"La pace giusta" è un’espressione ipocrita quando è usata dai marioli, utopica se è impiegata da altri. La pace giusta dopo una guerra lunga e atroce non esiste. Il giusto in realtà non è altro che l’utile del più forte come sostiene il personaggio Trasimaco della Repubblica di Platone.
il sofista Trasimaco raggomitolatosi come una fiera sustrevyaς eJauto;n w[sper qhrivon si lancia quasi volesse sbranare Socrate e Polemarco (wJς diarpasovmenoς Repubblica, 336b). Li aggredisce biasimando le loro sciocche chiacchiere. Quindi chiede a Socrate che cosa pensi della giustizia. Allora il filosofo chiede indulgenza, e Trasimaco nota la solita ironia (ejiwqui'a eijrwneiva Swkravtouς, 337; ei[rwn è il dissimulatore)
Socrate dice che vuole imparare e Trasimaco risponde che lui non insegna gratis. Il maestro di Platone replica dicendo di non avere denaro, e Glaucone promette che ci penseranno loro. Dunque Socrate replica a Trasimaco; “ ejmoiv te carivzou ajpokrinovmenoς”, fammi la cortesia di rispondere. In effetti Trasimaco moriva dalla voglia di rispondere in quanto pensava di fare bella figura. E Socrate, il povero maestro, fa: io posso pagare solo elogiando una bella risposta
Trasimaco dunque sostiene che il giusto non è altro che l’utile del più forte: “fhmi; ga;r ejgw; ei\nai to; divkaion oujk a[llo h] to; tou` kreivttono~ sumfevron ”, 338c.
Socrate replica che chi comanda (a[rcwn) non deve cercare e prescrivere il proprio utile (to; auJtw'/ sumfevron) bensì quello di chi gli è subordinato (ajlla; to; tw'/ ajrcomevnw/, Repubblica, 342c).
Una scena che ha qualche punto in comune con quella recitata ieri nello studio ovale della Casa Bianca.
Questa di Platone però è un’utopia
Non è utopico invece quanto dicono gli Ateniesi ai Meli nella Storia di Tucidide che drammatizza questo incontro con un lungo dialogo attribuendo ai contendenti una lunga serie di battute. Preceduti dalla didascalia narrativa sono soltanto i primi due interventi, i successivi venticinque si succedono come in un testo drammatico.
Gli abitanti della piccola isola di Melo dunque non vogliono entrare nella lega Delio-Attica dominata dagli Ateniesi che li minacciano di invasione se non cederanno.
Gli isolani, molto più deboli, rispondono che contano sull’aiuto degli dèi tutori della giustizia
Gli Ateniesi rispondono con queste parole risolutive
:"Nel favore della divinità neppure noi pensiamo di essere inferiori. Niente infatti pretendiamo, o facciamo, fuori dalla credenza degli uomini nei confronti delle cose relative al divino (…) Riteniamo infatti che la divinità, per quanto si può supporre, e l'umanità in modo evidente, in ogni occasione, per necessità di natura (dia; panto;" uJpo; fuvsew" ajnagkaiva") dove sia più forte, comandi" (V, 105, 2).
Il diritto del più forte di comandare dunque sarebbe una legge di natura che vige anche tra gli dèi, se questi ci sono.
Si tratta di un fatto e voglio ricordarlo ai partigiani di Trump o di Zelensky. Un fatto testimoniato non solo dallo storiografo Tucidide ma anche dalla Storia dove è avvenuto più volte. I Romani vinsero le guerre puniche perché erano più forti dei Cartaginesi. Fu giusto distruggere Cartagine e massacrarne gli abitanti? No, sicuramente no, tuttavia lo fecero.
A me questo diritto del più forte di sottomettere e addirittura annientare il più debole non piace né punto né poco, ma nella Storia si è verificato assai spesso tanto nei rapporti tra gli Stati quanto in quelli personali.
E’ stato giusto decollare l’onesto Giovanni o crocefiggere il Cristo figlio di Maria?
Certamente no, ma è successo.
Questo è il mio commento all’evento di ieri.
Quanti commentano com parole ipocrite o utopiche e quanti parlano a vanvera si pongano in mente la storia se l’hanno mai conosciuta, se no, si mettano a studiare prima di molestarci con le loro ciance vuote di verità e di ragione.
Bologna primo marzo 2025 ore 10, 42 giovanni ghiselli
p. s.
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