stesso e gli altri. Quella ragazza bionda potrebbe esserti figlia; trattala con ogni riguardo, da quel signore che sei”.

“Ho capito. Ti saluto”, disse e desistette. Mi guardò immusonito e tornò dalla sua bella. Non ci provò più, con me dico, ma quando, con il volgere delle stagioni, gli dissi come era andata a finire la storia che ora sto raccontando a voi, lettori, fece: “Non te la prendere Gianni: pensa al ricevimento del Rettore dove hai beccato la Päivi, o alla festa della conoscenza dove Eros raduna femmine e maschi umani perché si amino, dove hai conosciuto Helena e Kaisa, tre donne che se non sbaglio sono state le donne più importanti della tua vita, se non altro per la costruzione della tua identità. Pensa a quante puoi trovarne ancora fino ai settanta anni e oltre, sempre che tu non venga paralizzato da scrupoli assurdi e ubbie prive di senso. Le donne vanno trattate come loro trattano noi. Né più né meno. Ti hanno tradito o lasciato quasi sempre, ora sta a te.”
“Sarebbe bello che ci trattassimo bene a vicenda, e io lo spero ancora”,
risposi con il barlume di ottimismo che mi era rimasto dopo tante vicende, non tutte gioiose e belle.



giovanni ghiselli



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