venerdì 28 agosto 2015

L'inizio del lavoro di insegnante. IX parte

Budapest di notte

Katina 1970

Riprendo l’epica della mia gioventù. Con epica intendo atti non necessariamente di valore eroico, le ajristeivai di Omero, ma comunque significativi.
I ragazzi della mia generazione trovavano lavoro, anche a tempo indeterminato, appena laureati, e, quindi, potevano permettersi il “lusso” di cercare significati nella vita oltre la sopravvivenza materiale e l’indipendenza dai genitori.
Nell’estate del 1970 dopo i mesi assai duri di Carmignano e Cittadella sedes ancor più moribundae della mia Pesaro[1], tornai nel collegio universitario di Debrecen, in mezzo alle giovani borsiste europèe. Avevo fame arretrata di compagnia, soprattutto di quella delle giovani donne libere e non a caccia di marito. Insomma vezzose ragazze[2] con un’educazione accademica. Le femmine specifiche del paese dove avevo insegnato erano allieve giovanissime, quindi sacre e intoccabili, o colleghe dai denti zitelleschi pronti ad azzannare anche l’ombra di un possibile sposo. Sposo infelicissimo sarei stato, dato il carattere mio. Non dico solo con una zitella dai denti voraci, ma pure con un soavissimo angelo-femmina. Il matrimonio, nella mia testa, se volete bacata, va bene per chi non sa stare solo, o per quanti, non pochi, vogliono tenere nascosta la loro omosessualità. Secondo me, sposarsi è un atto contro natura. Per lo meno contro la mia natura. Giurare fedeltà eterna a una donna, o a un uomo, è un’avventatezza del tutto irresponsabile: può farlo un bambino, non una persona matura e avveduta. E poi diciamo la verità: “Chi a una sola è fedele/verso l’altre è crudele”[3].
Il mio omonimo forse anche eponimo[4] aveva capito tutto. Che dire di più?
A Debrecen dunque incontrai Katina, una delle finlandesi della mia collana. Questa era bella e colta meno delle altre[5], ma ha avuto una parte lei pure nel mio apprendistato e nella mia formazione: mi fece capire quanto potessi riuscire simpatico e gradevole a una donna nel letto, il mobile più importante di ogni casa secondo Euripide[6], secondo le donne e pure secondo me[7].
Katina veniva da Helsinki, aveva ventidue anni passati senza sviluppare qualità eccelse, ma faceva sesso molto volentieri e con un buonumore continuo, comunicativo, rallegrante ed eccitante: ricordo che l’ultima sera del corso estivo, eravamo a Budapest nel Budaörsi Kollegium[8], la simpatica ragazza mi guardò a lungo negli occhi, sorrise e disse: “Gianni, ti ringrazio e ti sarò sempre grata per la magnifica estate che mi hai regalato”. “Grazie a te”, risposi, e non solo perché si usa tra persone educate. Quindi la fanciulla concluse: “questa che è l’ultima sera nostra, voglio essere più felice del solito: “sixty nine, I hope”. Non traduco per pudore e perché, tutto sommato sono ancora timido e riservato.
Feci l’errore di sottovalutare Katina, sopravvalutando tra le altre chi non ha messo al mondo la creatura che aspettava da me. Ogni volta che vedo una bambina correre e ridere, vado a nascondermi e piango. Quella nostra figlia aveva diritto di vivere. Prima di dare il permesso di abortire a una donna incinta si dovrebbe interpellare anche chi l’ha fecondata, pure se le Erinni di Eschilo hanno sentenziato[9] che l’uomo conta poco nel generare.
Ho sotto gli occhi due fotografie con me e Katina: in entrambe lei sorride felice e io guardo la macchina fotografica con l’espressione dolce, ammiccante, quasi sicura, del giovane maschio soddisfatto e orgoglioso delle proprie prestazioni. Infatti questa mia amante, che il Signore la benedica, viva o morts che sia, mi gratificava spesso, nel talamo nostro, dicendo tutta contenta e orgogliosa di noi: “but you are not normal”, e così via. Questa volta è per modestia che non traduco. Io che venivo dal digiuno forzato del motel Palace di Cittadella, ero contento della gran scorpacciata erotica, e mi sentivo un uomo già non poco vissuto, intelligente, capace di una bella e sana complicità con la vita, ossia di ottenere quanto desidera, sia questo educare i giovani, sia piacere alle donne e trarne piacere e darne a loro, il “piacer maggiore - che per lo mar dell’essere si trova”[10], come ha scritto l’infelice di Recanati.
In realtà all’epoca ero poco più di un bambino. Mi aspettavano prove molto dure e severe, utili del resto, a temprare la mia umanità. Avrei provocato la fortuna pochi mesi più tardi, durante il servizio militare, quindi insegnando, facendo l’amore, perfino facendo sport[11], e sarei diventato quell’uomo forte raffigurato da Seneca con queste parole : "ecce par deo dignum, vir fortis cum fortuna mala compositus, utique si ei et provocavit"[12].
Ma per ora basta di questo

giovanni

il blog è arrivato a 264002. Punto ancora ai 300 mila entro questo anno, al più tardi entro i tre anni di vita del blog (febbraio 2016). Altrimenti perché scrivere?





[1] Cfr, Catullo, 81, 3: “moribunda ab sede Pisauri”
[2] Cfr. Don Giovanni di Da Ponte musicato da Mozart, I, 20-
[3] Don Giovanni, II, 1
[4] Pure Giovanni Battista però mi piace come omonimo-eponimo. Mi sento vicino a lui come agitatore di coscienze e sovversivo politico. Ho sempre cercato del resto di non farmi decapitare
[5] Helena (1971), Kaisa (1972) e Päivi (1974) delle quali ho già raccontato le storie presenti in questo blog. Le raccomando a chi non le avesse ancora lette, e non perché scritte da me, ma perché sono belle, molto belle.
[6] Leggi in particolare la Medea e l’Alcesti.
[7] Magari a pari merito con la libreria
[8] Già ricordato nella storia di Päivi, il grande amore (presunto) del 1974.
[9] Consiglio a chi mi legge, di leggere, a maggior ragione, l’intera Orestea, anzi tutte le tragedie di Eschilo, Sofocle, Euripide.
[10] Amore e morte, 6-7
[11] Nel maggio del 1972 mi sarei rotto il braccio destro correndo precipitosamente in discesa.
[12] De providentia, 2, 9. ecco una coppia di atleti degna di dio: Uomo forte opposto alla cattiva fortuna, soprattutto se l’ha provocata 

1 commento:

  1. Ia cosa migliore del tempo è che ricordi solo il meglio delle cose....per me ,almeno, è così. Per quanto riguarda l'aborto ritengo che andrebbe proibito,trovo che sia un'azione indegna. Salvo gravi problemi di salute. Vi sono tanti mezzi di prevenzione e ,interpellati entrambi i procreatori, esiste l'adozione. Scegliere di uccidere una creatura in arrivo non solo è spregevole,ma indica il grado di inciviltà a cui siamo giunti. D'altronde permettiamo la morte dei migranti bambini e adulti e ,se non bastasse, usiamo queste tragedie per fare politica..MA ORA VOGLIO GODERMI SOLO LA DOLCEZZA DI QUESTO RACCONTO. Giovanna Tocco

    RispondiElimina

Ifigenia CLX. L’ospedale di Debrecen. Il delicato corteggiamento del vecchio dentista.

  Nei giorni seguenti, intorno al ferragosto,   vissi alcune ore di buona speranza: una serie intermittente di minuti nei quali immagi...