sabato 7 dicembre 2013

Renzi, Civati, Cuperlo e il diritto del più forte



Gianni Cuperlo

Tutti e tre i candidati alla segreteria del PD dicono che vogliono avvicinare il partito al popolo. Cominciando dalle loro stesse persone. Ebbene, io, come tutti altri iscritti al PD immagino, ho ricevuto decine di messaggi da lor signori e ho provato a rispondere più di una volta, ma i loro inviti a votarli sono a senso unico: chi li dovrebbe votare non ha nessuna possibilità di replica, di chiarimento, nemmeno di offerta di aiuto.
Nel senso che offrivo l’aiuto del mio blog che ha più di 120 mila lettori.  La risposta alla mia offerta, gratuita ovviamente, è sempre stata  

“Delivery to the following recipients was aborted after 5 second(s):

*
noreply@partitodemocratico.it

Se il partito democratico non mi risponde, significa che io, un iscritto e un elettore qualunque, non conto niente per loro. In questo caso, tanto meno contano loro e le loro parole-chiacchiere per me.
I tre personaggi che vorrebbero cavalcare l’apocalisse hanno già smentito la parola data e tradito quanti si aspettavano che la mantenessero quando hanno criticato la Cancellieri e poi l’hanno lasciata nel posto che tale ministro occupa indegnamente dopo che ha ufficializzato e istituzionalizzato al più alto livello l’eterna piaga italica della raccomandazione. Già allora avevo dei dubbi e adesso ne ho ancora di più. Non so se andrò a votare e non so per chi voterò. Mi confortano a farlo altri personaggi meno apparsi sulle ribalte ma più affidabili, come il sindaco di San Lazzaro di Savena, una persona capace e onesta.
Una persona che risponde alle proposte  e si avvale di quanto può essere utile ai cittadini che lo hanno eletto. Lo stesso posso dire del suo bravo assessore alla cultura. E’ una donna.

Il fatto è che in politica, come in ogni aspetto della vita sganciato dall’etica, dalla cortesia, dalla buona educazione, i rapporti sono rapporti di forza e certa gente, gentucola invero, ti considera come persona misurando soltanto il tuo potere e il tuo denaro, ossia facendo un calcolo di quanto può usarti.
Un conto poco signorile, eppure con il disvalore aggiunto della stupidità, spesso costoro sbagliano anche in questo: il mio blog poteva essere utile a lor signori: l’avrei messo a loro disposizione senza volere in cambio nient’altro che una loro risposta cortese.
Ma vediamo un fatto storico dove si afferma e momentaneamente prevale il diritto del più forte. Utilizzo un episodio  della guerra del Peloponneso raccontato da Tucidide, il padre, il legislatore della storia politica[1].
Siamo nell’inverno 416-415.  
Giuseppe Civati
Gli Ateniesi recatisi in forze alla piccola isola di Melo pretendevano che gli abitanti si sottomettessero ed entrassero nella loro confederazione.
 I Meli non volevano  e invocavano a tutelarli la giustizia garantita dagli dèi.
Allora gli Ateniesi risposero:"riteniamo infatti che la divinità, per quanto si può supporre,  e  l'umanità in modo evidente, in ogni occasione, per necessità di natura, dove sia più forte, comandi"[2].
Questa secondo la logica dell’imperialismo  sarebbe un'eterna  legge di natura: "noi  non abbiamo imposto questa legge né l'abbiamo utilizzata per primi quando vigeva, ma  dopo averla ricevuta che c'era, e pronti a lasciarla durare  per sempre, ce ne avvaliamo, sapendo che anche voi e altri, se vi trovaste nella stessa condizione di potenza che noi, fareste lo stesso"[3].
Tale logica imperiale era già stata dichiarata qualche anno prima senza ipocrisie da Cleone, il più violento dei cittadini ("biaiovtato" tw'n politw'n"[4],) e quello più capace di persuadere ("piqanwvtato"") il popolo, quando, nel 427, aveva proposto di uccidere tutti i Mitilenesi ribelli. Il demagogo aveva aggiunto, sempre senza infingimenti: l'impero ateniese è una tirannide ("turannivda e[cete th;n ajrchvn"[5],) la quale per reggersi deve usare la forza e bandire la compassione.
Socrate, personaggio dei dialoghi platonici, contrasta questa logica.
Nel primo libro della Repubblica  il sofista Trasimaco sostiene che il giusto è l'utile del più forte.
Costui infatti è un altro rappresentante della filosofia di potenza. Egli raggomitolatosi come una fiera si dirige contro Socrate come se volesse sbranarlo (336b). Quindi afferma che il giusto non è altro che l'utile di chi è superiore: "to; divkaion oujk a[llo ti hj; to; tou' kreivttono" suvmferon"(338c).

Socrate replica che un capo vero e genuino non cerca il proprio utile bensì quello dei governati, e aggiunge che  l'ingiustizia genera odiosità dovunque si insedi (351d), paralizza l'azione a causa di tumulti e discordie, poi rende ciascuno agitato, conflittuale con se stesso e nemico dei giusti (352a). Gli ingiusti in definitiva sono anche completamente incapaci di agire:"televw" a[dikoi televw" eijsi; kai; pravttein ajduvnatoi"(352b),

Seneca presenta questa "aiuola che ci fa tanto feroci"[6] come luogo di odi, inganni, delitti e stragi più che ferine “Non alia quam in ludo gladiatorio vita est…Ferarum iste conventus est, nisi quod illae inter se placidae sunt morsuque similium abstinent, hi mutua laceratione satiantur" (De ira , II, 8), la vita non è diversa da una scuola di gladiatori…questo è una riunione di belve, se non che quelle sono miti nei rapporti reciproci e si trattengono dal mordere i simili, questi si appagano di lacerarsi a vicenda,

Io invece  e tanti altri come me, non abbiamo perso tutte le speranze e non crediamo che ogni strada sia già chiusa alla giustizia e alla pace.
Matteo Renzi
Esistono infatti personaggi e pure persone che invece di informare le loro vite  alla volontà di potenza e di prevaricazione, vivono secondo i princìpi e i valori della lealtà, della solidarietà, della generosità. Si tratta di un fatto morale e culturale  
Pasolini, poco prima di essere assassinato, ha scritto: "L'interpretazione puramente pragmatica (senza Carità) delle azione umane deriva dunque in conclusione da questa assenza di cultura: o perlomeno da questa cultura puramente formale e pratica"[7].

Io credo che una rinascita della cultura costituirebbe un risorgimento di questa nostra nazione prossima alla barbarie e credo pure,  con Musil, che"non vi è profonda felicità senza morale profonda"[8].

giovanni ghiselli


Il blog http://giovannighiselli.blogspot.it/   è arrivato a 120938. Non sono solo


[1] Se Erodoto è il padre della storia senz'altro, Tucidide può essere considerato il padre della storia politica e laica. Luciano di Samosata anzi afferma che :"  JO d  j ou\n Qoukudivdh"...ejnomoqevthse" e si deve  scrivere  la storia (42)., Tucidide diede le leggi. Tra i moderni, Canfora dichiara che" la svolta tucididea è valsa ad affermare l'identificazione tra storia e politica" Luciano Canfora, Teorie e tecnica della storiografia classica , p. 12.
[2] Tucidide, Storie V, 105, 2.
[3] Tucidide, Storie V, 105, 2.
[4] Tucidide, Storie  III, 36, 6
[5] III, 37, 2
[6] Dante, Paradiso, XXII, 151.
[7] P.P. Pasolini, Scritti corsari, p. 49.
[8]R. Musil, L'uomo senza qualità , p. 846.

1 commento:

Ifigenia CLI. La pioggia catartica poi la corsa.

  Domenica 5 agosto fu una giornata piena di meditazioni pullulate da stati d’animo in contrasto tra loro. Alle 11, come al solito, no...