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55. La Persuasione come divinità (Hillman). Il personaggio Euripide delle Rane di Aristofane: la parola è il tempio della dea Persuasione. Cicerone: l’equivalenza di Peiqwv e Suada.
56. Peiqwv è connessa, anche etimologicamente, a Fides, valore di base nella civiltà latina, politico, giuridico, e pure etico. Cicerone la considera fundamentum iustitiae ( De officiis, I, 23).
La fides di Camillo in Tito Livio. Perfidia di Lisandro in Plutarco, e del Principe “golpe et lione” di Machiavelli. La perfidia plus quam punica di Annibale. Il graeculus di Giovenale. Il culto della perfidia negli schiavi plautini (Asinaria, v. 545). L’ostinazione nel mantenere la parola data dei Germani di Tacito. Teognide. Malafede e ingratitudine dei kakoiv. Nietzsche e gli aristocratici “veritieri”. Don Giovanni di Mozart-Da Ponte.
Don Giovanni per rassicurare Zerlina che teme di essere ingannata (“Io so che raro/colle donne voi altri cavalieri/siete onesti e sinceri”), le risponde: “E’ un’impostura/ della gente plebea. La nobiltà/ha dipinta negli occhi l’onestà”[1].
57. Torniamo alla supremazia della parola. Don Lorenzo Milani, Isocrate (Nicocle), il Vangelo di Giovanni. Di nuovo il Nicocle di Isocrate.
La traduzione: Leopardi, che ha tradotto Isocrate, riflette sulla traduzione perfetta. Cicerone sconsiglia quella letterale.
58. Chi non padroneggia la parola è un bambino, o uno stupido (nhvpio~), o un folle, oppure uno sottoposto alla tirannide. I nhvpioi di Omero e di Esiodo. Callimaco (Aitia). La fanciulla giovenca del Prometeo incatenato.
La parola impedita dal tiranno.
Nell’Antigone di Sofocle la protagonista eponima rinfaccia a Creonte il fatto che la sua prepotenza tirannica blocca le lingue dei Tebani (v. 505).
Erodoto: Il tiranno non è soggetto a controlli. Senofonte: talora anche il popolo pretende di non sottostare alla legge. Polibio e la degenerazione della democrazia. Tacito e la fine di Cremuzio Cordo, Aruleno Rustico, Erennio Senecione. Il rogo delle loro opere. Pasolini: il rapporto intellettuali-potere. Il tiranno abolisce la parresia, libertà di parola che non si può dire, né scrivere, né ascoltare. Talora viene tolta perfino la libertà del silenzio espressivo. Seneca (Oedipus). Curzio Rufo (Filota). Thomas Kyd (La tragedia spagnola). Gli auctores viceversa potenziano la facoltà verbale. Marco Lodoli: il film La classe (2008).
59. La bellezza. Il superamento della sapienza silenica attraverso l’arte.
La nascita della tragedia di Nietzsche. La dichiarazione d’amore di Euripide alle Grazie e alle Muse.
La giustificazione della vita attraverso la poesia si coglie in questa dichiarazione d'amore che Euripide, nell'Eracle[2], attraverso "il cantuccio" del coro, rivolge a Grazie e Muse le quali allattano[3] i poeti con i succhi della bellezza :"non cesserò mai di unire/le Grazie alle Muse,/dolcissima unione- hJdivstan suzugivan-./Che io non viva senza la Poesia-mh; zwv/hn mevt jajmousiva~-ma sia sempre tra le corone./Ancora vecchio l'aedo /fa risuonare la Memoria e[ti toi gevrwn ajoido;~- keladei` Mnamosuvnan-"(vv.673-679).
Vivere nella bellezza o nella bellezza morire: la vita bella o la bella morte. Aiace. Il Gimnosofista di Plutarco. Cleopatra di Plutarco (Vita di Antonio), di Shakespeare (Antonio e Cleopatra) e di Orazio (Ode, I, 37). Antigone (vv. 96-97), Neottolemo del Filottete di Sofocle (vv. 94-95) e Polissena
laa principessa troiana che nella tragedia Ecuba di Euripide dice alla madre: per chi non è abituato a mali oltraggiosi è meglio morire : "h] zw`n: to; ga;r zh'n mh; kalw'" mevga" povno"" (v.378), che vivere: infatti vivere senza bellezza è un grande tormento.
L’eroismo. Secondo il poeta la vita è giustificata dalla luce della bellezza, secondo l’eroe dal premio della gloria dovuto a chi primeggia. Achille e Quinto Metello. La vita eroica degli uomini e delle donne aspira alla gloria: Alcesti.
Bologna 10 gennaio 2025 ore 11, 55. giovanni ghiselli
p. s.
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