domenica 30 agosto 2015

Twitter, XCVI antologia


Twitter 30 agosto


La "buona" scuola. Bambini allevati dalla pubblicità in un'ignoranza da eunuchi. Ingrassano e maneggiano aggeggi deleteri per il cervello. Non parlano. Un po’ meglio le bambine.

Bambini allevati dalle grida triviali e deleterie della pubblicità nell'assenza di una buona scuola.

A cosa devo assimilare la buona scuola? Alla ripetizione del megafono pubblicitario. All’iterazione dei luoghi comuni più beceri e idioti.

Bambini obesi per coca cola e merendine: un gonfiore malsano confonde tutto e nasconde le fattezze umane che scompaiono nell'accumulo di grasso. Meno stupide e autodistruttive le bambine.

Gli uomini sono pochini. Molti si sposano tra loro, tutti contenti e tanto sorridenti. Altri sono sostituiti da femmine mascoline come la Santanchè, di nome femmina, “stallone il resto dalla grossa coglia”. Come il centauro di D’Annunzio (La morte del cervo, Alcyone, 1903).

 I bambini vengono allevati da donne (per fortuna queste in un modo o in un altro partoriscono ancora) e da eunuchi scimuniti. E ingrassano, giocano con i cellulari, non fanno sport, non studiano. Esattamente come gli eunuchi che fungono-male- da babbi. Più intelligenti le bambine.

Seneca e suo nipote Lucano si uccisero sotto Nerone imperatore pazzo, auriga e citaredo. Io non l’ho fatto sotto il potere oscuro  degli stragisti occulti, né sotto i  ladroni  palesi finiti sbeffeggiati con le monetine. Tanto meno lo farò sotto la banda di questi apprendisti sciocchi, rottamatori autoproclamati della nostra splendidissima Italia, nobile e antica, regale e pitocca.

Bisogna recuperare il senso epico, cioè eroico, della parola e dell’uomo. Contro il dilagare dell’essere eunuchi. Meno sdilinquite e flaccide le ragazze e le bambine. Anzi molte di loro sono gagliarde.

La parola è la vera ajrchv che i filosofi ionici ricercavano, non l’acqua né l’a[peiron. In questo sono d’accordo con l’apostolo evangelista Giovanni: "  jEn ajrch'/  h\n oJ lovgo", kai; oJ lovgo~ h\n pro;" to;n qeovn, kai; qeo;" h\n oJ lovgo". ou|to" h\n ejn ajrch'/ pro;" to;n qeovn. pavnta di' aujtou' ejgevneto, kai; cwri;" aujtou' ejgevneto oujdevn. In principio erat Verbum, et Verbum erat apud Deum et Deus erat Verbum. Hoc erat in principio apud Deum. Omnia per ipsum facta sunt, et sine ipso factum est nihil (1, 1-3), in principio c'era la Parola e la Parola era con  Dio e la Parola era Dio. Questa era in principio con Dio. Tutto fu fatto tramite lei e senza lei nulla fu fatto.
Ma il verbum deve diventare factum. Im Anfang war das Wort…Im anfang war die Tat[1]. Fatto e carne. Per questo ci vuole la donna, la femmina umana.
Ancora secondo Giovanni:"kai; oJ lovgo" savrx ejgevneto" (14), e il verbo si fece carne. E’ in corpo  di donna, di solito non vergine del resto, ossia non senza il contributo dell’uomo, che il verbo si fa carne.

Cito il poeta albanese Gëzim Hajdari che conoscerò e presenterò il 14 settembre alla festa dell’Unità di Bologna, alle 21 nella libreria: “fare il contadino della poesia vuol dire fare l’amore dodici volte al giorno come una pernice.” Delta del tuo fiume, Contadino della poesia, Ensemble, Roma, 2015.
Diversi anni fa rimasi indietro di una volta, una sola. A dire il vero non insistetti. Ma sono ancora giovane (71 a novembre) e se Priapo mi vuole bene e mi concede la sua grazia,  mi rifarò. Solo chi è mitico è realistico[2].

Ancora Gëzim Hajdari: “Fare il contadino della poesia vuol dire misurarsi con la Storia, non con i propri coglioni” . Tanto meno con la posticcia Santanché.


giovanni ghiselli

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[1] Goethe, Faust I, Studio. In principio era la Parola…in principio era l’Azione.
[2] Pasolini nel film Medea fa dire al Centauro il quale istruisce il piccolo Giasone che dovrà andare in cerca del vello d’oro “in un paese lontano al di là del mare. Qui farai esperienze di un mondo che è ben lontano dall’uso della nostra ragione, la sua vita è molto realistica come vedrai perché solo chi è mitico è realistico e solo chi è realistico è mitico” P. P. Pasolini, Medea in Il vangelo secondo Matteo, Edipo re, Medea, p. 545.

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