lunedì 30 ottobre 2017

I classici in Thomas Mann. "Tonio Kröger" e "Tristan". I parte

Jean-Claude Brialy in Tonio Kröger
di Rolf Thiele


I classici in Thomas Mann

conferenza che tengo a Roma nell’ambito linguistico dei lunedì avviati da Tullio De Mauro.
Proseguono con la direzione della moglie Silvana Ferreri.
Gli incontri si svolgono il lunedì, tolti i periodi di vacanza e le eventuali coincidenze con feste nazionali, presso la sede della Fondazione Leusso, in viale Regina Margherita 1 (portone d’angolo con via Salaria), IV piano. L’orario è 17-19.


Tonio Kröger del 1903.
Qui il tema può essere riassunto da un verso del primo stasimo delle Baccanti di Euripide: il sapere non è sapienza: "to; sofo; n d j ouj sofiva" ( v. 395), il sapere non è sapienza .
Le letture (il Don Carlos di Schiller del 1787 come testo - chiave) lo studio, il culto della parola lo staccano dall’umanità: “si dedicò alla potenza che gli appariva come la più sublime sulla terra, la potenza dello spirito e della parola - der Macht des Geistes und Wortes - sorridente in trono sopra una vita muta e priva di pensiero” ( III, p. 229).

Si può pensare a Gorgia, il sofista siciliota che considera la parola un'arma potentissima, e dal: "lovgo" dunavsth" mevga" ejstivn, o{" smikrotavtw/ swvmati kai; ajfanestavtw/ qeiovtata e[rga ajpotelei'"[1], la parola è un gran signore che, con un corpo piccolissimo e invisibile, compie opere assolutamente sovrumane.

Nel Filottete di Sofocle Odisseo chiarisce al giovane Neottolemo il percorso che l'ha portato a prediligere la glw'ssa rispetto agli e[rga: "ejsqlou' patro; " pai', kaujto; " w]n nevo" pote; - glw'ssan me; n ajrgo; n, cei'ra d j ei\con ejrgavtin - nu'n d j eij" e[legcon ejxiw; n oJrw' brotoi'" - th; n glw'ssan, oujci; ta[rga, panq j hJgoumevnhn" (vv. 96 - 99), figlio di nobile padre, anche io da giovane un tempo, avevo la lingua incapace di agire, la mano invece operosa; ora però, giunto alla prova, vedo che per gli uomini la lingua ha la supremazia su tutto, non le azioni.

 Ma con il martirio e l’orgoglio del conoscere sopravvenne la solitudine poiché la vicinanza dei bonari, delle anime gaiamente ottenebrate gli riusciva intollerabile. Di famiglia non era uno zingaro del carrozzone verde, anzi era un borghese, ma un borghese incrinato di esotico.
Si trovava isolato rispetto ai bravi scolari che non trovano ridicoli i professori, non scrivono versi e pensano solo le cose che si devono pensare.
Solitudine dolorosa pe un greco dell’Atene democratica (cfr. il Filottete di Sofocle), non per Cnemone del Dyskolos di Menandro né per Seneca (cfr. Ep. 10, 1 Fuge multitudinem, fuge paucitatem, fuge etiam unum).
Anzi la solitudine diventa necessaria
Cfr. Seneca Istuc quoque ab Epicuro dictum est: si ad naturam vives, numquam eris pauper, si ad opiniones numquam eris dives. Exiguum natura desiderat, opinio immensum (Ep. 16, 7 - 8). L’impossibilità di essere normale.

Anche il suo nome Tonio era strano, tutto in lui era strano, ed era escluso dalla vita dei normali, benché non fosse uno Zingaro nel carrozzone verde ma un figlio del console Kröger. La difficoltà, quasi l’impossibilità di esssere normale. Come il maestro di comportamento e di danza Knaak che Inge ammirava. Ma il suo sguardo non arrivava al fondo delle cose, nel punto dove diventano complicate e tristi, i suoi occhi sapevano solo essere bruni e belli. Tonio amav die blonde lustige Inge, la bionda allegra Inge.

Superati da poco i 30 anni va a Monaco a trovare un’amica, Lisaveta. Le dice che è necessario essere fuori dall’umano per poterlo rappresentare con gusto ed efficacia. Il dono dello stile presuppone un atteggiamento schifiltoso verso l’umano.
La letteratura non è una professione (Beruf) o una vocazione, ma una maledizione (ein Fluch). Presto uno comincia a sentirsi segnato a sentirsi in contrasto con la gente ordinaria, separato da un abisso di ironia, incredulità, opposizione di conoscenza e sentimenti, e la solitudine lo inghiotte. Le confessa che spesso mi sento mortalmente stanco di rappresentare l’umano senza farne parte
Il primo stasimo delle Baccanti di Euripide si chiude con questa antistrofe

Ant. b Il demone figlio di Zeus 417
gioisce delle feste,
e ama Irene che dona benessere,
dea nutrice di figli. (cfr. la bionda allegra Inge)                                                     
Uguale al ricco e a quello di rango inferiore
concede di avere la
 gioia del vino che toglie gli affanni;
e porta odio a chi queste cose non stanno a cuore:
durante la luce e le amabili notti 425
passare una vita felice,
e saggia tenere la mente e l’anima lontane
dagli uomini straordinari; perissw'n para; fwtw'n[2]
ciò che la massa 430 to; plh'qo"
più semplice faulovteron crede e pratica,
questo io vorrei accettare. 432                                                                                            

Quindi subentra la nausea del conoscere e la nostalgia della semplicità delle cose vere e vive, delle gioie mediocri, dell’amicizia tra gli uomini. “Io amo la vita ich liebe das Leben, anche se hanno scritto che la odio o la disprezzo. Per me Cesare Borgia non è niente. Io sarei felice di avere un amico tra gli uomini. Quando vado a fare conferenze, mi trovo davanti il gregge. Ma finora ho avuto amicizie soltanto fra demoni, coboldi, creature maligne e sotterranèe e fantasmi ammutoliti dal conoscere, ossia fra letterati”.
Lisaveta gli dice: “Voi siete un borghese sviato” (eine verirrter Bürger p. 247)

In La montagna incantata, Claudia dice a Hans: “Poeta! Borghese, umanista e poeta! Ecco il tedesco completo, il tedesco come si deve!”
Hans le risponde: “Temo che non siamo come si deve, ma semplicemente riottosi figli della vita” (Notte di Valpurga, 497 - 1231)
Settembrini lo aveva definito un riottoso figlio della vita[3] (Danza macabra, p. 454)
Nella traduzione di Renata Colorni
Sorgenkind des Lebens, letteralmente “figlio che dà preoccupazioni”
Nella versione precedente (Bice Giachetti ed Ervino Pocar) era “beniamino della vita”


CONTINUA



[1] Gorgia, Encomio di Elena, fr. B11 Diels - Kranz.
[2] Per quanto riguarda gli uomini straordinari, cfr. Delitto e castigo di Dostoevskij,
[3] Nella traduzione di Renata Colorni (La montagna magica). In tedesco è Sorgenkind des Lebens, letteralmente “figlio che dà preoccupazioni”
Nella versione precedente ( La montagna incantata, Bice Giachetti ed Ervino Pocar) era “beniamino della vita”.

1 commento:

Platone: il mito della caverna.

Vediamo dunque questo mito (VII libro della Repubblica di Platone Socrate parla a Glaucone e gli dice: considera gli uomini rinchiusi...