giovedì 5 dicembre 2013

La vita è fatta per la vita



 
Il ragazzo con il nostro aiuto può capire che la cultura deve essere "qualcos'altro che decorazione della vita, cioè in fondo unicamente dissimulazione e velame, poiché ogni ornamento nasconde la cosa ornata. Così gli si svelerà il concetto greco della cultura (…) il concetto della cultura come una nuova e migliore physis, senza interno ed esterno, senza dissimulazione e convenzione, della cultura come unanimità fra vivere, pensare, apparire e volere"[1]. 

 Cicerone nel De officiis[2] mette in rilievo il fatto che la conoscenza  (cognitio) sarebbe  manchevole in un certo modo e incompiuta (manca…batque inchoata) se non ne seguisse alcuna attività pratica: “si nulla actio rerum consequatur” (I, 153).
Tale attività deve vedersi nella tutela dei vantaggi dell'uomo, e, siccome riguarda la società del genere umano, tale actio va anteposta alla conoscenza priva di azione: "haec cognitioni anteponenda est" I, 153.
Se alla conoscenza non fosse connessa la  virtus, che contribuisce alla tutela degli uomini, tale cognitio  risulterebbe solivaga et ieiuna (I, 157), isolata e arida. Quindi ogni officium che mira ad societatem tuendam, a difendere la società umana, deve essere anteposto ai compiti che si limitano alla conoscenza teorica (De officiis, I, 158).

Lo studio va fatto per la vita e per l’attività poiché la vita stessa è fatta per la vita e per l’attività: “La vita è fatta naturalmente per la vita, e non per la morte. Vale a dire è fatta per l’attività, e per tutto quello che v’ha di più vitale nelle funzioni dei viventi (5 Maggio 1822)”[3].

Anche il classicismo e il realismo di Petronio, attraverso lo scholasticus Encolpio, denunciano la separazione della scuola dalla vita: "et ideo ego adulescentulos existimo in scholis stultissimos fieri, quia nihil ex his, quae in usu habemus aut audiunt aut vident" (Satyricon, 1, 3), e perciò io penso che i ragazzi nelle scuole diventino stupidissimi, poiché niente ascoltano o vedono di quello che è utile nella vita.
Petronio[4], epicureo, atticista e classicista, dichiara che la vita  contiene situazioni più interessanti di tutte le scuole di retorica.
E' la critica della scissione tra letteratura e vita che si ritrova in Marziale: "Non hic Centauros, non Gorgonas Harpyasque/invenies: hominem pagina nostra sapit" (X, 4, 9-10), non qui troverai Centauri, Gorgoni e Arpie: la nostra pagina sa di uomo.
Insomma ogni conoscenza, compresa quella delle lingue classiche, deve servire al progresso dell'uomo. 
Il Galileo di Brecht nell'ultima scena del dramma[5] afferma il dovere morale di rendere il sapere funzionale al bene dell'umanità: "Che scopo si prefigge il nostro lavoro? Non credo che la scienza possa proporsi altro scopo che quello di alleviare le fatiche dell'esistenza umana. Se gli uomini di scienza non reagiscono all'intimidazione dei potenti egoisti e si limitano ad accumulare sapere per sapere, la scienza può rimanere fiaccata per sempre, ed ogni nuova macchina non sarà fonte che di nuovi triboli per l'uomo".

 L'egoismo degli affaristi invece vuole una scienza e una scuola che portino al profitto monetario. Secondo questa gente "l'educazione sarebbe definita come l'esatta cognizione per cui si diventa completamente attuali, nei bisogni e nella loro soddisfazione, per cui però, in pari tempo, si dispone, nel modo migliore, di tutti i mezzi e le vie per guadagnare il più facilmente possibile del denaro. Formare il maggior numero possibile di uomini correnti- a quel modo per cui si dice corrente di una moneta- questo dunque sarebbe il fine; e un popolo, secondo questa concezione, sarà tanto più felice quanti più uomini correnti del genere possederà… Qui si odia ogni educazione che renda isolati, che ponga dei fini al di là del denaro e del guadagno… Secondo la moralità che qui è valida, si apprezza…una istruzione rapida per diventare presto un essere che guadagna denaro e una istruzione approfondita quanto basta per diventare un essere che guadagna moltissimo denaro"[6].

Non deve esserci conflitto tra il sapere scientifico e la sapienza umanistica. Il sofovn deve essere anche sofiva.  
 
Gli insegnanti di lettere antiche devono essere maestri di umanità, e di quell’umanesimo del quale non possono fare a meno gli scienziati.
 E' quello che Thomas Mann fa dire a Serenus Zeitblom nel Doctor Faustus: "non posso far a meno di contemplare il nesso intimo e quasi misterioso fra lo studio della filologia antica e un senso vivamente amoroso della bellezza e della dignità razionale dell'uomo (...) dalla cattedra ho spiegato molte volte agli scolari del mio liceo come la civiltà consista veramente nell'inserire con devozione, con spirito ordinatore e, vorrei dire, con intento propiziatore, i mostri della notte nel culto degli dei"[7]. E’ il caos che si fa cosmo.

giovanni ghiselli


[1]Nietzsche, Sull'utilità e il danno della storia per la vita in Considerazioni inattuali, II,  p. 160.
[2] 44 a. C.
[3] Leopardi, Zibaldone, 2415.
[4] Penso che l'autore del Satyricon sia l' elegantiae arbiter della corte di Nerone (cfr. Tacito, Annales, XVI, 18)..
[5] Vita di Galileo, del 1957. Cito dalla traduzione di Emilio Castellani.
[6] F. Nietzsche, Considerazioni inattuali III, Schopenhauer come educatore,  p. 211.
[7]T. Mann, Doctor Faustus ,  pp. 12 e 14.

1 commento:

  1. la cultura dà la libertà; gli insegnanti che non capiscono questo non saranno mai liberi - e quindi vivi - nemmeno loro.
    grazie Gianni!!
    Maddalena

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