martedì 10 ottobre 2017

La Commedia antica. Aristofane: “Le Rane”. V parte

Un giovane mesce il vino a Dioniso
(Museo del Louvre, Parigi)

Frinico comico nelle Muse, del 405, svolgendo un tema simile a questo definisce Sofocle mavkar, eujdaivmwn, dexiovς, beato felice, fortunato[1]. Sofocle veniva riportato sulla terra.

Agatone ajgaqo; ς poihthvς è morto in Macedonia.
Restano solo rimasugli, ciarle, canti di rondinelle (celidovnwn mousei'a) e lobhtai; tevcnhς, corruttori dell’arte (lwvbh, offesa, lwbavw).
Manca un vero poeta che faccia suonare una parola nobile (rh'ma gennai'on, 93). Seguono versi di Euripide parodiati, per esempio il v. 889 delle Baccanti daro; n crovnou povda (il lento piede del tempo, che gli dèi occultano); Dioniso cita crovnou povda (v. 100).
Dioniso ne va più che pazzo maivnomai (103). Per Eracle invece tali parole di Euripide sono chiacchiere (kovbala), roba detestabile
Poi Bacco chiede a Eracle di insegnargli la strada che fece quando andò a prendere Cerbero. Chiede dove siano i porti (livmenaς) le panetterie (ajrtopwvlia) i bordelli pornei'a, le fermate, i crocicchi, le fontane (krhvnaς), strade, città. Alloggi dove ci sono meno cimici.
C’è specularità tra io mondo terreno e quello infero.
La via più breve, dice Eracle è il suicidio: corda e sgabello per impiccati. Poi c’è to; kwvneion, la cicuta.
Dioniso: ma è gelata e intirizzisce gli stinchi (Rane, 125-126)

Cfr. il Fedone 118 quello che gli aveva dato il veleno, risalendo con la mano dal piede al ventre, faceva vedere come Socrate si raffreddava e irrigidiva: “ejpedeivknuto o{ti yuvcoitov te kai; phvgnuto”.
Cfr. anche Enrico V (1599) con la morte di Falstaff raccontata dall’ostessa: “So a’bade me lay more clothes on his feet: I put my hand into the bed and felt them, and they were as cold as any stone; then I felt to his knees, and so upward, and upward, and all was as cold as any stone” (II, 3, 20-25)

Eracle: allora vai al Ceramico dove c’è una torre alta, ci sali sopra e ti butti giù (kavtw)
Dioniso: Ma così ci rimetto due involtini di cervello ejgkefavlou qrivw[2] duvo (134)
Allora Eracle racconta il suo viaggio. Si arriva a un grande lago, poi si sale su una barchetta dove un gevrwn nauvthς, un vecchio barcaiolo, ti traghetterà per due oboli (cfr. la Morte a Venezia[3] e il ramo d’oro dell’Eneide).
Due oboli era il compenso medio degli Ateniesi, quindi Eracle dice che l’uso degli oboli laggiù lo portò Teseo v. (143)
Poi si passa tra i dannati: bovrboron, fango, to; skw'r[4].
Dentro ci sta chi offese l’ospite xevnon hjdivkhse, o chi ha inculato un ragazzo senza pagarlo h} pai'da kinw'n tajrguvrion uJfeivleto -uJfairevw, sottraggo- chi ha picchiato la madre o il padre, chi ha giurato falso ejpivorkon o{rkon w[mosen-o[mnumi- (150) e il drammaturgo che commette plagio da Morsimo, scadente poeta tragico.
Aristofane (nelle Nuvole) ed Eupoli (nei Battezzatori) si accusarono a vicenda di plagio.

Nelle Eumenidi di Eschilo è sottolineato il tokevwn sevbaς.
 Nelle Supplici il codice tripartito prescrive il rispetto di genitori, ospiti e la venerazione degli dèi.

Nell’Eneide i peccatori sono nel Tartaro
Hic quibus invisi fratres, dum vita manebat
 pulsatusve parens, et fraus innexa clienti
aut qui divitiis soli incubuere repertis
nec partem posuere suis (quae maxima turba est)
Quique ob adulterium caesi quique arma secuti
Impia nec veriti dominorum fallere dextras
Inclusi poenam expectant (VI, 608- 613)

Dioniso ci metterebbe anche chi ha imparato la pirrica (danza in armi) di Cinesia[5] (156).

Torniamo al racconto di Eracle: poi vengono gli iniziati oiJ memuhmevnoi[6] tra uno spirar di flauti aujlw'n pnohv (154) e una luce bellissima fw'ς kavlliston, come qui w[sper ejnqavde[7].
Là vedrai tiasi beati di uomini e donne e un gran battere di mani krovton ceirw'n poluvn (155).
Xantia prova a ribellarsi per non portare i bagagli.
Dioniso vede un morto portato da becchini e gli chiede di portare i bagagli: quello vorrebbe due dracme, Dioniso gliene promette una e mezzo (9 oboli, una dracma=6 oboli.) e lui: piuttosto torno in vita, alludendo forse all’Achille dell’XI dell’Odissea (489 sgg,) o alla vita grama in Atene
Xantia riprende il bagaglio
Dioniso dice cai'r j w\ Cavrwn 3 volte (v. 184). Forse allude alla sordità di Caronte oppure è una parodia di preghiera. C’è un rapporto fonico tra i due termini e pseudoetimologico contrastante.
Caronte non vuole prendere il servo, a meno che abbia fatto la battaglia navale per le carni (peri; tw'n krew'n, 191, le loro carni che hanno salvato e quelle da mangiare che potevano giungere dopo la vittoria: la battaglia delle Arginuse (406) aveva salvato Atene dal blocco e dalla fame)
Xantia dice che non ha combattuto perché era malato di occhi
Allora correrai intorno al lago periqrevxei-peritrevcw- th; livmnhn kuklw/, 193
Caronte dice a Dioniso (chiamandolo gavstrwn, pancione, 200) di sedersi al remo e lo fa remare sodo proquvmwς. Sentirà canti meravigliosi di rane-cigni (batravcwn kuvknwn qaumastav, 207). Parodia di ippocentauri e altri animali fantastici presenti nei miti. Cfr. Pace 181 con ipposcarabeo iJppokavnqaro".
Il coro secondario delle rane comincia a fare il suo verso, il canto libero della natura
Dioniso cerca di fare tacere il coax, ma quelle dicono che continueranno come nei bei giorni di sole o quando feuvgonteς o[mbron- cfr. imber-imbrem (246), fuggendo la pioggia nel fondo ejn buqw'/ intonano un’acquatica aria di danza. Le rane stanno in fondo come la verità.

In La pioggia nel pineto “la figlia/ del limo lontana/ la rana/ canta nell’ombra più fonda” 90-93
Leopardi Le ricordanze: “ascoltando il canto/della rana rimota alla campagna” 12-13-
In Teocrito, Le Talisie la rana canta thlovqen 140, da lontano


CONTINUA



[1] Frinico tragico è invece il maggiore tragico tra quelli prima di Eschilo (Presa di Mileto)
[2] qrivon è la foglia di fico e l’involtino che ci sta dentro
[3] Dove Aschenbach invece non paga il gondoliere ribaltando il paradigma mitico
[4] skatovς merda, scatologia, parlare di escrementi
[5] Un poeta ditirambografo che viene sbeffeggiato con lazzi in quanto incredibilmente magro. Nel 400 si adoperò per fare togliere il coro alla commedia.
Infatti nelle Ecclesiazuse del 391 il coro non partecipa all’azione ma canta ejmbovlima, intermezzi lirici tra scena e scena. Anche nel Pluto del 388 manca la parabasi
[6] da muevw, inizio ai misteri
[7] Nella Medea di Euripide il Coro nel III Stasimo canta beati gli Erettidi ajei; dia; lamprotavtou baivnonteς aJbrw'ς aijqevroς, che vanno sempre attraverso un etere luminosissimo deliziosamente.
Nell’Inferno, Dante dice a Brunetto Latini: “Là su di sopra, in la vita serena/rispuos’io lui, “mi smarri’ in una valle/avanti che l’età mia fosse piena” (XV, 49-51)

1 commento:

Conferenza di domani

  Ricordo ai miei tanti lettori che domani 6 maggio dalle 17 alle 18, 30   terrò una conferenza sul Tramonto dell’umanesimo nella bib...